Anche i preti celibi devono essere “padri”. Non è la proposta del progressista di turno, ma il messaggio affermato oggi da Papa Francesco nella Messa a Santa Marta. La “paternità” di cui parla Bergoglio, però, non è la paternità ‘fisica’ comunemente intesa, bensì una paternità spirituale delle persone a loro affidate. Una “speciale grazia” che solo in alcuni casi il Signore concede.
L’invito di oggi si riallaccia a quello di sentirsi “madri feconde” rivolto alle 800 suore della Unione Internazionale delle Superiore Generali, ricevute in udienza il 9 maggio scorso, in aula Paolo VI. Perché sentirsi ‘genitori’ di un essere umano significa dare la vita per un altro, ha spiegato Bergoglio, e rende quindi conformi a Gesù Cristo che è morto e risorto per noi, per gli altri.
La “voglia di paternità” – ha sottolineato il Papa – è iscritta “nelle fibre più profonde di un uomo”. Anche di un sacerdote, che però orienta e vive questo desiderio in una forma particolare di spiritualità. “Quando un uomo non ha questa voglia – ha avvertito il Pontefice – qualcosa manca in quest’uomo, qualcosa non va”. Tutti noi, infatti, “per diventare pieni, per essere maturi, dobbiamo sentire la gioia della paternità: anche noi celibi” ha aggiunto. Perché “la paternità è dare vita agli altri, dare vita, dare vita… Per noi, sarà la paternità pastorale, la paternità spirituale: ma è dare vita, diventare padri”.
A suggerire tale riflessione al Papa è stata la lettura odierna del brano della Genesi, in cui Dio promette ad Abramo la gioia di un figlio e di una discendenza infinita, nonostante l’età avanzata. Abramo allora sacrifica alcuni animali, secondo le indicazioni di Dio, per suggellare il patto, e si trova poi a dover difendere il suo olocausto dall’assalto di uccelli rapaci. Una scena commovente secondo il Papa, perché “guardare questo novantenne con il bastone in mano” che difende il suo sacrificio – ha confessato – “mi fa pensare a un padre quando difende la famiglia, i figli”.
Essere padre secondo una paternità “spirituale”, è dunque “una grazia” che ogni prete dovrebbe chiedere, ha affermato il Pontefice. “Peccati ne avremo tanti – ha proseguito – ma questo è di commune sanctorum: tutti abbiamo peccati. Ma non avere figli, non diventare padre, è come se la vita non arrivasse alla fine. Si ferma a metà cammino”. Gli stessi fedeli, ha osservato Bergolio, vogliono vedere questo nel sacerdote: “La gente ci dice Padre, padre, padre… Ci vuole così: Padri, con la grazia della paternità pastorale”.
“Ringraziamo” quindi il Signore “per questa grazia della paternità nella Chiesa, che va di padre in figlio” ha proseguito il Papa. In questo, è di esempio la duplice icona di “Abramo che chiede un figlio” e “Abramo con il bastone in mano, difendendo la famiglia”. Anche – ha soggiunto – l’icona dell’anziano Simeone nel Tempio, che “quando riceve la vita nuova”, “fa una liturgia spontanea, la liturgia della gioia, a Lui”.
Sicuramente non sarà un caso, ma le parole di oggi di Papa Francesco cadevano ‘a pennello’ per l’uditorio presente nella Cappellina della Domus, forse per la prima volta in questi tre mesi, composto esclusivamente da prelati e sacerdoti. Questi accompagnavano il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, che oggi celebra il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale.
Papa Francesco ha ricordato la ricorrenza nell’omelia, rivolgendo al porporato parole affettuose e di grande stima per il “traguardo” raggiunto. “Io non so cosa ha fatto il caro Salvatore”, ha detto il Pontefice, ma “sono sicuro che è stato padre”. “Questo è un segno” ha aggiunto, esortando lo stuolo di religiosi che accompagnava il cardinale a seguirne l’esempio. “Ora tocca a voi” ha incitato con simpatia Bergoglio: ogni albero “dà il frutto da sé e se lui è buono, i frutti devono essere buoni, no?”. Quindi, ha concluso, “non fategli fare brutta figura…”.