«Curlew River», la "parabola" musicale di Benjamin Britten in scena all'Ara Coeli

L’opera del compositore inglese, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, chiude la seconda stagione di “Una Porta verso l’Infinito”, il progetto a cura del Vicariato di Roma

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Una donna in preda alla follia per aver perso suo figlio. Un traghettatore misterioso che rievoca vicende del passato. Un bambino deceduto che riappare per un ultimo addio. Intorno, maschere, monaci gregoriani, scenari lugubri, suoni e strumenti che alimentano quella inquietudine interna che dai personaggi si riversa sul pubblico.

Tutto questo è Curlew River – a parable for Church performance, un’opera speciale del compositore inglese Benjamin Britten – di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita – in cui l’iconografia religiosa si fonde con la simbologia e il misticismo, in un’atmosfera rituale divisa a metà tra il Medio Evo inglese e la tradizione del teatro asiatico.

All’origine del Curlew River c’è una storia affascinante: Britten ebbe l’ispirazione durante un viaggio in Giappone, dove assistette a un Nô-drama di Juro Motomasa, Sumidagawa, basato su un poema del XIV secolo. La vicenda narra di una donna impazzita che attraversa il fiume Sumida per cercare il figlio disperso. Sarà il traghettatore a raccontarle, nel corso del viaggio, di un commerciante di schiavi che anni prima aveva rapito un bambino, morto poco dopo per malattia. I due giungeranno infine sulla tomba del fanciullo che appare nella forma di un fantasma e svanisce al tentativo della madre di afferrarlo. Lo spettacolo si conclude con l’uscita di scena dei personaggi che vengono man mano sostituiti da una tetra processione di monaci.

La trama penetrò gli angoli più intimi dell’animo di Britten. Egli stesso scrisse di essere rimasto impressionato dalla storia «semplice, toccante», dalla «sobrietà dello stile», dalla «solenne dedizione e la meravigliosa abilità degli attori», dall’«insieme di salmodiare, parlare, cantare».

Tornato in patria, si rivolse al librettista Wiliam Polmer, per lungo tempo suo collaboratore e profondo conoscitore delle tradizioni dell’isola asiatica dove aveva vissuto negli anni ’20. L’opera fu completata in otto anni e si caratterizzò per le particolari modifiche che Britten volle apportare, pur mantenendo intatti alcuni canoni fondamentali e, naturalmente, la trama.

I cambiamenti riguardarono essenzialmente il trasferimento dell’opera nel Medio Evo cristiano, con l’introduzione di un coro di monaci, al posto del tradizionale gruppo di uomini presente in tutti i drammi del , che intona uno struggente cantus firmus gregoriano. Il finale venne poi mutato in un’esperienza trascendente, dove la visione del fanciullo – quasi «un Cristo trionfante» disse il compositore – diventa occasione di redenzione per la madre, che da quel momento si libera dalle catene della insania mentale.

Il risultato fu una storia morale, pregna della forte spiritualità del suo compositore, tradotta sulla scena in un allestimento austero e nella vibrante interpretazione di un cast interamente maschile. Anche l’unico personaggio femminile della Madwoman, la madre impazzita, è interpretata infatti da un tenore che indossa una maschera.

In particolare il Curlew River, sin dal debutto all’Aldeburgh Festival nel 1964, si distinse per la partitura musicale ricca e suggestiva, seppur limitata a soli sette strumenti, fra cui spiccano le percussioni e l’organo ispirato allo sho, uno strumento da bocca della musica di corte giapponese.

Gli elementi emozionali, la rara bellezza dell’aspetto musicale e scenico, uniti ad una trama impegnativa, alleggerita da un velo di ironia, rendono l’opera un esempio rigoroso ed essenziale di dramma musicale contemporaneo, calato in un ambito di pura spiritualità.

Il capolavoro musicale inglese concluderà la seconda edizione di “Una Porta verso l’Infinito”, il progetto a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma. Dopo il successo dei “Frammenti di Bellezza”, delle installazioni artistiche, degli spettacoli teatrali e dei concerti nelle Chiese della Capitale, la rassegna porterà l’opera nella storica cornice di Santa Maria in Ara Coeli, giovedì 27 giugno, alle 21, eseguita, per la prima volta, dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera di Roma.

L’appuntamento è una nuova produzione del Lirico Capitolino ed è firmata da due nomi di prestigio della musica e del teatro: sul podio, James Conlon, raffinato interprete britteniano, e Mario Martone per la regia e impianto scenico. Il Maestro del Coro è Roberto Gabbiani, mentre i costumi sono di Ursula Patzak e le luci di Pasquale Mari.


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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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