Due parole sintetizzano il messaggio di Papa Francesco nell’Udienza di oggi al Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose (International Jewish Committee on Interreligious Consultations): Shalom, il saluto di pace, ripetuto all’inizio e alla fine del discorso, e la frase rimasta già alla storia “Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita!”.

Ricevuti questa mattina nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre ha accolto i “fratelli maggiori” ringraziando per il “dialogo regolare” che la Commissione per i Rapporti Religiosi con l’Ebraismo intrattiene da oltre 40 anni e che ha contribuito a “rafforzare la reciproca comprensione ed i legami di amicizia tra ebrei e cattolici”.

Il comitato di dialogo ebreo-cattolico ricevuto oggi dal Pontefice è sbocciato in seno all’organismo vaticano nato nel 1967 come agglomerato di varie associazioni ebraiche. Esso vuole promuovere il dialogo interreligioso non solo con il mondo cattolico, ma anche con altre confessioni cristiane. A tal fine, ogni due anni, ad ottobre, riunisce i suoi membri per un incontro internazionale. L’ultimo si è svolto a Parigi nel 2011; il prossimo si terrà nel 2013 a Madrid - come ha ricordato il Papa - sul tema “Sfide della Fede nel mondo contemporaneo”.

Nonostante non fossero i primi contatti con personalità del mondo ebraico durante questi mesi di pontificato, l’Udienza di oggi è stata per Bergoglio “la prima occasione di conversare con un gruppo ufficiale di rappresentanti di organizzazioni e comunità ebraiche”, come egli stesso ha sottolineato. Il Santo Padre non ha potuto fare a meno quindi di richiamare la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate  che – ha spiegato – “rappresenta per la Chiesa cattolica un punto di riferimento fondamentale per quanto riguarda le relazioni con il popolo ebraico”.

Attraverso le parole del testo conciliare, ha affermato il Pontefice: “La Chiesa riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei Patriarchi, in Mosè e nei Profeti”. Il Vaticano II, inoltre, ricorda l’insegnamento di San Paolo, secondo cui “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” e condanna fermamente “gli odi, le persecuzioni, e tutte le manifestazioni di antisemitismo”.

Tali principi, ha osservato il Papa, “hanno segnato il cammino di maggiore conoscenza e comprensione reciproca percorso negli ultimi decenni tra ebrei e cattolici”. Un cammino, ha aggiunto, al quale i Pontefici precedenti hanno dato “notevole impulso” mediante “gesti particolarmente significativi” ed “una serie di documenti che hanno approfondito la riflessione circa i fondamenti teologici delle relazioni tra ebrei e cristiani”.

“Si tratta di un percorso di cui dobbiamo sinceramente rendere grazie al Signore” ha evidenziato il Santo Padre. Tuttavia esso “rappresenta solamente la parte più visibile di un vasto movimento che si è realizzato a livello locale un po’ in tutto il mondo”. In particolare in Argentina, a Buenos Aires, dove l’Arcivescovo Bergoglio ha avuto “la gioia di mantenere relazioni di sincera amicizia con alcuni esponenti del mondo ebraico”. Ne è un esempio il libro “Il cielo e la Terra” scritto a quattro mani con il rabbino Abraham Skorka, rettore del Seminario Rabbinico di Buenos Aires.

Papa Francesco ha quindi raccontato delle frequenti conversazioni “circa la nostra rispettiva identità religiosa” e “le modalità per tenere vivo il senso di Dio in un mondo per molti tratti secolarizzato”. O dei dialoghi “sulle comuni sfide che attendono ebrei e cristiani”. Soprattutto, ha rimarcato, “come amici, abbiamo gustato l’uno la presenza dell’altro, ci siamo arricchiti reciprocamente nell’incontro e nel dialogo, con un atteggiamento di accoglienza reciproca, e ciò ci ha aiutato a crescere come uomini e come credenti”.

Questa “amicizia” si è realizzata e si realizza tuttora in molte parti del mondo, ha ribadito il Papa, che ha quindi incoraggiato a proseguire questo cammino “cercando di coinvolgere anche le nuove generazioni”. L’umanità – ha concluso – “ha bisogno della nostra comune testimonianza in favore del rispetto della dignità dell’uomo e della donna creati ad immagine e somiglianza di Dio, e in favore della pace che, primariamente, è un dono suo”.

Commentando ‘a caldo’ il discorso del Santo Padre all’IJCIC sul quotidiano “Pagine Ebraiche”, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, ha dichiarato: “Le parole pronunciate dal Papa testimoniano il consolidamento di un percorso iniziato 50 anni fa con la pubblicazione della dichiarazione Nostra Aetate e con risultati estremamente significativi nel segno del dialogo e della reciproca comprensione tra i popoli”.

“In un'epoca segnata da tensioni e momenti di crisi – ha proseguito il Presidente - le religioni, oggi più che mai, sono chiamate a farsi promotrici di valori e di sfide comuni”. Anche perché, ha affermato, “non sono più tollerabili” fenomeni “odiosi” come il razzismo e la xenofobia, o le persecuzioni subite dai cittadini cristiani per via del loro credo, “in alcuni dei paesi più arretrati sul fronte dei diritti civili e delle libertà individuali”.