“La storica sentenza della Corte Suprema Usa che dichiara la non brevettabilità dei geni umani, come non è brevettabile tutto ciò che è considerato appartenente alla natura e ai suoi fenomeni, ha ribadito un principio fondamentale: del corpo umano non si fa commercio” dichiarano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, Presidente e copresidente dell’Associazione Scienza & Vita.
“Negli Stati Uniti le sequenze del Dna umano erano brevettabili, quindi imprese private hanno usato in esclusiva kit diagnostici quali quello per la diagnosi del rischio di tumore della mammella (BRCA1 e BRCA2). Pur comunicando il risultato del test, tenevano tuttavia nascoste tutte le altre informazioni lette sul Dna dei pazienti che venivano analizzate. Grazie a questa sentenza, che demarca nettamente il “naturale” dal “sintetico” e quindi ciò che è patrimonio di tutti da ciò che è prodotto artificialmente, i brevetti vengono annullati ponendo le basi per una nuova era per il libero accesso alle informazioni genetiche”.
“In Europa la legislazione in tal senso è sempre stata più attenta, dichiarando che il Dna è patrimonio dell’umanità e le informazioni in esso contenute, utili ai progressi diagnostici e terapeutici, non possono essere commercializzate ma, salvaguardando la privacy dei pazienti, vanno condivise tra tutti i ricercatori.
“Il divieto di brevettabilità del Dna non concerne solo lo sfruttamento commerciale del genoma umano, ma, ricordando la lezione di vita e di scienza del Prof. Jerome Lejeune, ci auguriamo che questa sentenza tenga alta l’attenzione su tutte le tipologie di utilizzo, anche eugenetico, che viene proposto o perpetrato, il più delle volte in modo surrettizio, anche nel mondo scientifico”.