L’involuzione autoritaria della leadership turca è stata “favorita dalla politica, o meglio dalla non-politica europea rispetto al dossier d’integrazione della Turchia all’Unione”. Lo sottolinea in un colloquio con l’agenzia Fides padre Claudio Monge, superiore della comunità dei Domenicani a Istanbul, dove dirige anche il Centro per il dialogo interreligioso e culturale. “Fino almeno al 2006” spiega padre Monge “Edogan e il suo partito avevano davvero scommesso molto sull’integrazione, e molte riforme sono state fatte per favorire questo passo. Ma la mancanza di visione politica europea ha vanificato tutto aprendo un nuovo corso erdoganiano e turco in genere”.
Dapprima si è perseguito il tentativo di ri-situarsi nello scacchiere dei paesi arabi ”fratelli nella fede”. Poi le rivolte della cosiddetta “Primavera araba” e l’inizio del conflitto in Siria hanno fatto saltare progetti politico-diplomatici, investimenti milionari. A quel punto – ricorda il domenicano – “La reazione dell’orgoglioso Erdogan ha imboccato la strada dell’autoritarismo populista, con l’idea di bastare a se stessi. In fondo, l’affermazione di queste ore “non riconosco legittimità al Parlamento Europeo”… non è poi così scandalosa”.
Secondo padre Monge l’unica possibilità di ricondurre il Primo Ministro a più miti consigli rimane quella di un’opposizione interna allo AKP – il Partito islamico-conservatore al potere – , visto che “in Turchia non esiste un’opposizione politica e le quasi tre settimane intercorse dall’inizio della crisi lo dimostrano ampiamente”. In questa prospettiva, conviene tener d’occhio la crescente divaricazione tra Erdogan e il Presidente Abdullah Gül, che nelle ultime settimane ha più volte riproposto la linea del dialogo con i manifestanti. Il “duello finale” tra Gül e Erdogan – spiega p. Monge “porta alle presidenziali del 2014: chi non è d’accordo con la linea Erdogan dovrà uscire allo scoperto, sostenendo Gül per un secondo mandato presidenziale”.
Con il comizio di domenica scorsa di Erdogan sembra ormai aver archiviato la possibilità di una integrazione nella Unione Europea. Secondo p. Monge “La comunità internazionale e soprattutto i membri dell’Union Europea dovrebbero smetterla di impartire lezioni di democrazia: non sono credibili perché, come dicevo, hanno sbagliato tutta la politica sul dossier turco”. Il domenicano è anche convinto che gli Usa non entreranno in collisione con Erdogan, “perché con le crisi in atto e l’instabilità regionale, le questioni di democrazia interna al Paese verranno percepite dai leader politici Usa come secondarie rispetto alla necessità di conservare un partner solido nella Regione, vincolato alla NATO”.
(Fonte: Agenzia Fides, 18 giugno 2013)