Il dialogo interreligioso non può ridursi ad un semplice rispetto reciproco ma deve contribuire a una reale crescita umana e spirituale dei credenti. In questo spirito si sta svolgendo in questi giorni (10-13 giugno) a Castelgandolfo, il seminario ebraico-cristiano Ebrei e cristiani insieme per approfondire la dimensione spirituale del dialogo.
L’incontro è promosso dal Centro per il Dialogo Interreligioso del Movimento dei Focolari insieme ai gruppi di ebrei presenti, accompagnati da rabbini provenienti dall’Argentina, dall’Uruguay, dagli USA e dall’Italia.
Al seminario partecipano in totale 12 ebrei e 15 cristiani, che da anni partecipano a progetti comuni. Uno dei gruppi nati a tale scopo è quello della Fordham University di New York, mentre in Argentina è recentemente uscito un libro sulla formazione al dialogo, scritto a quattro mani dalla rabbina Silvina Charmen e da Francisco Canzani.
I contenuti dell’iniziativa sono stati illustrati oggi pomeriggio, durante una conferenza stampa presso la Sala Marconi di Radio Vaticana, introdotta e moderata da Roberto Catalano, direttore del Centro per il Dialogo Interreligioso dei Focolari.
Amelia Uelmen, cristiana, docente alla Fordham University, è coinvolta da dodici anni nel progetto. “I valori religiosi possono essere una risorsa per il bene comune” e il dialogo interreligioso può essere utile, ad esempio, “sul lavoro e nella vita accademica”, ha detto.
Il dialogo tra le religioni può manifestare i suoi effetti più alti, quando qualcuno di un’altra fede ti dice: “Ma tu puoi amare il prossimo…”, ha osservato la prof.ssa Uelmen.
Il rabbino newyorkese Eric Tsvi Blanchard, da parte sua, ha spiegato che la vera essenza di questi incontri è “lasciarsi trasformare dal dialogo reciproco”. Trovare insieme la via verso Dio è difficile “come scalare una montagna”, tuttavia “insieme possiamo aiutarci a diventare le persone che dovremmo essere”, in definitiva a diventare “persone migliori”.
Da parte sua, Mario Burman, presidente di OJDI, associazione ebraica per il dialogo interconfessionale, ha raccontato come questa amicizia ebreo-cristiana si sia naturalmente evoluta da una naturale diffidenza iniziale a una “piena fiducia reciproca”.
Il rabbino uruguayano Hodara Rafael ha spiegato come il suo paese sia all’avanguardia nel dialogo ebreo-cristiano, al punto che, già nel 1958, un rabbino, due sacerdoti cattolici e un pastore metodista si unirono in un cenacolo che anticipava molte iniziative simili degli anni post-conciliari.
Ebrei e cristiani, ha detto Rafael, sono “figli dello stesso Padre” e la chiave del loro rapporto è la “conoscenza reciproca”. Se da un lato bisogna superare i pregiudizi reciproci, dall’altro bisogna chiedersi: “Se in entrambe le religioni, il comandamento è l’amore per il prossimo, come posso amare chi non conosco?”.
L’esperienza del rabbino di Buenos Aires, Abraham Skorka, è significativa in particolare per la realizzazione del libro a quattro mani con il cardinale Jorge Mario Bergoglio, Il cielo e la terra (Mondadori, 2013). In questo libro, ha raccontato il rabbino, emerge in modo particolare il tema della morte, che Bergoglio vedeva soprattutto come una “consegna dello spirito al Padre”.
Dialogo interreligioso significa in particolare “sentire l’altro, capire chi è”. Insistendo sul verbo “conoscere”, Skorka ha fatto notare come in ebraico esso sia sinonimo di “amare”.
Durante la mattinata i partecipanti al seminario ebreo-cristiano hanno assistito all’Udienza Generale di papa Francesco, al termine della quale sono stati salutati dal Santo Padre che ha posto loro domande sul simposio, chiedendo di pregare per lui. “Ha rivolto a noi la stessa richiesta che fece il primo giorno del suo pontificato”, ha commentato a tal proposito il rabbino Skorka.