Vedere e avere compassione

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio / X Domenica del Tempo Ordinario

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Lettura

Mentre la breve pagina autobiografica della Lettera ai Galati vuole indicare l’origine celeste del Vangelo predicato dall’Apostolo, «per rivelazione di Gesù Cristo», la prima lettura e il Vangelo si soffermano su due risurrezioni: quella ad opera del profeta Elia e quella compiuta da Gesù nei confronti di un ragazzino di Nain. Il confronto tra i due episodi evidenzia, da una parte, significative assonanze, ma, dall’altra, dimostra anche che ora in Israele è sorto non un qualsiasi profeta, ma un grande profeta. Gesù, infatti, diversamente da Elia, non si dilunga in complicati gesti di intercessione, ma semplicemente tocca la bara e con la sua parola ridesta il morto. E ancora: l’entusiasmo suscitato da Gesù è universale e coinvolge tutta la regione circostante, mentre l’episodio veterotestamentario non va oltre l’ambito ristretto della famiglia della vedova di Zarepta.

Meditazione

La situazione della donna del Vangelo è drammatica ed estrema: è vedova e privata dell’unico figlio. Su di lei si posa lo sguardo amoroso e compassionevole di Gesù. I due verbi che qualificano il comportamento del Signore sono: vedere e avere compassione. Li ritroviamo insieme in Luca anche nel racconto del Buon Samaritano e nella parabola del padre misericordioso; anche nel Vangelo di Marco, al cap. 6, quando le folle disperse accorrono a Gesù. Vedere e accorgersi del fratello in necessità è operazione importante specialmente per noi oggi così presi dalle cose e incapaci di soffermare lo sguardo sulle persone. Ma ancor più avere compassione. Qui è il cuore ad entrare in azione: non basta accorgersi di ciò che capita intorno a noi, ma è necessario smuovere la durezza che tante volte blocca il nostro cuore e lo rende duro, freddo, indifferente. È importante la conclusione: tutti, anche quelli delle regioni vicine, riconoscono che Gesù è un profeta grande e che Dio ha visitato il suo popolo. È una vera professione di fede in Gesù. «Il figlio della vedova di Nain si è alzato in modo inaspettato e meraviglioso; il miracolo non è rimasto sconosciuto a tutti nella Giudea, ma fu annunciato anche fuori di essa come un segno divino e l’ammirazione era sulla bocca di tutti» (san Cirillo di Alessandria). Il pianto del corteo funebre si trasforma in canto di lode universale a Dio. Siamo disposti a permettere che le nostre lacrime e lamentele siano trasformate in gioia?

Preghiera

«Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti: la destra del Signore ha fatto prodezze. Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore. Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte» (Sal 118).

Agire

«Non essere pessimista. Non sai che tutto quanto succede o può succedere è per il bene?» (san Josemaría Escrivá de Balaguer).

Meditazione del giorno a cura di monsignor Douglas Regattieri, Vescovo di Cesena-Sarsina, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ARTPer abbonamenti: 
info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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