"Il Papa insegna ai ragazzi ad essere responsabili di se stessi"

Un insegnante gesuita racconta le sue impressioni sull’udienza di questa mattina con il Santo Padre, loro confratello

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L’udienza di questa mattina in Aula Paolo VI, in cui papa Francesco ha incontrato gli allievi, gli ex allievi e i docenti di varie scuole dei Gesuiti italiane e albanesi, ha suscitato molte domande e riflessioni tra i presenti.

Nel suo discorso, il Santo Padre ha spiegato l’importanza dell’educazione scolastica e i valori fondamentali agli studenti. Secondo Papa Francesco, la scuola è un’istituzione dove si impara a vivere e ciò succede non solo con l’educazione dell’intelligenza di ogni studente, ma anche con “la formazione integrale di tutte le componenti della personalità”.

Un insegnamento grande è la magnanimità, ha detto il Papa. Essere magnanimo vuol dire “fare le cose piccole di ogni giorno con un cuore grande aperto a Dio e agli altri.” Durante la gioventù, a scuola, non si cresce solo intellettualmente, ma anche sul piano umano. 

Il primo valore di cui papa Bergoglio ha parlato è stata la libertà. Tutti gli uomini sono liberi, in modo particolare di scegliere il loro stile di vita. Tuttavia – ha detto Francesco – siamo liberi “per il bene”, quindi è sempre il bene che dobbiamo scegliere.

L’altro valore è il servizio. Alle scuole dei gesuiti si impara a non  chiudersi davanti al mondo e alla gente, ma ad aprirsi ai più poveri e bisognosi e a provare a migliorare il mondo.

Il Pontefice ha esortato gli studenti a camminare nel mondo e a non avere paura. Anche se esiste il rischio di cadere, si deve continuare a camminare. “Non lasciatevi rubare la speranza e la forza” è stato il consiglio di Papa Francesco alle migliaia di giovani presenti.

Dopo il suo discorso, il Papa ha lasciato tempo agli studenti per porgli delle domande. Anche se i giovani non sono stati preparati, dopo un breve momento della timidezza, hanno iniziato a fare le loro domande. Si è trattato di domande personali, religiose, politiche e anche richieste di consigli per la propria vita personale.

Una studentessa ha domandato al Papa la sua opinione sul futuro economico dell’Italia, un altro ragazzo ha chiesto al Santo Padre di parlargli dei suoi amici in Argentina.

Tra le partecipanti c’erano anche ex alunni, familiari, docenti, rappresentanti dei movimenti giovanili e di parrocchie legate ai gesuiti.

Uno di loro è Padre Umberto Libralato, insegnante al Collegio Leone XIII di Milano. ZENIT ha avuto l’opportunità di parlare con l’ex alunno della scuola milanese sulle sue esperienze di vita.

Quali sono le sue impressioni su questo evento?

Padre Umberto Libralato: In questo momento vivo a Milano, al Collegio Leone XIII, dove insegno anche un po’ la storia della mia vita, essendoci stato alunno dal 1956 al 1961. Poi la vita mi ha portato per altre strade: ho fatto il parroco prima a Firenze per diciotto anni, poi sono andato a Grosseto per sette anni come responsabile nell’ufficio missionario. Dal 2000 al 2011 sono stato responsabile di varie missioni di gesuiti per il mondo e adesso sono ritornato al Collegio, dove continuo a occuparmi delle missioni, delle animazioni missionarie ma anche dell’aiuto e dell’assistenza per la parte spirituale del collegio, in particolare per la scuola elementare e la scuola media.

Secondo lei, qual è il valore e il significato di questa udienza?

Padre Umberto Libralato: Far capire e anche sperare a questi ragazzi che nella vita si può essere i responsabili di noi stessi. Saper costruire davvero qualcosa di buono insieme con gli altri. Inoltre, sapere il valore della fede e dell’umanità vera che si vede tra gli altri è ancora tutto da riscoprire e reinventare anche nel mondo di oggi. Io credo che i ragazzi abbiano questa responsabilità.

Tra le sue esperienze personali, ce n’è anche qualcuna con Papa Francesco?

Padre Umberto Libralato: Ho conosciuto padre Bergoglio quando era ancora un semplice sacerdote gesuita in Argentina tanti anni fa. Ho trascorso del tempo in Argentina dove ho anche un pezzettino della mia famiglia che è emigrata lì negli anni ‘20. Quindi, diciamo, c’è già un legame e una storia. Sono stato molte volte in Argentina e in Bolivia. Per motivo di missioni sono andato in Brasile. Quindi, credo, conosco abbastanza bene l’America Latina e la sua esperienza religiosa. Credo che la figura di questo papa sia veramente straordinaria perché riporta tutta la chiesa del Sudamerica un po’ più vicina a Roma.

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Jill Carnà

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