“Che tacciano le armi!”. È un grido disperato quello di Papa Francesco per una Siria sempre più ferita e segnata dai conflitti. Un grido che si aggiunge a quello di Benedetto XVI, affinché nel Paese “si possa trovare una soluzione nel dialogo per giungere ad una profonda riconciliazione tra le parti”.
Questo appello di pace, il Papa l’ha lanciato durante l’incontro di oggi con i rappresentanti degli Organismi caritativi cattolici per la crisi in Siria, ricevuti nella Domus Sanctae Marthae. Oltre all’impegno del suo predecessore, il Santo Padre ha ricordato la preoccupazione della Santa Sede per la crisi in Siria, che si è tradotta concretamente nella missione di pace del Cardinale Sarah, presidente del Dicastero “Cor Unum”, a cui hanno contribuito anche i Padri Sinodali, lo scorso ottobre.
Si è poi ‘auto-citato’ ripetendo le parole del giorno di Pasqua, in cui ha chiesto la pace «per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto, e per i numerosi profughi che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?».
Da Pasqua ad oggi, la tragica situazione in Medio Oriente è sempre stata nel cuore del Papa, in particolare la sorte di una “popolazione, spesso inerme, che soffre le conseguenze del conflitto”. “Di fronte al perdurare di violenze e sopraffazioni – ha affermato stamane – rinnovo con forza il mio appello alla pace”.
Ha quindi invitato a sostenere le iniziative della comunità internazionale per avviare un dialogo fruttuoso con lo scopo di porre fine alla guerra. “Alla Comunità internazionale – ha detto – accanto alla ricerca di una soluzione negoziale del conflitto, chiedo di favorire l’aiuto umanitario per i profughi e i rifugiati siriani, mirando in primo luogo al bene della persona e alla tutela della sua dignità”.
Dopo l’incoraggiamento agli organismi di carità a continuare “con fedeltà la preziosa opera di assistenza umanitaria, nella Siria e nei Paesi vicini che generosamente ospitano chi fugge dalla guerra”, il Santo Padre ha ribadito il forte impegno della Chiesa. “La Chiesa – ha sottolineato – si sente chiamata a dare la testimonianza umile ma concreta ed efficace. Sappiamo che dove qualcuno soffre, Cristo è presente. Non possiamo tirarci indietro, proprio nelle situazioni di maggiore dolore!”.
In particolare, per la Santa Sede – ha aggiunto – “l’opera delle Agenzie di carità cattoliche è estremamente significativa”, in quanto fornisce un aiuto che va oltre “le appartenenze etniche o religiose” e offre, quindi, “un contributo alla pacificazione e alla edificazione di una società aperta a tutte le diverse componenti”.
“La Chiesa – ha concluso – sostiene quelle sue membra che oggi sono particolarmente in difficoltà”, che hanno “il grande compito di continuare a rendere presente il Cristianesimo nella regione in cui è nato”. È un “nostro impegno”, ha rimarcato il Pontefice, “favorire la permanenza di questa testimonianza. La partecipazione di tutta la comunità cristiana a questa grande opera di assistenza e di aiuto è un imperativo del momento presente”.
Le ultime parole a braccio di Bergoglio sono state quasi un sospiro: “Pensiamo tutti, tutti pensiamo alla Siria: quante sofferenze, quanta povertà, quanto dolore. È Gesù che soffre, che è povero, che è cacciato via dalla sua patria. Guardiamo Gesù sofferente negli abitanti dell’amata Siria”.
Prima del discorso del Papa, il cardinale Sarah aveva rivolto un saluto al Pontefice, rimarcando la crescente preoccupazione di “Cor Unum” per l’evoluzione della crisi umanitaria siriana che, ha detto, “si protrarrà nel tempo e si estenderà ulteriormente”. Il porporato aveva poi ricordato la missione in Libano dello scorso anno, voluta da Benedetto XVI. Ribadendo infine la vicinanza della Chiesa alle vittime del conflitto, il cardinale ha espresso la necessità di convocare un secondo incontro di coordinamento tra gli organismi caritativi cattolici impegnati nell’emergenza, in modo da poter “lavorare in comunione” e “testimoniare insieme l’amore e la prossimità di Dio verso la popolazione siriana”.