Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata a Roma nella chiesa di Santa Maria in Vallicella (o Chiesa Nuova) da monsignor Edoardo Aldo Cerrato, C. O., vescovo di Ivrea, nella Solennità della SS. Trinità, domenica 26 maggio, memoria di San Filippo Neri.
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Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!
Solennità della SS. Trinità… E’ lo guardo d’amore posato dalla Chiesa sul mistero che sta a fondamento d fede cristiana, quello che il Catechismo ci fa proclamare come il primo dei due misteri principali della fede: “Unità e Trinità di Dio; Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo”.
Chi è Dio, il Dio in cui crediamo, il Dio che adoriamo, non siamo noi a stabilirlo: è Lui stesso che si è rivelato, si è fatto conoscere: “O Padre, - abbiamo pregato con la Chiesa all’inizio della S. Messa - Tu hai mandato nel mondo il Tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito Santo santificatore, per rivelare agli uomini il mistero della Tua vita…”.
Il mistero della vita divina, il Mistero da cui tutto proviene, da cui la creazione intera deriva, con le sue “cose visibili e quelle invisibili”, grazie al quale tutta la realtà, tutto, esiste ed è conservato nell’esistenza, è un mistero di comunione, di scambio, di dono reciproco… Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo: una comunione di Persone!
Negli abissi dell’eternità, dunque, batte un Cuore infinito: un Padre che amando genera il Figlio; un Figlio che amando si dona al Padre; una terza Persona che “dal Padre e dal Figlio procede” ed è l’Amore stesso con cui essi si amano.
Negli abissi dell’eternità non c’è un vuoto: c’è una pienezza di vita; all’origine di tutto ciò che esiste non c’è il Caso: c’è un amore intelligente. Tutto, anche la nostra vita di uomini che si dipana nelle diverse situazioni dell’esistenza, non è presieduta dall’Assurdo: è avvolta nel Mistero, un Mistero buono, un Amore infinito, una Provvidenza divina che amando crea, amando accompagna, amando porta a compimento.
Quando, con la semplice preghiera della Chiesa, diciamo “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo”, noi esprimiamo il nostro stupore di fronte a questa meraviglia su cui si regge l’universo creato: tre Cuori che nell’Amore diventano uno. E, al tempo stesso, dichiariamo il senso della nostra vita che consiste nel dare gloria a Dio vivendo in un rapporto personale con Lui ogni cosa, dalle più umili e semplici alle più grandi; riconoscendo, sperimentando, che ogni cosa, ogni aspetto dell’esistenza diventa carica di significato, in ogni situazione e circostanza, lieta o dolorosa che sia.
La gloria di Dio è l’uomo vivente, l’uomo che vive – diceva un antico Padre della Chiesa: l’uomo che vive questo rapporto di comunione personale con Dio il quale si è comunicato non solo rivelando se stesso, ma donandosi a noi nella Persona del Figlio, affinché noi, creature umane, potessimo divenire partecipi realmente della sua vita, “figli nel Figlio” e abitati dallo Spirito Santo-Amore!
Questo è l’uomo vivente. Questo è il santo, l’uomo vero!
Nella luce calda e viva di questo Mistero d’Amore noi ricordiamo oggi Padre Filippo, in questa “Chiesa Nuova” che, quasi ormai cinque secoli orsono, egli ha innalzato a gloria di Dio con la sua vita prima ancora che con le pietre dell’edificio…
“Cercate ogni giorno il volto dei santi per trovare riposo nei loro discorsi” diceva un antichissimo testo cristiano.
E oggi, per immergerci nell’adorazione di Dio e dargli gloria, noi contempliamo il volto amato di Padre Filippo, quello che ci affascina ben più che la sua bella sembianza riprodotta dalla bellissima maschera d’argento nell’urna della cappella qui a fianco, dove le spoglie mortali di Filippo riposano nell’attesa della risurrezione finale e dove alla loro presenza discreta sostano ogni giorno tante persone, più di quanto si possa registrare… Quante persone, negli anni in cui sono rimasto in Chiesa Nuova, ho visto in preghiera in questa cappella…: seminaristi; religiosi; preti; laici; giovani e meno giovani; vescovi e cardinali… Ne vidi uno, un noto cardinale, per diversi anni, inginocchiato semplicemente a pregare sul pavimento della cappella; una volta mi inginocchiai anch’io, per salutarlo al termine della sua preghiera… Passarono più di venti minuti, tutta la recita del Rosario… Non distolse mai lo sguardo dal volto di Padre Filippo… Quel volto!
Il volto di un uomo di Dio che “solamente si lassava chiamar Padre – come ricordano i primi discepoli – perché questo sonava amore”.
Aveva compreso che significa che Dio è Padre, e dalla Paternità di Dio, sperimentata come figlio, aveva attinto la capacità di offrire ad ogni uomo – che è figlio fin nel più profondo del suo essere – una paternità di cui l’uomo ha assoluto bisogno.
Quel volto!
Il volto di un uomo di Dio che fece di Gesù, il Figlio divino, non solo il modello a cui ispirarsi, ma la sorgente a cui attingere la propria vita… “Chi vuol altro che non sia Cristo – diceva – non sa quel che si voglia. Chi fa e non per Cristo, non sa quel che si faccia”… E lo ripeté fino alla fine, ancora sul letto di morte, nel ricevere il Signore come viatico, dalle mani del Card. Federico: quella presenza viva di Cristo che egli sempre aveva voluto e per il quale consumò l’esistenza.
“Non son degno, non ne fui mai degno; ma Tu vieni, amor mio!” aggiunse in quel momento! Tutta la sua vita era stata un morire d’amore per Cristo, non sentimentalmente ma nel “lasciarsi fare” da Cristo, nel lasciarsi plasmare pensieri, sentimenti, volontà, desideri, decisioni… “Agebatur potius quam ageret” scrisse di Filippo il p. Bacci: più che esser lui a fare, si lasciava fare, in una disponibilità totale all’azione di Cristo, accolta nella preghiera e nei Sacramenti della Chiesa.
Divenne apostolo – Apostolo di Roma e, attraverso Roma, di tutta la Chiesa – esattamente per questa totale disponibilità all’azione di Cristo; sentì che il Dono doveva essere condiviso con tutti: “ardeva di desiderio di tirare le anime a Christo», scrive il Gallonio.
Quel volto!
Il volto di un uomo di Dio che implorò di “avere spirito” e ricevette dallo Spirito Santo una impronta che ne segnò di prodigio, per cinquant’anni, la vita… Ho ricordato, sull’Osservatore Romano di oggi, la “Pentecoste di san Filippo”… Un avvenimento avvolto nel mistero, poiché il santo non ne volle mai parlare e solo alla fine della vita rivelò qualcosa della straordinaria esperienza mistica accadutagli quando ancora era laico e non aveva raggiunto i trent’anni... Lo confidò al cardinale Federico Borromeo, e anche a p. Gallonio che testimonia: «Intesi dire dal p. ms. Filippo, in questa sua ultima malattia che lo congiunse a Christo, che la palpitatione che sentiva, la quale chiamava “infermità sua”, l’haveva portata cinquant’anni.
Questa era quello affetto del core che lo faceva esultare in Dio vivo, sì che poteva dire col Profeta: “cor meum et caro mea exultaverunt in Deum vivum”. Questo stesso affetto di core lo rapiva talmente in Dio, che li faceva gridar più volte: “vulneratus charitatis sum ego”. Per questo eccesso di cuore la fiamma et lo spirito de Iddio gli soprabbundava talmente, che pareva li volesse uscir fuor del petto, non potendosi contener dentro quei termini che la natura gli haveva prefissi».
Il venerabile Pio XII, antico chierichetto della “Chiesa Nuova”, e che qui esercitò le primizie del suo ministero sacerdotale, anche in quel confessionale laggiù, segnato da una placca che ne conserva la memoria, scrisse nel IV centenario di quella misteriosa Pentecoste: “Singolare carisma di carità onde l’Apostolo di Roma fu privilegiato da Dio con la visibile dilatazione del cuore: prodigio nuovo…».
“Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Sa
nto”!
Nel volto di Filippo, nella sua vita che fu davvero il suo “discorso”, noi vediamo che cos’è questa “gloria” che nella preghiera proclamiamo.
Padre e Figlio e Spirito Santo, mistero d’Amore! E poiché “solo l’Amore è credibile”, come scrisse il grande Von Balthasar, si capisce perché uomini e donne – noti e meno noti – ci abbiano creduto e siano diventati, con la loro vita, GLORIA di Dio!
Amici, la “Verità tutta intera” di cui Gesù ci ha parlato nel Vangelo di oggi è questa! E’ questa la Sapienza “che gioca davanti a Dio in ogni istante”, come ci ha detto la I Lettura. E’ questa “la pace con Dio” di cui Paolo apostolo ci ha parlato nella II…
Verità, Sapienza, Pace: cose di Dio partecipate agli uomini che si lasciano attrarre dal Mistero d’Amore, e, credendo, accolgono il Dono d Dio Uno in Tre Persone!
Sia lodato Gesù Cristo!
Mi sia consentito esprimere, al termine dell’omelia, l’affidamento di me stesso e di tutta la Diocesi a cui il Santo Padre Benedetto XVI mi ha inviato come Pastore, con le parole di una lettera del padre Tarugi, inviato Arcivescovo ad Avignone, cinque secoli fa.
«…Anchorchè io sia per tanto spatio di paese assente, io mi vi ritrovo [nella “cappelletta di mezza scala”] con la fede et amor verso il mio caro Padre […]. Io vorrei farmi la cella nel più intimo del cuor del Padre, perché, credo, vi ritroverei Gesù […] Et quando il Padre giubila, et il cuor gli salta, per soverchio amore, dentro dal petto, iubilerei et salterei ancor io. Et quando si comunica sarei commensale di quel banchetto et sazierei la mia fame. Et quando pone la bocca al calice, mi laverei in quel sangue del quale, però, una gocciola è mia, per giustizia, essendomi stata promessa da Sua Paternità Reverenda. Godetevi cotesta felicità la quale ho potuta io goder per lungo tempo…».
Padre Filippo, amato Padre, l’ultimo dei Tuoi figli inviato Vescovo in quel Piemonte che celebra quest’anno i quattro secoli della presenza Oratoriana, Ti saluta con l’affetto anche di un altro Tuo figlio, il beato Giovenale Ancina, inviato Vescovo a Saluzzo.
Prega per me, Padre Filippo, e per la Chiesa che mi è stata affidata. La consegno alla Tua intercessione!