Siamo nella sesta domenica di Pasqua, alle porte del grande mistero glorioso dell’Ascensione di Gesù Cristo al cielo. La Chiesa con la bontà e la saggezza di una madre, inizia a prepararci alla salita al cielo del nostro Signore ricordandoci le parole di consolazione pronunziate da Gesù nel cenacolo.
Siamo nel capitolo 14 del Vangelo di Giovanni, e precisamente nel punto successivo alla domanda sempre attuale di Giuda, non l’Iscariota, al suo Maestro: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” (Gv 14, 22).
La risposta di Gesù non è valida solo per l’apostolo, ma per tutti gli uomini di ogni tempo. Gesù vuole venire a prendere dimora nel cuore dell’uomo, non da solo, ma portando con se anche il Padre e lo Spirito Santo. Gesù torna alla casa del Padre, perché vuole portare nella casa di ogni uomo anche il Padre e lo Spirito Santo. Questo Suo salire al Padre non è per lasciarci soli, ma per estendere il Suo amore a tutti gli uomini che desiderano vivere una relazione profonda con Lui. L’amore di Dio si manifesta verso quelli che lo amano, verso coloro che osservano i suoi comandamenti.
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
Queste parole di Gesù delineano una volta per tutte il modo di agire di Dio. Egli anche se è l’onnipotente, l’eterno, il creatore di tutte le cose, rispetta sempre la libertà dell’uomo, entrando in intima relazione solo con coloro che lo desiderano, La libertà è l’unico spazio di amore dove può avvenire l’incontro tra due persone che si cercano. Dio non vuole costringerci ad un legame “forzato” con lui. Egli attende il nostro assenso per venire da noi. Egli bussa alle porte del cuore aspettando pazientemente di poter entrare. Solo se compiamo liberamente il gesto di aprirci a Lui, egli prende dimora presso di noi. La porta del cuore può essere appena aperta, così come può essere spalancata. Una volta entrato l’importate è ascoltarlo, seguirlo, amarlo, riconoscerlo sempre presente nella nostra vita. Dobbiamo sempre ricordarci che Gesù ci dona non una sapienza di uomini, non consigli per avere successo in questo mondo, ma ci rivela la Parola che ha ricevuto da Dio Padre.
“La Parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24).
Anche se la Parola di Dio utilizza il linguaggio umano, non dobbiamo mai confonderla con la parola degli uomini. La differenza tra la parola di Dio e quella degli uomini non è una questione di linguaggio, ma di contenuti, di messaggi che essa propone.
La parola che nasce da un cuore che non conosce Dio conduce all’autoaffermazione, alla fama, alla ricchezza, al potere, all’odio, alla violenza, alla vendetta, alla prevaricazione.
La parola di Dio edifica il cuore dell’uomo perché è un perenne invito alla gioia, alla pace, al perdono, alla generosità, alla fraternità, all’eternità.
Tutte queste parole di Dio sono state pronunziate e vissute da Gesù Cristo durante la sua vita terrena, ma hanno bisogno di essere continuamente ripetute. Abbiamo bisogno di impararle sempre di nuovo, necessitiamo di qualcuno che c’è le ricordi. Questo è il grande e insostituibile servizio offertoci dallo Spirito Santo.
“Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto.” (Gv 14, 26).
Lo Spirito Santo è il vero costruttore di pace. La sua opera è quella di far conoscere la pace di Gesù Cristo, una pace diversa da quella che sa dare il mondo. La pace tra gli uomini si basa su fragili compromessi, accordi d’interesse, equilibri instabili che una volta venuti meno producono guerra, violenza, distruzione. La pace di Cristo, invece, ha una marcia in più, perché non si basa esclusivamente su un accordo, su un osservanza dei comandamenti, ma ha il perdono del cuore come legge suprema al di sopra di ogni cosa.
Questa è la nuova ed eterna alleanza stabilita da Cristo durante l’istituzione dell’Eucarestia. E’ un alleanza eterna non perché l’uomo la rispetterà eternamente. E’ un alleanza eterna, perché eterna è la fedeltà del Signore, malgrado le continue trasgressioni dell’uomo al comandamento dell’amore a Dio e al prossimo.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore” (Gv 14, 27).
La pace non può essere imposta con la violenza. La pace non può essere una costrizione, perché turberebbe il cuore e produrre solo paura.
La pace è avere la certezza che Dio rimane sempre con noi. La pace è credere al ritorno del Signore Gesù asceso al cielo.
“Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me” (Gv 14, 28).
Queste parole sono comprensibili solo attraverso lo Spirito Santo. Infatti, chi di noi, oggi, si rallegrerebbe di sapere che Gesù, duemila anni fa, è salito al cielo e siede alla destra di Dio Padre. Noi vorremmo averlo oggi sempre tra noi, averlo vicino con il suo corpo di uomo, vivendo la stessa esperienza degli apostoli.
Questo comprensibile desiderio è stato manifestato a Cristo da Maria Maddalena, quando lo ha visto Risorto il mattino di Pasqua. Le parole di Gesù, davanti alla richiesta della Maddalena, sono molto chiare: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre, ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro ” (Gv 20, 17).
Prima dell’ascensione al cielo, Gesù ha promesso di rimanere con i suoi discepoli tutti i giorni sino alla fine del mondo (Mt 28,20).
Queste due promesse di Gesù sembrano contraddirsi. In realtà esse possono essere comprese nel loro significato più profondo richiamando alla mente le parole di Gesù nelle quali ci ha indicato dove lo possiamo incontrare. Egli rimane nel cuore di coloro che l’adorano in spirito e verità. Egli rimane sempre tra noi nel sacramento del suo corpo e del suo sangue. Egli rimane vivo nei poveri, negli ammalati, negli emarginati. Questa è la grade opera che deve compiere lo Spirito Santo: insegnarci, sempre di nuovo, dove poterlo riconoscere. Ma non è sufficiente aver appreso questa rivelazione una volta sola, abbiamo bisogno che ci venga continuamente ricordata.
Per questo l’epilogo di questo Vangelo riporta le seguenti parole; “Ve l’ho detto adesso prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.” (Gv 14,29).
Allora l’invito rivoltoci da Gesù in questa ultima domenica di Pasqua è di credere alla sua presenza in mezzo a noi, un presenza silenziosa, discreta, ma anche reale ed efficace. Una presenza capace di consolarci in ogni situazione della nostra esistenza.