Un forte monito contro tutte le mafie è stato lanciato da papa Francesco, a conclusione dell’Angelus odierno. Affacciandosi alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre ha ricordato la figura di don Giuseppe Puglisi, beatificato ieri a Palermo.
“Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile – ha detto il Papa -. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”. Francesco ha poi esortato i fedeli a “fare tesoro” dell’esempio del nuovo beato.
Di seguito il Papa ha rivolto il suo pensiero ai “tanti dolori di uomini e donne, anche bambini, che sono sfruttati da tante mafie”, spesso ridotti in schiavitù o costretti alla “prostituzione”. “Dobbiamo pregare il Signore, preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio”, ha aggiunto.Prima della preghiera mariana, il Pontefice ha accennato all’odierna solennità della Santissima Trinità.
“La luce del tempo pasquale e della Pentecoste – ha detto – rinnova ogni anno in noi la gioia e lo stupore della fede: riconosciamo che Dio non è qualcosa di vago, di astratto, ma ha un nome: «Dio è amore»”.
L’amore divino, ha spiegato Francesco, non è né “sentimentale”, né “emotivo” ma è “l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo”.
La Santissima Trinità non è nemmeno un “prodotto di ragionamenti umani”; essa è “il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità, nella storia del popolo d’Israele e soprattutto in Gesù di Nazaret”, colui che “ci ha fatto conoscere il Padre misericordioso e ha portato sulla terra il suo «fuoco», lo Spirito Santo”.
Nella liturgia di oggi, la lode al Signore non è dovuta a “un particolare mistero” ma a “Lui stesso, «per la sua gloria immensa», come dice l’inno liturgico”. Lodiamo e ringraziamo Dio, ha aggiunto il Papa, “perché è Amore, e perché ci chiama ad entrare nell’abbraccio della sua comunione, che è vita eterna”.
Chi è già “nella gloria della Trinità” è la Vergine Maria, alla quale il Santo Padre ha rivolto l’invocazione finale. “Lei, la più umile tra le creature, grazie a Cristo è già arrivata alla meta del pellegrinaggio terreno”, ha quindi concluso.