Pubblichiamo di seguito il testo integrale della relazione tenuta da Salvatore Martinez, Presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo, al convegno internazionale “La primavera della Chiesa e l’azione dello Spirito”, svoltosi la scorsa settimana a Roma presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.
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Premessa
«Auspico di cuore che il Rinnovamento nello Spirito Santo susciti sempre più nella Chiesa quella conversione interiore senza la quale difficilmente l’uomo può resistere alle lusinghe della carne e alle concupiscenze del mondo. Essere testimoni delle “ragioni dello Spirito”: questa è la vostra missione, cari membri del Rinnovamento nello Spirito Santo, in una società dove spesso la ragione umana non sembra essere irrorata dalla sapienza che viene dall’Alto. Ponete nell’animo dei credenti che partecipano alle attività dei vostri gruppi e delle vostre comunità un seme di feconda speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri compiti»[1].
Così si pronunciava il Beato Giovanni Paolo II nella sua ultima lettera autografa indirizzata al RnS, offrendo un’ulteriore “esplicitazione” dell’espressione cultura della Pentecoste consegnata due anni prima al Movimento: «Nel nostro tempo, avido di speranza, fate conoscere e amare lo Spirito Santo. Aiuterete allora a far sì che prenda forma quella “cultura della Pentecoste”, che sola può fecondare la civiltà dell’amore e della convivenza tra i popoli»[2].
Anno dopo anno va rafforzandosi nel RnS la coscienza che senza la promozione dello spirituale le nostre opulente società conosceranno ancora più virtù relativistiche e vizi materialistici. In fondo, la madre di tutte le crisi è spirituale ed ha conseguenze di ogni sorta nella vita dell’uomo (morali, affettive, relazionali, politiche, economiche).
In questo tempo di decadenza gli uomini attendono sì un rinnovamento, ma non ci curano di cercare e di accogliere Chi è il vero fautore di quella vita nuova, buona, piena da tutti desiderata: lo Spirito Santo. Oggi è in calo l’amore per lo Spirito Santo, così che menzogne e inganni su Dio e sull’uomo sembrano proliferare con esiti che la storia passata non aveva ancora conosciuto. Si pensi, ad esempio, all’alleanza tra certa scienza, tecnologia e giurisprudenza per lo sviluppo di un umanesimo sempre più anticristiano, alienante e disumanizzante.
A sostegno di una cultura della Pentecoste, cioè del soprannaturale, del potere della grazia contenuto nel profilo carismatico della Chiesa, si è più volte espresso Papa Benedetto XVI. Come dimenticare, ad esempio, la chiusura della sua terza enciclica; una sorta di appello alla Chiesa tutta all’inizio del terzo millennio: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato…. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine…” (n. 79) [3].
Papa Francesco, proprio ieri, ci ricordava il bisogno di ritornare allo Spirito Santo, di muoverci verso di Lui: «Abbiamo bisogno di lasciarci inondare dalla luce dello Spirito Santo, perché egli ci introduca nella Verità di Dio… In quest’Anno della fede chiediamoci… quali passi stiamo facendo perché la fede orienti tutta la nostra esistenza. Non si è cristiani “a tempo”… si è cristiani in ogni momento!» (Udienza generale, Piazza San Pietro, 15 maggio).
In questo Tempo pasquale, Papa Bergoglio ha voluto porre una speciale attenzione alla Persona dello Spirito Santo e come un “pedagogo” ci ha mostrato gli atteggiamenti più consoni per godere della sua “signoria”.
Nella Casa Santa Marta, nell’Omelia che commentava le parole di Stefano dinanzi ai lapidatori − «Testardi…, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo» (At, 7, 51) − Papa Bergoglio ha ribadito con grande forza espressiva che non ci è dato di “addomesticare” lo Spirito Santo, rallentando la sua azione in noi: «Sempre, anche tra noi c’è quella resistenza allo Spirito Santo… Per dirlo chiaramente: lo Spirito Santo ci dà fastidio. Perché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti. E noi siamo come Pietro nella Trasfigurazione: “Ah, che bello stare così, tutti insieme!”, ma che non ci dia fastidio…Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca… Vogliamo addomesticare lo Spirito Santo e quello non va! Perché lui è Dio, Lui è quel vento che va e viene e tu non sai da dove…“Non opporre resistenza allo Spirito Santo”. È questa la grazia che io vorrei che tutti noi chiedessimo oggi al Signore: la docilità allo Spirito Santo, a quello Spirito che viene da noi e ci fa andare avanti nella strada della santità, quella santità tanto bella della Chiesa» (16 aprile 2013).
Urge davvero ritornare allo Spirito Santo, più pregando che teorizzando, facendo sì che la fede “dogmatica” sia sempre accompagnata dalla manifestazione del suo contenuto “carismatico”, dinamismo storico dello Spirito di Dio.
Parlando al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, a cui ho avuto il privilegio di partecipare, rivolgendomi al Papa e ai Padri presenti affermavo: “Permettiamo ai carismi di tornare a rivivere in tutto il popolo di Dio. Ogni cristiano, dal momento che fa parte del Corpo di Cristo, deve percepirsi corresponsabile con gli altri fratelli della nuova evangelizzazione, non in forma generica, astratta, ma a partire dal carisma ricevuto e posto al servizio, perché ad essere ammirata sia sempre la comunità ecclesiale, non uno o pochi esperti, né questo o quel movimento, peggio ancora gli uni contro gli altri”.
Il Beato Giovanni Paolo II e il Papa Benedetto XVI, da oltre trentacinque anni e con gratitudine, hanno segnalato nei carismi le nuove energie evangelizzatrici che molti fedeli laici stanno mettendo a servizio della Chiesa e del mondo, laici formati alle nuove pedagogie di fede esperimentate mediante i diversi carismi nei Movimenti ecclesiali e nelle Nuove Comunità.
Sono questi, luoghi in cui “… si incontrano uomini e donne che sentono il bisogno di parlare a Dio, per potere parlare di Dio”, come ha ricordato Papa Ratzinger (I Incontro Internazionale dei Nuovi Evangelizzatori, 15 ottobre 2011).
I nuovi evangelizzatori, dunque, nascono contemplando Dio, pregando; meglio, in ginocchio; ancor meglio prostrati dinanzi alla santità di Dio. Sono prima adoratori di Dio, poi rivelatori dei misteri di Dio. San Paolo, a tal proposito, è chiaro e ci fa da monito: “Noi parliamo di una sapienza che non è di questo mondo, è la sapienza di Dio che per mezzo dello Spirito noi riveliamo, esprimendo cose spirituali in termini spirituali” (cf 1 Cor 2, 6.10.13).
Lo Spirito causa in noi l’esperienza dei suoi doni prodigiosi
Dice la Scrittura:
“Dopo queste cose, io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo, e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gl 3, 1-2).
“Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi potete vedere e sentire” (At 2, 32-33).
Così commenta uno dei più antichi Padri della Chiesa:
“Chi è pieno di Spirito Santo fa tutte le cose in maniera ragionevole, insegna rettamente, vive in modo irreprensibile, manifesta nella verità e nell
a perfezione segni e portenti. La vera natura dei carismi è un’elargizione dello Spirito Santo. Si dice anche che questo Spirito è stato effuso da Dio in ogni carne, affinché profetizzino e abbiano visioni, secondo Gioele (3, 1-2) coloro che lo avranno ricevuto. La parola «effusione dello Spirito Santo» significa un’estesa e ricca abbondanza del dono dello Spirito” (Didimo il Cieco in De Spiritu Sancto, 11 PG 39, 1043-1044).
Tra i fenomeni che hanno maggiormente caratterizzato la Chiesa del post Concilio è senza dubbio la riscoperta dello Spirito Santo, della Sua presenza e azione nella Chiesa[4]. “Il grande Sconosciuto” (Leone XIII, in Divinum Illud Munus, prima enciclica dedicata allo Spirito Santo del 1897) si manifesta in modalità nuove, originali, riconducibili alla chiesa delle origini nell’esperienza propria del Movimento Carismatico, in tutte le sue variegate forme ed espressioni.
Papa Benedetto XVI, rivolgendosi ai giovani in occasione della GMG 2008, a Sidney, affermava: “Abbiamo bisogno di conoscere lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno di renderci familiari dello Spirito Santo. Dobbiamo riconoscere la vera identità dello Spirito Santo. Dobbiamo prendere una lucida coscienza della sua continua, attiva presenza nella vita della Chiesa”.
E aggiungeva: “Non è cosa facile! Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona dimenticata della Santissima Trinità. Una chiara comprensione di lui sembra quasi fuori della nostra portata… Sappiamo che è lo Spirito Santo che, benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra testimonianza su Gesù Cristo… La presenza dello Spirito in noi attesta, costituisce e costruisce la nostra persona sulla Persona stessa di Gesù crocifisso e risorto. Rendiamoci, dunque, familiari dello Spirito Santo, per esserlo di Gesù (19.07.2007)
In ogni comunità cristiana, aperta all’esperienza dello Spirito di Pentecoste, è dato per scontato che possieda i carismi, doni gratuiti del Cristo risorto e vivente ai Suoi discepoli di ogni tempo. Eppure, osservando la vita di molte comunità ecclesiali, sorge spontanea la domanda: come mai guardando gli Atti degli Apostoli vediamo una esuberanza carismatica tanto grande rispetto al nostro tempo? [5]
P. Domenico Grasso, teologo di fine spessore, rispondeva così nel post Concilio: “Se il fine dei carismi è l’utilità comune dei membri della comunità ecclesiale, se essi sono diretti al rinnovamento e alla migliore espansione della Chiesa è impossibile che manchino nella Chiesa di tutti i tempi, perché in tutti i tempi la comunità ecclesiale si costruisce e ha bisogno di rinnovarsi e di espandersi. Queste manifestazioni accompagneranno la Chiesa lungo tutto l’arco della sua storia, fino al giorno in cui Cristo consegnerà il regno al Padre (cf 1 Cor 15, 24) [6].
La teologia dei carismi, e più in generale la pneumatologia, rappresentano senza dubbio una delle branche di studi più interessanti del post Concilio, eppure non ancora sufficientemente diffuse e ricercate dagli studiosi. Come hanno affermato i Padri Conciliari “la Chiesa ha il compito di rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito Santo [7].
Il Vaticano II non si è limitato ad affermare soltanto una dottrina, ma ha voluto anche dare un impulso vitale alla Chiesa, ripartendo dallo Spirito Santo. “È Lui che con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova” [8].
Papa Giovanni Paolo II ha esplicitato questa “novità provvidenziale” dei movimenti e delle nuove comunità in occasione della Pentecoste del 1998. In quella circostanza ebbe a dire che “sotto la guida dello Spirito, la Chiesa ha riscoperto come costitutiva di se stessa la dimensione carismatica. L’aspetto istituzionale e quello carismatico sono coessenziali alla costituzione dogmatica della Chiesa” [9].
Non esiste, pertanto, una Chiesa carismatica opposta ad una Chiesa istituzionale. Vige sempre la lezione antica: “Dove è la Chiesa ivi è lo Spirito; laddove è lo Spirito ivi è la Chiesa” [10]. La Chiesa è tutta intera carismatica, perché lo Spirito dimora attivamente in essa, la anima con il Suo dinamismo e l’arricchisce delle Sue multiformi funzioni.
Lo Spirito si riconosce solo in azione, cioè nelle sue opere. Tre i verbi “di moto” che ne sottolineano l’incessante dinamismo, mediante il quale doni e carismi si manifestano nella nostra vita spirituale:
1. Discendere. “Lo Spirito Santo scenderà su di te” (Lc 1, 35).
2. Effondersi. “Gesù, dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo, lo ha effuso…” (At 2, 33).
3. Versarsi. “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).
È sempre bene sottolineare che lo Spirito Santo, anche quando agisce “all’esterno” dell’uomo – si pensi alle “fiammelle” che si posano sugli apostoli, Maria e le donne riunite nel Cenacolo – in realtà opera ed incide sensibilmente “all’interno”. Come afferma Gesù “dimora presso di voi e sarà in voi” (Gv 14, 17).
Interrogando le Scritture e considerando la presenza e l’azione dello Spirito in noi, emergono alcune “corrispondenze umane” necessarie per non trascurare lo Spirito, spegnerlo, rifiutarlo nella nostra vita:
«camminare secondo lo Spirito» (Gal 5, 16-17), «sottomettersi allo Spirito» (cf At 5, 32), «conoscere le cose dello Spirito» (cf 1 Cor 2, 12-13), «amare lo Spirito che gelosamente ci ama» (cf Gc 4, 5).
La potenza che lo Spirito manifesta nella nostra vita, mediante doni e carismi, è finalizzata anche alla liberazione di coloro che stanno sotto il potere del maligno (cf At 10, 38): i malati, gli oppressi, gli incatenati da forze negative che impediscono di vivere la libertà dei figli di Dio. La potenza dello Spirito si manifesta soprattutto nella nostra debolezza: “È quando sono debole è allora che sono forte” (2 Cor 12, 10).
Volendo raccogliere queste evidenze e guardando al cammino del RnS non possiamo non registrare due importanti “passaggi magisteriali” di Giovanni Paolo II, nei quali il Pontefice ha riconosciuto proprio la bellezza e la forza della vita carismatica, fonte di vita nuova per tanti membri del Movimento.
“Quanti fedeli laici – uomini e donne, giovani adulti e anziani – hanno potuto sperimentare nella propria vita la stupefacente potenza dello Spirito Santo e dei suoi doni! Quante persone hanno riscoperto la fede, il gusto della preghiera, la forza e la bellezza della parola di Dio, traducendo tutto ciò in un generoso servizio alla missione della Chiesa! Quante vite cambiate in profondità! Per tutto questo oggi, insieme a voi, voglio lodare e ringraziare lo Spirito Santo” [11].
E ancora:
“Sì! Il Rinnovamento nello Spirito Santo può considerarsi un dono speciale dello Spirito Santo alla Chiesa in questo nostro tempo. Nato nella Chiesa e per la Chiesa, il vostro è un movimento nel quale, alla luce del Vangelo, si fa esperienza dell’incontro vivo con Gesù, di fedeltà a Dio nella preghiera personale e comunitaria, di ascolto fiducioso della sua Parola, di riscoperta vitale dei sacramenti, ma anche di coraggio nelle prove e di speranza nelle tribolazioni” [12].
La vita carismatica a servizio della Chiesa
La Scrittura ci ricorda:
“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: a u
no viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell’unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole” (1 Cor 12, 4-11).
«Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l’edificazione della comunità» (1 Cor 14,12).
«Dio convalidava la loro testimonianza con segni e prodigi e miracoli di ogni genere e doni dello Spirito santo, distribuiti secondo la sua volontà» (Eb 2, 4).
«Ciascuno viva secondo il carisma ricevuto, mettendolo a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4, 10).
A tal proposti il Catechismo recita:
“I carismi devono essere accolti con riconoscenza non soltanto da chi li riceve, ma anche da tutti i membri della Chiesa. Infatti sono una meravigliosa ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità di tutto il Corpo di Cristo, purché si tratti di doni che provengono veramente dallo Spirito Santo e siano esercitati in modo pienamente conforme agli autentici impulsi dello stesso Spirito, cioè secondo carità, vera misura dei carismi” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 800).
Vorrei riferire un commento di un altro grande Padre della Chiesa:
“D’altra parte uno solo non può ricevere tutti i carismi spirituali, perché lo Spirito distribuisce i suoi doni secondo la fede di ognuno (Rm 12, 6); ma, nella vita comune, il carisma proprio di ognuno diventa bene comune di tutti. A uno, in effetti, è data una parola di sapienza, a un altro una parola di conoscenza, a un altro la fede, a un altro la profezia, a un altro il carisma delle guarigioni, etc. (cf 1 Cor 12, 8-10). Chi riceve uno di questi doni non lo riceve tanto per se stesso, ma per gli altri, di modo che, nella vita comune, la forza dello Spirito concessa a uno diviene necessariamente quella di tutti. Chi vive isolato ha forse un carisma, ma lo rende inutile per pigrizia, nascondendolo in se stesso. Mentre colui che vive in una comunità numerosa gode del suo proprio carisma, lo accresce partecipandolo e gode di quelli degli altri come se fossero suoi” (Basilio di Cesarea, Regulae, q.7; PG 31, 951).
I carismi concessi dallo Spirito a una comunità di credenti hanno un triplice aspetto:
1. “Alcuni sono concessi per spingere i membri della comunità, nella quale si ricevono, a condurre una vita retta e così abbellire la Chiesa con la perfezione della propria condotta.
2. Altri sono concessi per rendere alcuni capaci di fortificare i membri della Chiesa mediante l’insegnamento sicuro della dottrina cristiana.
3. Altri, ancora, sono concessi ad alcuni per renderli idonei a governare e curare le anime dei credenti” [13].
Alcune evidenze comunitarie
1. A ciascuno un carisma, a nessuno la totalità dei doni
Nelle comunità dei credenti le varie persone ricevono carismi diversi; tuttavia a nessuna persona vengono concessi i doni in maniera integrale e stabile. Spiegando la “dottrina dei carismi”, san Paolo afferma: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune» (1 Cor 12, 7), sottolineando – nel verso che precede – che «uno solo è Dio, che opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 6).
2.I membri di una comunità, tutti insieme e ciascuno per la propria parte, portano a compimento il corpo di Cristo.
Nell’unità dello Spirito i membri di una comunità si rendono gli uni gli altri l’aiuto necessario mediante i carismi che hanno ricevuto. Ancora san Paolo ai Romani attesta: «Anche noi, pur essendo molti, siamo un sol corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi» (Rm 12, 5-6a).
3. La distribuzione dei carismi resterà sempre un mistero
Resterà sempre nascosta nel cuore di Dio la conoscenza dei motivi che fanno decidere lo Spirito Santo a distribuire i suoi doni in modi così diversi e tanto dissimili da un individuo all’altro. «Tutte le manifestazioni particolari dello Spirito (carismi) è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole» (1 Cor 12, 11).
4. Le realtà dello Spirito si comprendono meglio pregando, piuttosto che teorizzando.
Avvertiamo, certamente, il bene di questo straordinario contatto con lo Spirito di Dio, ma nessuna parola umana ci farà mai trovare espressioni appropriate per descrivere questo afflato dello Spirito Santo. Ci ricorda san Paolo: «Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2, 11).
5. La scienza umana non può penetrare la sapienza dello Spirito
La nostra scienza, se confrontata con la scienza divina, è ignoranza, poiché quello che ci rende saggi proviene da una partecipazione della sapienza di Dio, mediante lo Spirito, e non da un confronto con essa, che lo Spirito sfida ed estingue. «Può forse l’uomo giovare a Dio, se il saggio giova solo a se stesso?» (Gb 22, 2).
La Tradizione cristiana non ha considerato esaustivo il numero dei carismi menzionati da san Paolo. È una verità, questa, che ci viene ricordata da Giovanni Paolo II: «Bisogna notare che l’enumerazione dell’Apostolo non ha un carattere limitativo: Paolo indica i doni particolarmente significativi nella Chiesa di allora, doni che non hanno cessato di manifestarsi anche nelle epoche successive, ma senza esaurire, né alle origini né in seguito, tutto lo spazio aperto verso sempre nuovi carismi che lo Spirito Santo può concedere in rispondenza a nuovi bisogni» [14].
Ciò significa che bisogna rimanere aperti allo stupore, alle meraviglie che lo Spirito opera, alle nuove “seminagioni” di grazie carismatiche, ordinarie e straordinarie, che lo Spirito non cessa di elargire alla Chiesa.
La Cultura della Pentecoste
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12, 49).
Ecco la nostra missione: incendiare il mondo con il fuoco dello Spirito Santo, secondo il desiderio “pentecostale” di Gesù.
La Pentecoste è qualcosa che accade, nello spazio e nel tempo. È un’iniziativa divina a cui deve corrispondere un’azione umana: senza questo accadere, senza questo continua confidenza e assistenza dello Spirito, il divenire della Chiesa, il diffondersi della salvezza di Cristo tra gli uomini sono rallentati, alterati, inficiati, non si manifestano in tutta la loro portata profetica, in tutta la loro potenza d’amore.
Quando diciamo “Cultura di Pentecoste” non indichiamo una teoria spirituale, una sorta di “ideologia carismatica” postconciliare. L’effusione carismatica dello Spirito Santo è un avvenimento sovrano di Dio; si rinnova nella storia e nel tempo come Provvidenza di Dio. Ora la Pentecoste non si discute, si vive! Si vive e rivive ad ogni possibile livello: personale, familiare, comunitario, ecclesiale, sociale.
Perché una Cultura della Pentecoste nel nostro mondo contemporaneo?
“La storia non è in mano a potenze oscure, al caso o alle sole scelte umane”, ha affermato il Papa Benedetto XVI sin dall’inizio del Suo pontificato. “Sullo scatenarsi di energie malvagie, sull’irrompere veemente di Satana, sull’emergere di tanti flagelli e mali, si innalza il
Signore. Dio non è indifferente alle vicende umane, ma in esse penetra realizzando i suoi progetti e le sue opere efficaci”.
L’avventura dell’umanità non è confusa e senza significato, né è votata senza appello alla prevaricazione dei prepotenti e dei perversi. Infatti esiste la possibilità di riconoscere l’agire divino dello Spirito nella storia:
Guardiano della porta della storia, dalla venuta di Gesù, è lo Spirito Santo.
Custode delle promesse di Gesù nella vita della Chiesa è lo Spirito Santo.
Sentinella armata di sapienza che grida l’allarme e indica agli uomini come fronteggiare il male è lo Spirito Santo.
“Lo Spirito Santo aiuta ad impegnarsi sempre, nonostante la paura di fallire, ad affrontare i pericoli e superare le barriere che separano le culture per annunciare il Vangelo”, affermava Giovanni Paolo II ai giovani (XIII Giornata Mondiale della Gioventù 1998, lettera preparatoria del 30 novembre 1997).
Chiediamoci: che fiducia abbiamo nella presenza e nell’azione dello Spirito Santo, in questo nostro tempo, nei travagli della cultura del nostro tempo? Un nuovo millennio di vita cristiana è sorto, ma quale premessa abbiamo posto perché la verità di Cristo e il pensiero umano si incontrino, perché la terra non sfidi il cielo, perché l’amore di Dio non sia elemento accessorio nella costruzione del nuovo mondo?
A giudicare dalle lamentazioni, dalle fughe, dai rimproveri si potrebbe sostenere che c’è ancora troppo spazio riservato agli uomini e poco spazio riservato all’iniziativa dello Spirito di Dio!
Eppure, ci ricordava Giovanni Paolo II, “lo Spirito Santo rende la Chiesa è amica di ogni autentica ricerca del pensiero umano e stima sinceramente il patrimonio di sapienza elaborato e trasmesso dalle diverse culture. In esso ha trovato espressione l’inesauribile creatività dello spirito umano indirizzato dallo Spirito di Dio verso la pienezza della verità. (Giovanni Paolo II, Udienza generale, 16 settembre 1998).
Amicizia contesa quella con lo Spirito Santo. Amicizia delusa per molti; amicizia perduta e non ritrovata per altri; amicizia presunta e non vissuta per tanti altri ancora.
A Pentecoste lo Spirito “dimostra” l’amicizia di Cristo, che è per tutti gli uomini. Ed è proprio quest’amicizia, questa solidarietà con gli uomini, specie i più deboli, i più deboli tra i deboli – l’embrione o il moribondo, senza voce o senza dignità di persona – che ci dona “il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità” (Papa Benedetto XVI).
C’è una parentela d’amore che dalla Pentecoste storica di Gerusalemme i cristiani non hanno mai cessato di offrire all’umanità. Alla missione storica amorosa, compassionevole, visibile e tragica di Cristo, succede quella consolatrice, interiore, invisibile e al contempo temporale e drammatica dello Spirito Santo, una missione che ci è affidata, una responsabilità che non può essere disattesa.
Una parentela antica, lunga venti secoli, che in questi giorni vorremmo divenisse presagio di un cristianesimo nuovo, rinnovato dallo Spirito, di una vita cristiana sempre più vissuta nello Spirito e per tanto dedita al bene, forte nel combattere il male, lucida nel denunciare le menzogne, compassionevole dinanzi ai dolori del mondo.
Ecco perché sentiamo il dovere di riconoscere la presenza e l’azione dello Spirito Santo. Ecco perché desideriamo condividere la Cultura della Pentecoste che orienta la nostra vita.
Da quarantasei anni, in tutto il mondo, da quarantuno in Italia, il Rinnovamento nello Spirito si è assunto l’impegno di “fare conoscere e amare lo Spirito Santo”, consegna che nel 2002 si è fatta preciso mandato apostolico di Giovanni Paolo II al nostro indirizzo.
Al mondo manca ancora la lezione di fraternità universale della Pentecoste; alla teologia dominante manca ancora la cultura del miracolo della Pentecoste; ai sistemi politici e sociali manca ancora il dinamismo d’amore della Pentecoste.
A noi è chiesto di regalare a questo nuovo millennio e al primo secolo che ci è concesso di vivere il “Vangelo dello Spirito Santo”, con la stessa passione testimoniale che fu nel cuore infuocato di Elena Guerra agli inizi del secolo scorso.
Quanti cristiani sembrano vivere un’esistenza “prepentecostale”, cioè un deficit di Spirito Santo nella loro vita: dove c’è paura non c’è cultura della Pentecoste; dove c’è indifferenza non c’è cultura della Pentecoste; dove c’è impotenza, dove c’è disorientamento dove c’è confusione dove c’è pigrizia, dove c’è individualismo non c’è cultura della Pentecoste!
Lo Spirito Santo rimane ancora “sconosciuto” (Leone XIII) ai più: troppo spesso è estraneo alla nostra cultura religiosa, alle tendenze culturali dominanti, alla catechetica e all’omiletica, all’educazione familiare e scolastica.
Cultura della Pentecoste reclama “cultori dello Spirito”. Non uomini colti che fanno vivere Dio nel mondo delle idee, ma i testimoni, che danno cittadinanza allo Spirito, che ricordano l’attualità dell’effusione dello Spirito e non desiderano altro che procurare onore a Dio.
La cultura della Pentecoste si fa con la vita, non con le parole. I testimoni dello Spirito attuano l’amore di Dio, che è per ogni uomo che si affaccia sulla terra.
La cultura della Pentecoste è l’antidoto al “male oscuro” del mondo.
La cultura della Pentecoste è una nuova sapienza, un nuovo modo di intrecciare le vicende umane che non esclude Dio, ma lo include.
A Pentecoste si inaugura la civiltà dell’amore, perché lo Spirito è benefico ed amico degli uomini, fondatore della nuova antropologia portata da Cristo. A Pentecoste scaturisce una nuova sociologia, soprannaturale (L. Sturzo, H. De Lubac, K. Rahner), un nuovo umanesimo permeato dei valori dello Spirito.
Prima di Pentecoste gli apostoli erano smarriti, pensano di avere smarrito il Cristo, si ritrovavano incapaci di progettare il loro futuro, ripiegati sul loro passato, tra nostalgia e rimpianti. Con l’avvento dello Spirito, tutto d’improvviso cambia: Pietro e gli altri apostoli si ritrovano “uomini nuovi”, capaci di pensare, di giudicare, di decidere, di muoversi, di relazionarsi in modo nuovo.
Uomini nuovi. A Pentecoste nascono uomini nuovi. Nasce un nuovo “stile di vita”, una nuova cultura: nasce la “cultura della Pentecoste”, che è la capacità spirituale, cioè tutta interiore – non si compra, né si impara da dottrine umane – che ogni uomo può esperimentare per essere capace di resistere al male, per combattere il male, per difendere il bene, per alimentare il bene.
Nel giorno di Pentecoste, racconta S. Luca autore del libro degli Atti, le genti convenute a Gerusalemme che assistettero al grande miracolo della discesa dello Spirito Santo, si chiesero: «Che vuol dire tutto questo?» (At 2, 12).
Forse ancora oggi c’è chi si chiede: “ma che significa tutto questo”? Che cosa ha a che fare il nostro mondo contemporaneo, agitato e compreso in mille altri pensieri, con questo cristianesimo vivo di Spirito Santo, di cui si vuole dare notizia? Che parentela potrà mai esserci?
A Pentecoste comincia la vera vita interiore della storia umana: gli uomini imparano dal di dentro che cosa significa vivere, amare, soffrire, dare la vita per ciò in cui si crede.
La cultura della Pentecoste è l’esatto contrario della cultura del relativismo. “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero”, ha constatato il Cardinale Ratzinger nella sua omelia del lunedì 18 aprile 2005, in occasione della “Missa pro eligendo Pontifice”, prima che avesse inizio il Conclave. “Ogni giorno si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore.” “Il relativismo
, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni”.
Se soffiano venti di dottrine umane ingannevoli e ingannatrici, soffia ancor più potente lo Spirito Santo e spazza via ogni avversione a Cristo e al Suo Vangelo. Soffia, lo Spirito Santo, e vuole restituire alla storia di ogni terra calpestata dal piede di un credente, la bellezza della Chiesa.
A Pentecoste lo Spirito vince le barriere erette dall’orgoglio e dall’individualismo umano:
vince le barriere politiche di sistemi ostili alla religione
vince le barriere ideologiche di regimi opposti e disumani
vince le barriere sociali di ceti distinti per classi che frammentano il genere umano
vince le barriere culturali di stili di vita derivanti da differenti sistemi di pensiero
Con la Cultura della Pentecoste la Chiesa è resa forte dallo Spirito per difendere l’uomo da se stesso, dalla «sua cultura di morte», quando proclama che la scienza deve allearsi con la coscienza e ispirarsi all’etica, perché non tutto ciò che è tecnicamente possibile e moralmente lecito.
Con la Cultura della Pentecoste la Chiesa ha un altro parametro per l’uomo, persona e non oggetto di manipolazioni di ogni sorta: questo parametro è il Vangelo, cioè la Verità di Dio per il bene di ogni uomo, e non il “dato relativo”, cioè la mia verità, per il bene mio e di chi la pensa come me.
Cultura della Pentecoste è smuovere le coscienze addormentate, impigrite; è incrementare gli sforzi delle coscienze umane a non allentare la tensione tra il bene e il male.
Cultura della Pentecoste a servizio della verità
Non è possibile tacere, semmai davanti alla svogliatezza corrente o al tentativo di banalizzazione che porta taluni sino ad irridere i grandi temi della spiritualità cristiana, si deve trovare un livello di parola, di comunicazione più profondo. Dobbiamo dare voce all’interiorità: iniziare i credenti al linguaggio dell’interiorità, liberando e guarendo la parola che è ammalata di esteriorità, che non sembra più riconoscere le mozioni dello Spirito, i suoi richiami.
Conoscere Dio significa sperimentarne il suo Spirito; l’uomo conosce Dio quando mediante la fede può penetrare nello Spirito di Dio le realtà invisibili. Credere, è vedere l’invisibile.
Dobbiamo riconoscere le nostre carenze spirituali, tutti, nessuno escluso. Ci vuole coraggio, ma è necessario! Riconoscere i nostri limiti è “fare la verità”, come ricorda Gesù a Nicodemo (cf Gv 3,21). Solo lo Spirito di verità fa rinascere. È verità che libera. La convinzione che da soli non possiamo farcela è la migliore spinta a raggiungere lo Spirito di Dio che ci viene incontro.
La potenza miracolosa dello Spirito, quando afferra una persona, produce un’esperienza meravigliosa. Abbraccia l’uomo intero: pensiero, volontà, sentimenti, corpo, anima. Ma non distrugge l’uomo, piuttosto esalta tutte le sue capacità, tutte le risorse buone che sono in lui, annullando quelle negative. Non sostituisce la pianta, né la distrugge, ma la porta a fioritura e a produrre frutti meravigliosi.
Dobbiamo credere che lo Spirito di vuole permeare il mondo della tecnica e dell’industria. Occorre che le vie della tecnica e dell’industria, che mai prima del Novecento l’uomo aveva conosciuto nella forza e nel potere travolgente di cui dispongono, siano disponibili allo Spirito. Esse sono un prodotto dell’ingegno umano che è dono dello Spirito. È nostra responsabilità di fede che questo mondo sia ordinato dallo Spirito di Dio e disponibile agli autentici bisogni dell’uomo.
Senza lo Spirito di Dio qualunque forma di potere che sia nelle mani di uomini può divenire una potente arma dei demoni il cui scopo è distruggere il creato, distruggere l’uomo.Molti si chiedono: la tecnica ci opprimerà o ci libererà? Sarà forza di Dio o potenza demoniaca? Dipenderà da noi, dipenderà dagli uomini che si lasceranno conquistare dallo Spirito di Dio.
L’uomo della cultura tecnologica è affascinato dalle possibilità terrene, tutto proiettato al futuro terreno. L’uomo è troppo occupato nei problemi di questa terra, da non potere più respirare l’aria dello Spirito di Dio. Non riesce più a trovare Dio.
La generazione corrente si chiede: che cosa ha a che fare la mia fede con la mia vita, con il mio lavoro, con il mondo in cui devo vivere e mi devo conservare? L’uomo di oggi ha sempre più l’impressione che “il Dio dell’aldilà” non abbia niente a che vedere con questo mondo, con la nostra vita. Viviamo senza di Lui, quasi non ne sentiamo il bisogno di farlo diventare “il Dio di qua!”.
Dio non si pone contro questo mondo da lui creato: lo vuole pieno di quello Spirito con il quale ci ha creati e ci tiene in vita. Quando Gesù parla del mondo contrario allo Spirito di Dio, ci parla di quel mondo senza Spirito e contrario allo Spirito, quel mondo che non vuole la deificazione dell’uomo, ma la sua materializzazione, quel mondo che non ha per regola aurea l’impegno della carità, ma il disimpegno dell’egoismo.
Cultura della Pentecoste è definitiva verità sull’uomo, alla luce del vero potere che Dio concede agli uomini. Cultura della Pentecoste è definitivo riscatto delle verità fondamentali di Dio sull’uomo da ogni inganno, menzogna, falsità del tempo corrente.
Cultura della Pentecoste, a servizio della vita
È Cultura della Pentecoste riconoscere e a tutti annunciare i miracoli, i prodigi, le meraviglie che lo Spirito compie in ogni uomo. Sì, in ogni uomo, perché a tutti è dato lo Spirito Santo! Lo Spirito Santo è all’origine stessa della domanda esistenziale dell’uomo, domanda che nasce non soltanto da situazioni contingenti, ma dalla struttura stessa del suo essere uomo.
È Cultura della Pentecoste prendere coscienza che la presenza dello Spirito è inscritta nella storia dell’umanità, che nella storia è presente e operante lo Spirito Santo, colui che con il soffio della vita divina pervade il pellegrinaggio terreno dell’uomo e fa confluire tutta la creazione, tutta la storia, al suo termine ultimo, nell’oceano infinito di Dio.
Cultura della Pentecoste è far divenire il mondo degli uomini uno spazio di vera fraternità.
Non ci sarà “cultura della Pentecoste” se non restituiremo all’uomo ciò che è costitutivo della sua umanità, se non lo salveremo dalla sua penosa alienazione, da questo stato di “riproduzione meccanica”, animale, nella quale l’insipienza collettiva vuole costringerlo.
Non ci sarà “cultura della Pentecoste” se non restituiremo all’uomo ciò che è costitutivo della sua umanità, se non lo salveremo dalla sua penosa alienazione, da questo stato di “riproduzione meccanica”, animale, nella quale l’insipienza collettiva vuole costringerlo.
Il tempo che viviamo, purtroppo, è sempre più pervaso da “siccità di valori spirituali”, un’epoca che sconcerta per l’aridità desertica che contraddistingue moltissimi uomini incapaci di indicare risposte di senso ad una generazione che sta smarrendo la verità sull’uomo. Stiamo supinamente accettando che il regno del soggettivismo esasperato continui a produrre e a giustificare il moltiplicarsi di violenza e di crudeltà. Sì, perché l’egoismo è scuola di crudeltà.
Cultura della Pentecoste è la risposta a questo idolatria dell’io – egolatria – che è aperta opposizione a Dio e al suo sapiente disegno creatore.
Cultura della Pentecoste è cultura dell’impegno a difesa dell’uomo, non astrazioni ideali o filosofiche:
In fondo ciò da cui molti rifuggono è la capacità di sacrificarsi per gli altri, di soffrire con gli altri, di offrirsi per gli altri; ed ecco perché il Crocifisso non è più un segno eloquente di altissima sapienza umana e diviene un simbolo scomodo, che non app
artiene ad un tempo sempre più ripiegato su se stesso.
Eppure proprio quel Crocifisso ha insegnato agli uomini l’arte di vivere, l’arte in cui l’altro vale più di me stesso, sempre e comunque. Di qui una Cultura della Pentecoste, uno stile di vita ispirato e corretto dallo Spirito Santo.
Quanta libertà interiore, vera; quanto silenzio che si fa preghiera, meditazione, ascolto sono necessari per costruire questo futuro più umano che tutti invocano e che nessuno riesce a dare!
Quanta educazione alla padronanza di sé bisogna praticare, scevra da ogni forma di allergia all’indirizzo dei cristiani, quasi che la nostra fiducia nell’uomo sia un sottoprodotto della fede, una sorta di virus letale da debellare dall’umanità.
Non ci sarà cultura inter-umana, come nel giorno di Pentecoste; non ci sarà civiltà dell’amore senza un uso giusto e responsabile della nostra libertà umana. Specialmente nelle decisioni che riguardano tutta la vita, che impegnano la propria vita e anche quella degli altri.
La vita non è un viaggio verso l’ignoto; ognuno di noi ben conosce le proprie miserie, le situazioni che lo affliggono, il suo segreto bisogno d’aiuto: tutti abbiamo bisogno della pienezza dello Spirito di Dio, la soluzione offertaci da Gesù per fare chiarezza nella propria vita.
Epilogo
Dunque, si tratta di “riaccendere il fuoco del Vangelo” dove la cenere sembra avere spento la fiamma dello Spirito. È “nuova evangelizzazione” per “i vicini”, prima che per i lontani, cioè per quelli che non credono. Per questi ultimi si addice la “prima evangelizzazione”, la cosiddetta missio ad gentes. È “nuova evangelizzazione” intanto per i cristiani “vivaci ma non troppo” o per i cristiani “refrattari al fuoco”! Dunque per noi, per i nostri figli battezzati, per quanti nominalmente appartengono alla schiera dei credenti, ma vivono come se Dio non esistesse. È “nuova evangelizzazione” per una Chiesa che confessa una fede spenta, una fede morta.
Come ha affermato Benedetto XVI, a conclusione del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, «… la nuova evangelizzazione riguarda tutta la vita della Chiesa. Essa si riferisce, in primo luogo, alla pastorale ordinaria che deve essere maggiormente animata dal fuoco dello Spirito, per incendiare i cuori dei fedeli che regolarmente frequentano la Comunità… Riguarda le persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo» (Omelia, Basilica Vaticana, 28 ottobre 2012).
Papa Paolo VI così definiva l’effusione dello Spirito Santo nella vita di un uomo: “Fuoco nel cuore, Parola sulle labbra e profezia nello sguardo”.
Due giorni dopo, “rileggendo” il Conclave e la sua elezione, Papa Francesco ha voluto ribadire in modo assai preciso ed espressivo il rapporto tra “Spirito Santo e nuova evangelizzazione”, tracciando una sorta di “programma pastorale”:
«Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno; non cediamo al pessimismo e allo scoraggiamento: abbiamo la ferma certezza che lo Spirito Santo dona alla Chiesa, con il suo soffio possente, il coraggio di perseverare e anche di cercare nuovi metodi di evangelizzazione, per portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra (cf At 1, 8). La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo, quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo» (Udienza a tutti i Cardinali, 15 marzo 2013).
Sì, la Chiesa è sotto il vento impetuoso di Pentecoste, “il soffio possente dello Spirito” che vuole spezzare tutte le nostre resistenze umane, in testa la paura, perché «in ogni maniera Cristo venga annunciato» (cf Fil 1, 18).Da questa fiducia nella presenza operante dello Spirito deriverà l’avvenire della “nuova evangelizzazione”.
Senza lo Spirito Santo, non facciamoci illusioni, i conti della nuova evangelizzazione non torneranno e noi saremo come i costruttori che si affaticano invano! Per una nuova evangelizzazione servono uomini nuovi, dai sensi spirituali rinnovati, profeti che orientino alle cose ultime della nostra fede, quelle di cui la gente ha un insopprimibile bisogno interiore: la vita eterna, il Cielo, quei “cieli nuovi” che lo Spirito già anticipa nella nostra terra.
*
NOTE
[1] Giovanni Paolo II; Lettera autografa al RnS. Dal Vaticano, 29 aprile 2004.
[2] Giovanni Paolo II; Udienza privata ai responsabili del RnS. Città del Vaticano, 14 marzo 2002.
[3] Benedetto XVI; Caritas in Veritate, 79.
[4] H.U. Von Balthasar definì il Concilio Ecumenico Vaticano II “Il Concilio dello Spirito Santo”. Un’affermazione che recupera un antico pensiero di Sant’Agostino, secondo il quale “con tutta la sua infinita ricchezza è lo Spirito l’anima e il protagonista di tutta la vita della Chiesa”. Il Card. Josef Ratzinger, nel suo libro-intervista con V. Messori “Rapporto sulla fede” (1985) afferma che “il Rinnovamento è da annoverare tra le novità positive per la Chiesa post conciliare” (pag. 159).
[5] S. Giovanni Crisostomo, grande padre delle Chiese d’Oriente, risponde che “la Chiesa nascente ebbe dallo Spirito una sorta di trattamento di favore, una situazione eccezionale per sostenere il suo slancio missionario”.
[6] D. Grasso, I Carismi nella Chiesa, Brescia 1982, pag. 45.
[7] Costituzione dogmatica “Gaudium et Spes”, n. 21.
[8] Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, n. 4.
[9] Discorso ai Movimenti, Veglia di Pentecoste, Piazza S. Pietro, 30 maggio 1998.
[10] S. Ireneo in “Adversus Haeres”, III, 24, 1.
[11] Udienza privata ai responsabili del RnS, Città del Vaticano, 4 aprile 1998.
[12] Udienza privata ai responsabili del RnS. Città del Vaticano, 14 marzo 2002.
[13] Sono pensieri di S. Gregorio Magno