Viaggio al cuore monumentale della fede (Settima parte)

La Basilica di San Pietro. Dal Bramante a Michelangelo

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La distruzione della basilica costantiniana, oltre a privarci di un monumento di grande rilevanza storico-artistica, ha eliminato un importante anello di congiunzione tra l’architettura di epoca romana e quella paleocristiana. Soltanto una parziale documentazione grafica e descrittiva ci permette di avere le idee chiare sulla sua impostazione, il tutto corroborato da alcuni esempi ancora esistenti, almeno nell’impostazione (la Basilicadi S. paolo Fuori le Mura ne è tangibile esempio).

Fu papa Giulio II ad aprire il cantiere per la costruzione della nuova fabbrica e scelse per la sua realizzazione Donato Bramante, in grado di mettere in campo un grandioso progetto incentrato su una grande cupola sorretta da pilastri, da cui sarebbero dovuti partire quattro bracci formanti una croce greca. Il progetto avrebbe preso spunto da due importanti monumenti della Roma imperiale, il Pantheon e il Templum Pacis, architetture che avrebbero pienamente risposto alla grandiosità del progetto, che non venne però realizzato perché considerato troppo grandioso e avrebbe probabilmente causato notevoli difficoltà di costruzione. La prematura morte del Bramante avvenuta l’11 aprile 1514, rappresentò la causa del definitivo abbandono del progetto, che però aveva nel frattempo prodotto la costruzione di grandiosi pilastri che sorreggevano quattro archi a loro volta concepiti come supporto della cupola e vaste distruzioni della basilica preesistente.

Il Bramante ebbe anche l’intuizione (rimasta tale per il sopraggiungere della morte) di sviluppare l’edificio a croce latina (accorgimento che avrebbe maggiormente rispettato la tradizione romana), successivamente ripresa da Raffaello Sanzio quando gli venne assegnato l’incarico di proseguire i lavori da Leone X Medici, in collaborazione con Fra’ Giocondo da Verona e Giuliano da Sangallo. Sfortunatamente morirono tutti prima di poter applicare quanto elaborato su carta, potendo soltanto realizzare una porzione del deambulatorio nella parte sud e la fondazione del coro occidentale, in seguito distrutta da Michelangelo.

Fu lo stesso pontefice a nominare architetto ufficiale della fabbrica Antonio da Sangallo il Giovane, già assistente del Bramante e coadiuvato, a partire dal 1520, da Baldassarre Peruzzi. Dopo alcuni anni di pausa fu papa Paolo III Farnese a riattivare l’intero meccanismo a partire dal 1534. Pochi anni ma sufficienti a modificarne sostanzialmente il pensiero architettonico. Si lasciò invariata soltanto l’idea della croce greca, ma si decise di prolungare in avanti l’edificio con la costruzione di un grandioso portico fiancheggiato da due campanili, al centro dei quali la loggia delle Benedizioni, luogo di apparizione del pontefice. Anche in questa fase vennero realizzate soltanto poche cose, come il rinforzo strutturale dei piloni e l’innalzamento del pavimento di m. 3,20 per enfatizzare maggiormente l’armonia delle forme. Con la realizzazione della nuova pavimentazione venne a crearsi uno spazio che verrà successivamente liberato dando vita ad una sorta d’intercapedine tra i due piani di calpestio, oggi noto come le ‘Grotte Vaticane’ realizzate sotto i pontificati di Clemente VIII e Paolo V.

Con la morte del Sangallo nel 1546, papa Paolo III contattò dapprima Giulio Romano (che morì in quello stesso anno) e successivamente Michelangelo, libero di poter agire sulla progettazione a distanza di circa 40 anni dall’avvio dei lavori. Michelangelo, pur ispirandosi al progetto iniziale del Bramante, lo rese molto più dinamico, modellandolo come fosse una scultura. L’alternanza di nicchie e finestre a rigidi piani e accese simmetrie, conferì al monumento un aspetto di forte innovazione pur adottando elementi architettonici consueti. Venne realizzato il tamburo con l’ausilio di colonne binarie e la cupola, che sembra adagiata sullo stesso, presentò una nervatura a costoloni richiamando elementi architettonici decisamente più arcaici, completata dalla lanterna.

La morte di Michelangelo, sopraggiunta nel 1564, rappresentò sostanzialmente la fine di un epoca e l’interruzione di un lavoro fortemente incompleto (le maestranze arrivarono soltanto al completamento del tamburo). Pio IV Medici affidò la prosecuzione dei lavori a Jacopo Barozzi (‘il Vignola’) che però ebbe soltanto il tempo di avviare il lavoro all’interno delle cupole minori, successivamente ultimate da Giacomo della Porta.

(La sesta parte è stata pubblicata sabato 11 maggio. L’ottava puntata seguirà TRA DUE SETTIMANE, cioè sabato 1° giugno) 

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.                                                                                                        

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Paolo Lorizzo

Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l'Università degli Studi di Roma de 'La Sapienza'. Esercita la professione di archeologo.

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