Preti "pastori" al servizio del gregge, e non "lupi rapaci" tentati da soldi e vanità

Nella Messa in Santa Marta, il Papa esorta a pregare per i vescovi e i sacerdoti, affinché non cedano alle tentazioni e orientino il loro ministero a far crescere il popolo di Dio

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“Quando un vescovo, un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo e fa tanto male alla Chiesa: fa il ridicolo, si vanta, gli piace farsi vedere, tutto potente… E il popolo non ama quello!”.

Altro che semplice catechismo! Le parole di Papa Francesco nella messa di oggi nella Casa Santa Marta sono dure e centrano uno dei malesseri che avvilisce maggiormente chi si trova dentro o fuori la Chiesa: il prete che non fa il prete, ma cede alla tentazione dei soldi e della vanità. L’omelia del Santo Padre – pronunciata davanti ad alcuni dipendenti della Radio Vaticana – non vuole essere però una condanna, ma un richiamo amorevole affinché sacerdoti e presuli siano al servizio del popolo di Dio, ed esso preghi per loro.

Le parole del Papa prendono spunto da quella che lui stesso definisce una delle “più belle pagine del Nuovo Testamento”, il brano degli Atti degli Apostoli (Atti 20, 28-30) in cui Paolo esorta gli “anziani” della Chiesa di Efeso ad essere pastori attenti ai “lupi rapaci”, e quindi a vegliare su se stessi e sul gregge.

È una raccomandazione, quella dell’Apostolo, “piena di tenerezza, di amore pastorale” – ha sottolineato il Papa – che evidenzia “un rapporto di protezione, di amore fra Dio e il pastore e il pastore e il popolo”. Perché – ha spiegato – “alla fine un vescovo non è vescovo per se stesso, è per il popolo. E un prete non è prete per se stesso, è per il popolo: al servizio di, per far crescere, per pascolare il popolo, il gregge proprio, no? Per difenderlo dai lupi”.

“È bello pensare questo!” ha esclamato Papa Francesco, aggiungendo: “Quando in questa strada il vescovo fa quello è un bel rapporto col popolo […] E quando il prete fa quel bel rapporto col popolo, viene un amore fra di loro, un vero amore, e la Chiesa diventa unita”. 

Proprio dal rapporto con il suo popolo, il vescovo o il prete traggono la linfa vitale per il proprio ministero. Il Pontefice, infatti, lo definisce un rapporto “esistenziale, sacramentale”. Tuttavia “anche il vescovo e il prete possono essere tentati”, ha detto il Papa con grande sincerità, perché “anche noi siamo uomini e siamo peccatori”.  Per questo, ha aggiunto, “abbiamo bisogno delle vostre preghiere”, per non cadere nelle tentazioni.

Due, in particolare, sono le tentazioni che già Sant’Agostino, commentando il profeta Ezechiele, aveva indicato: “La ricchezza, che può diventare avarizia, e la vanità”. Diceva il vescovo di Ippona: “Quando il vescovo, il prete si approfitta delle pecore per se stesso, il movimento cambia: non è il prete, il vescovo per il popolo, ma il prete e il vescovo che prende dal popolo […] Prende la carne per mangiarla alla pecorella, si approfitta; fa negozi ed è attaccato ai soldi; diventa avaro e anche tante volte simoniaco. O se ne approfitta della lana per la vanità, per vantarsi’”.

Papa Francesco non è da meno, e aggiunge: “Quando un prete, un vescovo va dietro ai soldi, il popolo non lo ama e quello è un segno. Ma lui stesso finisce male. San Paolo ricorda di aver lavorato con le sue mani, non aveva un conto in banca, lavorava”.

Il Santo Padre ha quindi ribadito l’invito a pregare per loro, uomini di Chiesa, “perché siamo poveri, perché siamo umili, miti, al servizio del popolo”. Ancora una volta, poi, ha esortato a meditare sulla lettura degli Atti, in particolare sul versetto in cui San Paolo dice: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue”.

“Leggete questa bella pagina – ha detto Papa Francesco – e leggendola pregate, pregate per noi vescovi e per i preti. Ne abbiamo tanto bisogno per rimanere fedeli, per essere uomini che vegliano sul gregge e anche su noi stessi, che fanno la veglia proprio, che il loro cuore sia sempre rivolto al suo gregge”. Ha poi concluso: pregate anche “che il Signore ci difenda dalle tentazioni, perché se noi andiamo sulla strada delle ricchezze, se andiamo sulla strada della vanità, diventiamo lupi e non pastori, pastori. Leggete questo e pregate”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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