Il culto mariano e il Vaticano II

La “Lumen Gentium” e altri importanti documenti conciliari sono una chiave per comprendere con pienezza il ruolo della Madre di Dio nella storia della salvezza

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Perché è importante ricordare i 50 anni che ci separano dal Concilio? Molti sarebbero i motivi, ma vale la pena citarne due in particolare: innanzitutto perché i cristiani dai sessant’anni in giù lo conoscono poco o per nulla, escluso, chiaramente chi lo ha studiato.    

Il secondo motivo è subordinato al primo: l’immensa luce che il Vaticano II ha proiettato sul retto culto mariano.

Va detto in premessa che il Concilio Vaticano II è stato il concilio ecumenico che ha emanato il più organico documento dottrinale su Maria nella storia della Chiesa: il capitolo VIII della costituzione dogmatica Lumen gentium.

Troviamo tuttavia altre indicazioni nella costituzione sulla liturgia  Sacrosanctum Concilium (103), nel decreto Presbyterorum ordinis (18), nel decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes (42), nel decreto sulla formazione dei sacerdoti e dei seminaristi Optatam totius (8) e nel decreto sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis (25). 

In questa sede ci soffermeremo sull’incarnazione del Verbo e sulla maternità di Maria alla luce del Vaticano II. 

Al centro dell’insegnamento conciliare c’è una maternità che le Sacre Scritture presentano come opera dello Spirito Santo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35).

In questo senso il Concilio ha riconosciuto il cuore della dignità di Maria. Scrive la Lumen gentium (cap. VIII, n°56): “abbracciando la volontà divina di salvezza con tutto il cuore e senza impedimento di alcun peccato, (Maria) si è dedicata totalmente, quale serva del Signore, alla persona e all’opera del suo Figlio, mettendosi al servizio del ministero della redenzione sotto di lui e con lui, per la grazia di Dio onnipotente”.

I padri del Concilio, riconoscono in Maria, l’accettazione del disegno di Dio e una sua cooperazione che va compresa bene: da una parte l’iniziativa di Dio dipende solo dal suo libero e assoluto amore; dall’altra il consenso (fides et ratio) di Maria libero e totale.

Maria ha capito bene e in profondità quello che Dio le chiedeva? Il Concilio insegna che Maria, “arricchita di doni corrispondenti alla sua così alta funzione”, ha attivamente e responsabilmente preso parte all’incarnazione senza che questo fosse frutto di una sua scelta ex ante. Maria è la terra che ha accolto la Parola, la terra offerta e predisposta all’opera di Dio: “la terra ha dato il suo frutto, ci ha benedetto Dio, il nostro Dio” (Sal 67,7).

Maria è l’icona del tutto singolare, in cui la grazia, produce la vita e le dà forma.

I padri del Concilio descrivono la presenza di Maria a fianco di Cristo con queste stupende pennellate: “[…] la beata vergine Maria ha percorso il suo pellegrinaggio di fede e ha serbato fedelmente la sua unione col Figlio fino ai piedi della croce dove, non senza un disegno divino, fu presente in dolorosa compassione col suo unigenito Figlio, associandosi con animo materno al suo sacrificio e unendo il suo amorevole consenso all’immolazione della vittima che lei stessa aveva generato” (Lumen gentium, cap.VIII, n° 58).

Maria, chiamata dalla Storia della Salvezza a partecipare al progetto divino, ci ricorda che lei è la porta che conduce a Cristo; comprendere con l’intelligenza della fede il posto che il Padre ha attribuito a Maria vuol dire costruire la nostra fede in Cristo sulla roccia; è per salvare la verità di Cristo che la Chiesa ha riconosciuto e definito il ruolo di Maria.

In conclusione rimandiamo alle note del cap. VIII della Lumen gentium; nello specifico i nn° 55-59, dove viene presentato un apparato critico di note, con riferimenti biblici e patristici assai importanti, che sono d’aiuto nel discernimento per il retto culto mariano.

Approfondire con fides et ratio il ruolo di Maria nella vita della Chiesa e dei fedeli, è importante per saper evitare le diverse deformazioni (sempre presenti nella storia della Chiesa) che minacciano la retta fede mariana: da un lato il tentativo generalizzato di demitizzare il culto mariano, d’altro il rischio di cadere nel sentimentalismo o in una specie di surrogato affettivo; fino agli estremisti, che arrivano a mettere Cristo subordinato alla Madonna.

Il Concilio Vaticano II ha donato un grande contributo per  il retto culto alla figlia di Sion.

Dunque questo Figlio di Dio, nostro Signore, che è verbo del Padre è anche Figlio dell’uomo, poichè da Maria, che aveva avuto la generazione da creature umane ed era ella stessa creatura umana, ebbe la nascita umana e divenne Figlio dell’uomo. Perciò il Signore stesso ci dette un segno, in profondità e in altezza, segno che l’uomo non domandò, perché non si sarebbe mai aspettato che una vergine potesse concepire e partorire un figlio continuando ad essere vergine, e il frutto di questo parto fosse – Dio-con-noi; che egli discendesse nelle profondità della terra a cercare la pecora che era perduta, e in effetti era la sua propria creatura, e poi salisse in alto ad offrire al Padre quell’uomo che in tal modo era stato ritrovato”. Sant’Ireneo, Adv. Haer., II, 19, 3 PG 7, 941A

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Carmine Tabarro

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