La liturgia di questa domenica ci offre la possibilità di meditare sul mistero glorioso dell’Ascensione di Gesù Cristo al cielo.
Il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli riportano vari particolari per comprendere meglio il significato profondo di questa solennità.
La finale del Vangelo di Luca riporta in poche parole questo evento così singolare nella storia dell’umanità. ”Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.” (Lc 24, 50-53).
Il primo aspetto da evidenziare è il luogo dove avviene la salita al cielo. Prima di tutto dobbiamo ricordare che Betania, il monte degli Ulivi, è il luogo dove ha avuto inizio la sua passione, è il luogo dove il Signore Gesù Cristo ha sudato sangue, è il luogo del tradimento di Giuda, è il luogo dove gli apostoli non sono stati capaci di vegliare insieme a Lui, è il luogo dove Pietro colpisce con la spada l’orecchio di Malco, è il luogo della dispersione degli apostoli. Tutti eventi dolorosi che potevano lasciare un triste ricordo dell’esperienza dei discepoli con il loro Maestro.
La scelta del luogo sembra volerci ricordare che tutti quelli eventi di dolore, di tradimento, di passione sarebbero stati rimossi dalla gioia di vedere Gesù ascendere al cielo. La gioia nel cuore dei discepoli scaturisce dalla certezza della divinità del Cristo, la certezza del suo rimanere sempre con noi.
Gesù non ha scelto di salire al cielo sul Monte Calvario, perché sul Golgota Gesù già era stato esaltato, glorificato, elevato. Ora doveva avvenire una nuova elevazione, un ascendere al di fuori dello spazio visibile dagli occhi umani, un salire fino al cielo.
Così il cielo diventa il luogo della presenza di Cristo, il luogo dove la nostra umanità divinizzata, trasfigurata entra per vivere sempre accanto a Dio. Pensando al nostro futuro questa festa ci risponde alla domanda sul destino della nostra vita dopo la morte. Non è solo la nostra anima a partecipare alla vita eterna, ma anche il nostro corpo mortale sarà reso glorioso e vivrà per sempre con Dio.
E questo salire al cielo non riguarda solo la nostra vita futura, ma abbraccia anche il presente, perché vivendo la comunione con Gesù veniamo anche noi afferrati verso il cielo in una intima relazione con Dio.
Oggi abbiamo la certezza sulla nostra origine, oggi ci viene svelato il senso del nostro pellegrinaggio terreno, oggi conosciamo la meta finale del nostro cammino in questo mondo. Veniamo dal cielo, camminiamo pellegrini sulla terra per compiere la missione ricevuta dal Padre, e alla fine torneremo al cielo. Nulla sarà perso di quanto fatto sulla terra, ogni nostro piccolo gesto assume un valore altissimo, un valore eterno. Saranno proprio gli eventi dolorosi, che ora non comprendiamo, ad essere il nostro trampolino di lancio verso il cielo, verso l’eternità, verso Dio.
Leggiamo la parte del libro degli Atti degli Apostoli dove si parla dell’ascensione al cielo:
“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».” (At 1,8-11)
Gesù ascende al cielo immediatamente prima della promessa di inviare lo Spirito Santo ed immediatamente prima di aver invitato i suoi discepoli ad essere testimoni del suo amore in ogni angolo della terra.
Subito dopo fu elevato e una nube lo sottrasse al loro sguardo. La nube è un simbolo del Vecchio e del Nuovo Testamento, che è sempre legata alla manifestazione di Dio. La nube la troviamo durante la teofania sul monte Sinai, sopra la tenda dell’alleanza del deserto, sopra il monte della trasfigurazione. La nube è associata alla presenza di Dio, alla regalità di Cristo che siede alla destra di Dio.
Tutto questo ci ricorda la situazione della nostra esistenza terrena. Gesù Cristo, dopo averci mostrato il volto del Padre, torna ad essere una realtà invisibile. Questo non vederLo con gli occhi non significa che Egli non esiste, non significa non avere la possibilità di cogliere la sua regalità, la sua potestà, la sua protezione. Noi possiamo comprendere la presenza di Dio solo quando viviamo un totale abbandono verso Lui, quando siamo umili servi compiendo il suo volere. Solo così possiamo diventare testimoni autentici e luminosi della sua presenza, del suo agire, della sua gloria.
E questo scoprire la sua presenza, il suo rimanere vivo accanto a Dio Padre non lo possiamo sperimentare guardando il cielo, rimanendo immobilizzati tutta una vita. Gesù ci invita ad essere operosi durante il pellegrinaggio terreno, ci invita a prolungare la Sua missione salvifica attraverso la Chiesa. Lo Spirito Santo che ha promesso di mandare prima di ascendere al cielo, permetterà ai discepoli di amare come Lui ci ha amato, riunirà in un solo corpo tutti gli uomini.
Allora la missione della Chiesa è quella di essere come quei due uomini in bianche vesti, uomini purificati dal fuoco dell’amore per annunziare al mondo intero che Gesù non ci ha abbandonato salendo in cielo, ma che Egli rimane in una maniera nuova in mezzo a noi. L’attesa viene fortificata dalla speranza che scaturisce dal vivere con impazienza il Suo ritorno che avverrà alla fine di tempi in una maniera tale da essere visibile a tutti.