Cura e accompagnamento del neonato fragile e dei genitori (Prima parte)

Bioetica & Bambini | Quando è più importante prendersi cura

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Certamente il goal primario di noi neonatologi è la guarigione dei nostri pazienti tramite la rianimazione e la cura intensiva con l’uso di terapie mediche e chirurgiche. La nostra terapia intensiva neonatale è sorta per questo motivo. Il nostro goal e la nostra speranza è dunque di salvare la vita di tutti i neonati che curiamo e molte volte ci riusciamo.

A volte, però ci troviamo di fronte a piccoli pazienti che, purtroppo, non possono trarre beneficio dalla terapia intensiva, in quanto sono affetti da patologie cosidette life-limiting o sono in condizioni terminali, magari dopo settimane e settimane di terapia intensiva.

Quando, in tutti questi casi, l’impossibilità della sopravvivenza diventa palese, si profila un grosso rischio, che è quello dell’abbandono del paziente e della sua famiglia. Questi bimbi, dunque, che avranno una vita molto breve, richiedono un trattamento medico e infermieristico specifico, alternativo, appropriato per la loro condizione. (1)

La nostra proposta è una cura medica innovativa e personalizzata, che definisco comfort care e che avviene nell’esperienza dell’hospice neonatale. Questa attività non è partita da un idea o da un progetto, ma in qualche modo mi è stata proposta dalla realtà stessa. Lavorando come neonatologa alla Columbia University, e facendo parte del team di diagnosi prenatale, mi sono trovata di fronte ad alcune mamme che aspettavano bimbi affetti da queste terribili malattie e non ho potuto sottrarmi al desiderio di aiutare anche loro. Dal 2006 ad oggi ho seguito una cinquantina di bimbi che sono stati diagnosticati con patologie incompatibili con la vita o in condizioni terminali nel mio ospedale. E, prendendomi cura di loro, ho sviluppato una metodologia e dei punti fondamentali che definiscono il comfort care, proprio seguendo questo punto. (2)

I candidati per il comfort care sono neonati affetti da condizioni life-limiting. Alcune di queste condizioni  mediche non sono compatibili con la vita al di là di pochi minuti o qualche ora anche con rianimazione e ventilazione meccanica. Esempi sono la agenesia renale bilaterale, idrope fetale grave, limb-body wall complex. Poi ci sono altre condizioni dove l’onere delle cure intensive eccede i benefici in termini di lunghezza della vita. Esempi sono la trisomia 13 o 18, specie se complicate con altre anomalie cardiache, renali, gastro-intestinali, e cerebrali. Altri candidati per il comfort care sono quei neonatini che, dopo essere stati trattati con terapia intensiva, magari per lungo tempo, entrano nello stato terminale.

Di fronte a questi neonati, che pur restano nostri pazienti, ci siamo fatti questa domanda: come trattiamo questi bimbi, che non possono essere curati con la terapia intensiva tradizionale? Come li possiamo aiutare? Esiste un trattamento medico che si prenda cura dei loro problemi medici speciali?

 Se un neonatino vive anche per 7 minuti, in quei 7 minuti noi vogliamo dedicare la nostra attenzione, energia, esperienza e capacità professionali per rendere la sua vita più comfortable — confortevole.

Quei 7 minuti sono tutta la sua vita, per cui sono preziosissimi e noi abbiamo la responsabilità di aiutare questo bimbo ad essere il più possibile in comfort. Il comfort care nasce così, dalla necessita di assicurare un trattamento medico adeguato a pazienti con una vita brevissima.

Ma in cosa consiste precisamente il comfort care?

Questa espressione è molto usata in campo medico, con significati talvolta molto differenti. È veramente triste il riscontro che il comfort care può’ essere ridotto a qualcosa come: sii gentile col paziente e la sua famiglia, ma non c’è un piano di cura perché non c’è più niente da fare. Questo non è comfort care. Non è proprio vero che non c’è più nulla da fare, anzi, c’è sempre molto che possiamo fare per loro.

Con questi pazienti dobbiamo cambiare le regole di reparto, essere creativi, e usare tutte le nostre conoscenze mediche e la nostra esperienza professionale per aiutarli ad essere in una situazione di comfort. Il comfort care è dunque un trattamento medico e infermieristico per neonati affetti da condizioni life-limiting, o in condizioni terminali 13 incentrato sul raggiungimento del comfort del paziente. (3,4)

I capisaldi del comfort care consistono nella soddisfazione di alcuni bisogni primari. Il neonato ha bisogno di essere accolto, di essere tenuto al caldo, di non soffrire la fame o la sete e di non soffrire dolore.

Sono bisogni semplici, ma richiedono tutta la nostra capacità ed esperienza medica per rispondervi in modo adeguato. Infatti il tipo di terapia che proponiamo per aiutare il bimbo ed i suoi genitori a ‘sentirsi bene’ vengono da osservazioni evidencebased sulla cura del dolore nei neonati. (5-7)

Per questo motivo abbiamo anche allestito una camera privata per il comfort care nella nostra terapia intensiva, per permettere una certa privacy alla famiglia col bimbo che sta morendo. Può succedere talvolta che la famiglia non sia disponibile a tenere in braccio il bimbo in condizioni terminali, per varie ragioni. In questi casi sarà il personale medico, infermieristico o i volontari a cullare il bimbo nella sua breve vita. (8)

Un altro bisogno primario del neonato è la necessità di essere tenuto al caldo. È sempre necessaria una valutazione attenta della capacità del neonato di mantenere la temperatura corporea, sia che sia tenuto in braccio dai genitori o dal personale, oppure in una culla aperta o in incubatrice. La kangaroo care viene anche usata molto spesso, specialmente per bimbi molto piccoli. (9)

Quando prevediamo che un neonato, affetto da una condizione life-limiting, supererà le 12-24 ore di vita, dobbiamo anche preoccuparci della sua idratazione e nutrizione. Ancora, valutando caso per caso, il bambino potrà essere allattato al seno o col biberon, o, in caso di suzione non valida, con un contagocce, una siringa o attraverso un sottile sondino nasogastrico. (10)

In casi eccezionali, sempre con lo scopo di favorire il conforto del paziente, è possibile utilizzare temporaneamente l’alimentazione intravenosa.

Potrebbe anche essere necessario il posizionamento chirurgico di una gastrostomia, ma in ogni caso ogni intervento deve essere giudicato in base al conforto del paziente.

Infine il dolore deve essere attentamente valutato in ogni paziente e può essere sempre trattato adeguatamente.

(La seconda parte segue domani, lunedì 13 maggio)

*

NOTE

1. Bhatia J. Palliative care in the fetus and newborn. J Perinatol (2006) 26:S24–S26

2. Parravicini E. Is ‘comfort’ care a ‘medical’ care? Observations on a neonatal population. J Med Per (2012) 10:41-45

3. Breeze ACG, Lees CC, Kumar A, MissfelderLobos HH, Murdoch EM. Palliative care for prenatally diagnosed lethal fetal abnormality. Arch Dis Child Fetal Neonatal (2007) Ed 92:F56–F58

4. D’Almeida MD, Hume RF Jr, Lathrop A, Njoku A, Calhoun BC. Perinatal hospice: family-centered care of the fetus with a lethal condition. J Am Phys Surg (2006) 11(2):52–55

5. Carter BS, Jones PM, Evidence-based comfort care for neonates towards the end of life, Seminars in Fetal & Neonatal Medicine (2012), http://dx.doi.org/10.1016/j.siny.2012.10.012

6. Anand KJ, Hall RW. Love, pain, and intensive care. Pediatrics (2008);121:825–827

7. Bellieni CV, Tei M, Coccina F, Giuseppe Buonocore G. Sensorial saturation for infants’ pain. The Journal of Maternal-Fetal and Neonatal Medicine (2012); 25(S(1)): 79–81

8. Whitfield JM, Siegel RE, Glicken AD, Harmon RJ, Powers LK, Goldson EJ. The application of hospice concepts to neonatal care. Am J Dis Child (1982) 136:421–424

9. Kymre IG and Bondas T. Skin-to-skin care for dying preterm newborns and their parents – a phenomenological study from the
perspective of NICU nurses. Scand J Caring Sci (2012) doi: 10.1111/j.1471-6712.2012.01076.x

10. Carter BS, Bhatia J. Comfort/Palliative Care Guidelines for Neonatal Practice: Development and Implementation in an Academic Medical Center. Journal of Perinatol (2001); 21:279 – 283.

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Elvira Parravicini

Neonatologa e Assistente di Clinica Pediatrica Columbia University New York

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