Riprendiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta ieri da monsignor Tommaso Caputo, arcivescovo di Pompei e delegato pontificio, in occasione della tradizionale Supplica alla Madonna di Pompei.
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Cari pellegrini presenti qui a Pompei, benvenuti!
Cari fratelli vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, autorità civili e militari,
carissimi fedeli che ci seguite grazie ai mezzi di comunicazione sociale: ammalati, anziani, carcerati, vi giunga il mio più affettuoso saluto, vi sentiamo presentissimi insieme a noi, in questa magnifica piazza.
1. Siamo radunati davanti alla facciata del Santuario della Beata Vergine del Rosario, dedicata alla pace e sulla cui sommità svetta la statua della Madonna.
Al termine della Santa Eucaristia, reciteremo la Supplica alla Madonna del Rosario, che il nostro fondatore, il Beato Bartolo Longo, definiva l’Ora del Mondo e che lui stesso ha composto giusto centotrenta anni fa. È una splendida preghiera che racchiude in sé tutti i dolori e le speranze dell’umanità e dà voce all’amore che dalla terra si leva verso il cielo. È tradotta in decine di lingue e recitata, oggi e la prima domenica di ottobre, da milioni di fedeli in tante parti del mondo.
Questa preghiera di Bartolo Longo è anche un grande aiuto per il conseguimento della nostra più piena maturità cristiana. Recitare la Supplica alla Madonna di Pompei significa manifestare la nostra figliolanza verso “la Madre”, che Gesù ci ha donato dall’alto della Croce, diventare intimi e familiari con Lei e con Dio. Come l’apostolo Giovanni la prese nella sua casa, anche noi abbiamo il dovere di prenderla nella nostra, nel più profondo di noi stessi (Gv 19,27), perché Ella possa riempire tutto lo spazio della nostra vita interiore, il nostro io umano e cristiano, secondo una felice espressione del Beato Giovanni Paolo II (RM, 45).
Abitando con Maria, la nostra fede debole prenderà forza dalla sua maternità, riceverà luce dai suoi consigli.
Sabato scorso, Papa Francesco, nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, dove si è recato per recitare il Santo Rosario ha affermato: «Gesù dalla croce dice a Maria, indicando Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio!” e a Giovanni: “Ecco tua madre!” (cfr Gv 19,26-27). In quel discepolo tutti noi siamo rappresentati: il Signore ci affida nelle mani piene di amore e di tenerezza della Madre, perché sentiamo il suo sostegno nell’affrontare e vincere le difficoltà del nostro cammino umano e cristiano; non avere paura delle difficoltà, affrontarle con l’aiuto della mamma».
Ha anche chiesto di pregare per lui, perché ne ha bisogno, recitando tre Ave Maria. E noi, accogliendo la sua richiesta, certamente ci impegniamo a farlo!
2. Il Rosario è la vera forza di Pompei! Ed è commovente vedere, qui a Pompei, con quale fede tante persone, anche giovani, recitano il Rosario, questa preghiera antica e sempre nuova, preghiera dalla “fisionomia mariana, dal cuore cristologico”, secondo la bella espressione del Beato Giovanni Paolo II nella Rosarium Virginis Mariae. Attraverso i misteri del Rosario ci immergiamo, in un certo senso, in un mistico pellegrinaggio, alla scuola e con gli occhi di Maria, verso Gesù, vero Dio e vero uomo, compiendo così il passo essenziale della nostra identità cristiana. Ritorna in mente, in proposito, l’insegnamento che, nell’Anno della Fede, il Papa emerito Benedetto XVI ha indicato per il Rosario, chiamato a diventare la forza dei fedeli di tutto il mondo.
Ed una conferma in tal senso viene anche da Papa Francesco, che proprio in questi giorni, continuamente ci invita a pregare il Rosario, soprattutto in famiglia.
Qui a Pompei apprendiamo che il Rosario è una pedagogia inventata da Maria, con il suo amore di Madre, per aiutarci a “imparare” Gesù. Non meditiamo forse, nei misteri del rosario, gli eventi principali della vita di Lui? E non li meditiamo imprimendoli nella mente e nel cuore per rivestirci dei suoi stessi sentimenti?
È così che si diventa “amici” di Gesù: frequentandolo assiduamente. Lo diceva il Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario, delle opere di carità e della nuova città di Pompei. Questa preghiera, così semplice da poter essere la preghiera di tutti e in tutte le circostanze, “batte il ritmo della vita umana, per armonizzarla col ritmo della vita divina”, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, come ricordava Papa Giovanni Paolo II (RVM 25), che amava dire che il Rosario era la sua “preghiera prediletta”.
Ma perché, viene da chiedersi, per sintonizzare il ritmo della nostra vita sul ritmo della vita d’amore della Trinità, occorre pregare con Maria?
La risposta la troviamo nel Vangelo dell’Annunciazione che abbiamo appena ascoltato (Lc 1, 26-38).
Guardare a Gesù con gli occhi di Maria c’insegna come deve essere il nostro cuore: aperto, pienamente affidato, quasi un calice vuoto pronto ad accogliere il dono di Dio.
Così come è stata Maria nel “fiat”, nel “si”, nella risposta all’angelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E Maria il suo “fiat” lo ha ripetuto ogni giorno, nella gioia e nel dolore, nella luce e nell’oscurità, sino ai piedi della croce e all’effusione dello Spirito nel Cenacolo.
Maria, dunque, è il modello del discepolo che segue passo passo Gesù, affinché Egli possa rivivere in lui.
Da Maria impariamo lo stile della contemplazione cristiana, che non è fuga dal mondo, ma allenamento a conservare nel cuore le parole di Gesù (cf Lc 2, 19) perché, al momento opportuno, diano frutto nella vita.
Contemplare è, quindi, specchiarsi in Colui che si contempla, Gesù, per poterlo poi rispecchiare a propria volta.
Maria, poi, non è soltanto un modello, sia pure il più alto e trasparente, del nostro cammino di immedesimazione con Gesù. È di molto di più. È la madre di Gesù ed è, spiritualmente ma realmente, la madre nostra. Maria esercita dal cielo la sua maternità verso di noi. Se ci avviciniamo a lei con fiducia e disponibilità, ci nutre di quel latte spirituale che genera in noi la vita di Dio.
3. E concludiamo. Il fondatore della nuova Pompei, l’Avv. Bartolo Longo, ha unito in questo luogo, per un provvidenziale disegno, fede e carità. Egli diceva che: “Carità senza Fede sarebbe la suprema delle menzogne. Fede senza Carità sarebbe la suprema delle incongruenze”. Le opere di carità da lui iniziate, continuano ancora oggi, adattandosi ai bisogni odierni. La nostra società, pur così avanzata in molti campi, non riesce a sottrarsi al peso di ritardi e ingiustizie sociali. Queste opere – per i figli dei carcerati, per la gioventù in difficoltà, per i bambini, per gli anziani, per i tossicodipendenti, per le ragazze madri – vengono portate avanti anche con la generosa presenza delle Suore Domenicane del Santo Rosario, fondate dallo stesso Beato, dei benemeriti Fratelli delle Scuole Cristiane e di tanti altri. Si tratta di opere di carità che si sostengono con l’aiuto generoso di fedeli di tutto il mondo.
Ed in questo, il Santuario di Pompei vuole continuare ad essere l’avamposto di un modello di amore solidale, l’altro nome, potremmo dire, della carità, nella fedeltà alla vocazione stessa della città di Bartolo Longo.
In un tempo di crisi, che preoccupa e crea disagi nella società e in molti nuclei familiari, specie nel Meridione, per mancanza di lavoro, soprattutto tra i giovani, Pompei, ripensando alle sue origini e all’ispirazione di Bartolo Longo, vuole oggi offrire la realtà di una fede viva che rigenera e che forma cittadini impegnati giorno per giorno nel costruire una società giusta e solidale.
Tutto questo sotto lo sguardo di Maria, Vergine del Rosario.
Qui tutto sembra convergere in una spinta delicata ma decisa, proveniente dallo Spirito Santo, Divino artista della storia di Dio con gli uomini, affinché ci mettiamo alla scuola di Maria per imparare Gesù. Il Gesù di sempre e il Gesù che, anche attraverso di noi, vuol vivere nel nostro tempo come Luce e salvezza per tutti.
Apriamogli il nostro cuore e portiamolo, così, nel mondo!