Nella comunicazione del taglio dei tassi di interesse del 0,25 %, Mario Draghi, governatore della BCE, ha annunciato che la BCE e la Banca Europea degli investimenti stanno studiando il problema del credit crunch e di come far arrivare credito alle piccole e medie imprese attraverso la creazione di un mercato per la cartolarizzazione dei prestiti. Il governatore della BCE è preoccupato dal corto circuito delle banche del Sud Europa a concedere nuovi prestiti, nonostante l’abbondante liquidità iniettata nel sistema bancario.
Le banche non prestano perché le tre recessioni, dal 2008, dei paesi PIIGS, ha fatto salire il rischio di credito, perché i loro attivi sono intaccati di crediti deteriorati, perché sottocapitalizzate, e perché finora l’investimento in titoli di Stato era un investimento migliore rispetto alla concessione dei prestiti alle imprese.
Draghi ha fatto capire che non esclude mettere in campo tutti gli strumenti per invertire questa tendenza, anche se deve combattere con gli interessi dei paesi forti. Dalle notizie della stampa, il governatore della BCE avrebbe voluto far scendere il tasso di interesse di mezzo punto percentuale anziché di un quarto.
Questa manovra avrebbe ridotto lo spread sui titoli di Stato del Sud Europa rendendo più attraente per le banche prestare alle imprese anziché comprare debito pubblico. Con ogni probabilità un taglio dei tassi di questa portata avrebbe indebolito il tasso di cambio, rendendo più competitive le imprese dei paesi PIIGS. Inoltre Draghi ha prospettato di far pagare alle banche il “parcheggio” della liquidità in eccesso presso la BCE (deposit facility).
In altre parole, il governatore della BCE è convinto che per rimettere in moto l’economia reale dei paesi del Sud Europa, ci sia bisogno di far arrivare la liquidità alle famiglie e alle imprese.
Questo è dimostrato dai Talf – Term Asset-Backed Securities Loam Facility, caso di successo messo in campo dalla FED, la Federal Reserve, ossai la Banca Centrale degli Stati Uniti d’America, e dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Avviato il 25 novembre 2008, il programma Talf aveva la missione di far giungere la liquidità alle imprese e alle famiglie. Per raggiungere questo obiettivo in piena crisi finanziaria, la FED ha rivitalizzato il mercato delle cartolarizzazioni dei mutui non immobiliari, finanziando praticamente l’acquisto di pacchetti di prestiti emessi dalle banche e da altri intermediari, e assumendosi una parte importante del rischio di credito.
Il Talf aveva un budget di 200 miliardi di dollari, e ha erogato finanziamenti per circa 70 miliardi. I risultati positivi sul mercato dei prestiti cartolarizzati si sono visti subito.
Nei primi tre mesi del 2009 furono emessi 35 miliardi di nuove obbligazioni collateralizzate, e ciò contribuì in modo determinante a riavviare un mercato che si era bloccato a causa della crisi finanziaria (a fine 2008 le nuove emissioni erano praticamente azzerate). I risultati di queste politiche economiche si intravedevano già da qualche mese, ma venerdì sono stati chiari oltremodo: il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi dal 2008 (7,5 %), il Pil al 3 % e le Borse Usa infrangono tutti i record.
Ma mentre negli Stati Uniti il problema era rimettere in moto un mercato esistente che la crisi finanziaria aveva congelato, in Europa il problema è più complesso, perché non esiste un mercato per le cartolarizzazioni dei prestiti alle imprese e alle famiglie. Per questo è fondamentale dare vita a questo mercato.
L’esperienza di successo americana è adattabile alle esigenze europee. Per rimettere in moto l’economia reale dei paesi PIIGS e spingere le banche del Sud Europa a concedere nuovi prestiti, non basta offrire liquidità a basso prezzo. E’ fondamentale rimuovere o alleggerire il rischio di credito dai bilanci delle banche e allentare i vincoli sul capitale delle banche.
Soprattutto, è fondamentale facilitare lo sviluppo di un nuovo mercato delle cartolarizzazioni che attragga capitali liquidi che acquistino i prestiti originati dalle banche. Inoltre la banca centrale europea dovrebbe assumersi una parte del rischio di credito.
Un mercato di questo tipo non potrebbe essere attivato dai singoli paesi, ma, dal momento che il problema è comune ai paesi del Sud Europa, è indispensabile interrompere la frammentazione dei mercati finanziari europei. In altre parole sarebbe molto meglio se l’iniziativa fosse presa dalla Bce.
Purtroppo l’Europa politica è divisa, quindi gli unici ostacoli ad una rapida realizzazione di un Talf europeo non sono tecnici, ma politici. Difatti la BCE dovrebbe assumere una parte del rischio di credito sui prestiti cartolarizzati, e poiché i rischi oggi sono concentrati nel Sud Europa, vi sarebbe una redistribuzione del rischio all’interno dell’area euro. Questa “solidarietà” è esattamente ciò che i paesi del Nord Europa non vogliono.
Dobbiamo riconoscere che, oggi, in Europa, esiste una sola istituzione capace di perseguire l’interesse dell’intera area dell’euro, ed è la BCE. L’egoismo del Nord Europa sta sempre più aggravando la crisi del Sud Europa buttando nel dramma milioni di persone e famiglie. E l’uscita sembra difficile.
Come tutti gli egoismi che rendono ciechi, anche i paesi del Nord Europa non vedono che si stanno tagliando da soli il ramo sul quale stanno “comodamente” seduti.
Dunque, se l’annuncio di Draghi sulla disponibilità ad acquistare titoli di Stato (le cosiddette Omt) fosse stato fatto nel 2011 anziché nel luglio del 2012, sicuramente la crisi si sarebbe fermata prima e oggi non avremmo dovuto pagare un conto cosi drammatico, dal punto di vista sociale e democratico.