"Dite il Rosario ogni giorno!"

La lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” (Quarta parte)

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di padre Mario Piatti icms,
direttore del mensile “Maria di Fatima”

ROMA, giovedì, 25 ottobre 2012 (ZENIT.org).– Nella felice coincidenza di anniversari, che ormai ben conosciamo, questo ottobre del 2012 ci ha provvidenzialmente regalato anche il decennale della Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae. Giovanni Paolo II volle farci partecipi, allora, della sua particolare predilezione per questa preghiera “mariana”, vera meditazione affettiva, tutta incentrata sulla Persona di Gesù, amato e contemplato, lungo lo scorrere dei Misteri, attraverso il Cuore di sua Madre.

È impossibile ripercorrere quel documento senza avvertire la forza e la bellezza che scaturiscono dalla recita assidua e devota del Rosario. Esso rivela ancora, in misura sorprendente, la sua densità biblica, teologica e spirituale: preghiera degli umili, sa parlare anche al cuore dei dotti e dei sapienti, muovendo il nostro spirito alla contemplazione e all’azione. Chi è fedele a questa pratica non faticherà a sostare dinanzi al Santissimo Sacramento e ad adorare la presenza reale del Signore; non esiterà a impegnarsi in un cammino quotidiano di autentica carità, in casa o verso il prossimo che incontra sul lavoro, in parrocchia, nei Movimenti ecclesiali o nel tempo libero.

L’intrecciarsi di eventi e di anniversari, che ha caratterizzato in modo speciale questo ottobre 2012, ci ricorda come una proficua riflessione sui documenti conciliari –inserita nel grande respiro di una tradizione bimillenaria- e una lettura attenta e approfondita del Catechismo non possono prescindere da una devozione mariana vivace e genuina, fortemente radicata nel tessuto della vita e capace di sostenere il cammino gioioso, seppure impegnativo e sofferto, della Fede.

L’esistenza stessa di Giovanni Paolo II fu come un succedersi incessante di misteri, del gaudio e del dolore, che attraversarono i suoi giorni, in una totale donazione di sé, nel servizio assiduo dei fratelli e della Chiesa. Forse per questo il Rosario fu la sua preghiera preferita, grazie alla quale seppe costantemente ricondurre a Cristo le difficoltà e le prove della vita, senza mai disperare, ma rileggendo, con il Cuore della Vergine, vicende tristi o liete; avvenimenti tragici, come la Guerra e la successiva dittatura comunista, e circostanze liete, come il suo “iter” vocazionale e le progressive e crescenti responsabilità ecclesiali, a beneficio di moltissima gente. La sua preoccupazione di guidare il Popolo di Dio in un’epoca di profondi travagli e cambiamenti ebbe il continuo sostegno della Eucaristia e della materna presenza di Maria Santissima, a cui egli affidò ogni passo compiuto verso l’inizio del Terzo Millennio e oltre.

La “Nuova Evangelizzazione”, incessantemente richiamata e proposta da Papa Wojtyla come sola via percorribile, per ridare finalmente respiro a un mondo scristianizzato e idealmente sempre più demotivato, passava e passa necessariamente attraverso la conversione personale, la adesione interiore a Cristo e un vero rinnovamento interiore, che nel Cuore Immacolato trova una inesauribile sorgente di luce e di Grazia. Pretendere di fare a meno di Lei significa, ancora una volta, rischiarare di sclerotizzare e di burocratizzare la Fede e di impoverire il nostro rapporto con Dio, spegnendo la tensione verso la santità.

Per puntare alla misura alta della vita cristiana, l’apporto di Maria non è mai marginale né facoltativo: fa parte, anzi, della essenza stessa del Vangelo, in quanto è Maria la risposta più vera e più bella a Cristo Signore. Il Rosario, come nella esperienza di Giovanni Paolo II, deve rappresentare anche per noi una vera scuola di vita, di contemplazione, di meditazione evangelica, di “preghiera del cuore”, che scandisce giorni e mesi nel ritmo della Fede, che ridona la pace alle coscienze e la implora per il mondo, che contribuisce a edificare autentiche “personalità cristiane”, aperte alla Grazia dei Sacramenti e capaci –come la Vergine- di gesti sinceri di perdono e di riconciliazione.

Si potrebbe essere tentati –scriveva il Papa (RVM 26)- di ritenere il Rosario una pratica arida e noiosa. Ben altra considerazione, invece, si può giungere ad avere della Corona, se la si considera come espressione di quell’amore che non si stanca di tornare alla persona amata con effusioni che, pur simili nella manifestazione, sono sempre nuove per il sentimento che le pervade”. E proseguiva: “In Cristo, Dio ha assunto davvero un «cuore di carne». Egli non ha soltanto un cuore divino, ricco di misericordia e di perdono, ma anche un cuore umano, capace di tutte le vibrazioni dell’affetto… se la ripetizione dell’Ave Maria si rivolge direttamente a Maria, con Lei e attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va l’atto di amore. La ripetizione si alimenta del desiderio di una conformazione sempre più piena a Cristo, vero programma della vita cristiana… Il Rosario ci aiuta a crescere in questa conformazione fino al traguardo della santità”.

Accogliendo, dunque, ancora, idealmente, dalle mani di Giovanni Paolo II la Rosarium Virginis Mariae, perché sia letta e meditata da ciascuno in questo esordio dell’ “Anno della Fede”, concludiamo con una significativa espressione di Suor Lucia di Fatima: “Io credo che, dopo la preghiera liturgica del santo Sacrificio della Messa, la preghiera del santo Rosario, per l’origine e la sublimità delle preghiere che lo compongono e per i misteri della Redenzione che ricordiamo e meditiamo ad ogni decina, sia la preghiera più gradito che possiamo offrire a Dio e di maggior profitto per le nostre anime. Se così non fosse, Nostra Signora non ce l’avrebbe raccomandata con tanta insistenza” (da Gli Appelli del Messaggio di Fatima, LEV, 2001, p. 123). Tutta la lunga vita di Suor Lucia conferma e avvalora queste parole.

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ZENIT Staff

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