di mons. Manuel José Macario 

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 14 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito il discorso di S.E.R. Mons. Manuel José Macario Do Nascimento Clemente, Vescovo di Porto in Portogallo, alla Nona Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (13 ottobre 2012).

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La “novità” della Nuova Evangelizzazione non può essere altra che la riscoperta e l’approfondimento della novità costante di Cristo, nelle attuali circostanze della Chiesa e del mondo. Circostanze che, nel mio paese, si definiscono, inoltre, come una popolazione molto mobile e spesso opaca nella mentalità.

La mobilità della popolazione aggiunge all’esodo rurale verso la città la facilità di comunicazioni quotidiane tra i diversi locali, con punti successivi di fissazione o di passaggio, per motivi di lavoro o di riposo (fine settimana). L’opacità può derivare dalla maggiore densità delle “realtà temporali” quando assorbono l’attenzione immediata e le intenzioni a medio termine, non aprendo facilmente all’orizzonte spirituale e religioso. Si generalizza così il secolarismo personale e ambientale.

Queste circostanze portano problemi relativamente “nuovi” all’evangelizzazione, almeno per l’intensità con cui si presentano. Le comunità che erano più stabili, come le famiglie e le parrocchie, dove la conoscenza di Cristo e la vita cristiana si trasmettevano naturalmente, non sussistono più così e non integrano facilmente i loro membri, soprattutto i più giovani.

La dispersione e l’itineranza rendono difficoltosa la convivenza abituale, familiare e comunitaria. L’individualizzazione della vita, potenziata dalla tecnologia, induce al soggettivismo e al virtualismo che rarefanno la realtà sociale ed ecclesiale. Di conseguenza, non è facile abbinare l’individuo e la società, o il credente e la comunità. Niente di facile in effetti.

Credo, quindi, che la “novità” da cercare per l’evangelizzazione di oggi si prospetti come riscoperta del Cristo vivente nella coesistenza di comunità specifiche. Queste, a loro volta, dovranno integrare i collegamenti interpersonali, oggi indispensabili: comunità intercomunitarie, punti fissi, ma interconnessi. In ogni caso indispensabilmente comunitarie, perché sappiamo che è quando rimaniamo insieme che meglio sperimentiamo e condividiamo la presenza del Risorto in mezzo a noi (cfr Gv 20,26).

Le prime comunità, nutrite da conversioni autentiche e attraverso una vera iniziazione cristiana, hanno originato, dalla stessa testimonianza vitale e dalla riflessione dei loro pastori, espressioni e pratiche sociali e culturali di vasta portata. Le comunità monastiche e parrocchiali che ne seguirono diedero anima e corpo al cristianesimo medievale, con splendidi risultati in diversi ambiti, sia eruditi sia popolari.