a cura di A.G.
ROMA, sabato, 13 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Nonostante da più parti nel mondo ci sono gruppi che si oppongono alla ricerca, all’applicazione e all’utilizzo delle biotecnologie vegetali, la verità scientifica sta emergendo in maniera sempre più evidente.
La ricerca e lo sviluppo di biotecnologie vegetali potrebbe nel giro di pochi anni trasformare le fattorie in luoghi dove si produrrà non solo cibo, ma carburanti, plastiche e medicinali.
Negli ultime due settimane sono accaduti fatti che confermano la bontà delle biotecnologie vegetali.
L’Osservatore Romano del due di ottobre riporta che il presidente dell’Ecuador, Rafael Carrea, ha drasticamente mutato la propria posizione riguardo alla coltivazione di organismi geneticamente modificati (ogm).
Intervistato dall’emittente Gama Tv, parlando di positivo potenziale delle biotecnologie per sviluppare piante resistenti al freddo il Presidente dell’Ecuador ha detto che “i semi geneticamente modificati possono quadruplicare la produzione e togliere dalla miseria i settori più poveri”.
Il presidente ha aggiunto di aver sbagliato a promulgare nel 2008 quella costituzione che dichiara il Paese “libero da coltivazioni e sementi transgenici”, aggiungendo di assumersi personalmente la responsabilità di non aver avuto la necessaria fermezza per evitare che la nuova Carta contenesse tale divieto.
Secondo Correa, questo sarebbe figlio di “un ambientalismo infantile” che ha in Ecuador il suo massimo rappresentante politico Alberto Acosta, già presidente dell’Assemblea costituente.
In Spagna gli agricoltori hanno aumentato la superficie di terra coltivata con mais geneticamente migliorato, aumentando la produzione, migliorando la qualità e riducendo l’utilizzo di antiparassitari.
Attualmente in Spagna sono 116.306 gli ettari di terra coltivati con mais geneticamente migliorato il che rappresenta il 30% del mais prodotto dal paese iberico.
Cioè quasi un terzo del mais coltivato in Spagna è geneticamente migliorato.
Lo scorso 28 settembre nell’ambito della manifestazione Light, organizzata dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) nell’ambito della ‘Notte dei ricercatori’, e svoltasi a Roma presso il Planetario dell’EurRoberto Defezdell’Istituto di genetica e biofisica Igb-Cnr di Napoli, ha presentato una biotecnologia vegetale di grande interesse.
Come riportato dall’Almanacco del Cnr, il prof. Defez ha spiegato che “nel corso degli ultimi 14 anni ho depositato tre brevetti Pct, cioè con estensione internazionale su una tecnologia che consente di aumentare sia la produzione di biomassa foraggi che su quella di semi di molte piante leguminose”.
“La tecnologia consiste nell’introdurre due geni per la biosintesi dell’acido 3 indol acetico (Iaa), derivati da altri batteri, in un batterio chiamato Rhizobium che, presente in tutti i suoli, sviluppa una particolare simbiosi con le leguminose e un processo detto fissazione dell’azoto”.
In parole povere, fagioli, piselli, erba medica, veccia, soia, arachidi e altre piante trattate con Rhizobium migliorato mediante questa modifica “producono almeno il 30% in più come peso secco del fusto (per uso da sfalcio come foraggio) ma anche il 30% in più come semi da granella (nel caso della soia usati principalmente come mangimi per uso zootecnico).
“Se paragonate alle stesse piante inoculate con lo stesso batterio non migliorato, – ha precisato Defez – le piante di erba medica migliorate non necessitano di fertilizzanti di sintesi chimica e hanno maggiore tolleranza a stress ambientali quali la salinità dei suoli”.
“Tale innovazione tecnologica è ottenuta per ora solo in laboratorio – ha concluso il ricercatore dell’Istituto di genetica e biofisica Igb-Cnr di Napoli – in quanto, da 12 anni, le norme impediscono ai ricercatori pubblici di sperimentare nel terreno le innovazioni ottenute e senza questa validazione in campo questi brevetti hanno un valore quasi nullo, anche qualora il Cnr che è proprietario dei tre brevetti volesse concederli in uso a un’azienda”.