di Egidio Chiarella*
ROMA, domenica, 30 settembre 2012 (ZENIT.org).- Le brutte vicende, che si stanno sempre di più diffondendo nel campo della gestione dei fondi pubblici, specie nel nostro sistema politico, oltre a reclamare un inflessibile intervento della magistratura, rimandano ad una grave crisi della natura umana dal punto di vista civico, etico e spirituale.
Un racconto biblico ci può illuminare e sostenere sulla strada del buon senso, della trasparenza e della legalità e, per chi si dice e si professa cristiano, anche della sana moralità. Il giudeo Tobi, cieco vero, non finto, sentì un giorno belare in casa sua un capretto, che la moglie aveva ricevuto in più della sua mercede. Sentito il belato, ordinò alla moglie che riportasse l’animale al suo legittimo proprietario, perché a loro, figli di profeti, popolo del Signore, dalla moralità santa, non era lecito tenere in casa alcuna cosa rubata.
La moderna società non sa cosa sia il furto: l’appropriazione di tutto ciò che non è frutto del nostro lavoro. Non dobbiamo, perciò, imbarazzarci nel dire che: È furto anche la sperequazione tra il lavoro che si dona e il compenso che si riceve. È furto non dare il lavoro secondo giustizia e poi prendere regolarmente lo stipendio. È furto timbrare il cartellino e poi uscire per occuparsi di cose personali. Ma non è furto anche un minuto sottratto indebitamente al proprio lavoro? Le modalità e le forme del furto oggi sono quasi infinite. Ogni giorno se ne inventa una nuova.
Tutto ciò che è stato rubato, deve essere restituito, per legge divina, non umana, per rientrare nella giustizia. Disse Zaccheo a Gesù nel momento della sua conversione: “Signore, di quanto possiedo metà dei miei beni la dono ai poveri. Se ho rubato qualcosa, restituisco quattro volte tanto”. Vera conversione, vero ritorno nella sana moralità.
Spesso, di questi tempi, si è lontani anni luce da questi universali e semplici pilastri di giustizia, fino al punto di esaltare, con facile arroganza, la celebre espressione: Così fan tutte… dell’opera lirica in due atti, “La scuola degli amanti”, del maestro Morzat. Un ritornello preso a prestito dai neo scippatori dei soldi pubblici, come scrive in un editoriale l’ottimo giornalista Elìa Fiorino. Non a caso, purtroppo, gli episodi di corruzione si moltiplicano, sebbene, da più parti, fiocchino i buoni propositi di cambiare rotta. La cosa, comunque, più angosciante è che, oggi, la difesa di coloro che rubano, si esplichi innanzitutto nel ribadire in coro: Così fan tutti! Ma ognuno di noi sa che le azioni degli uomini sono direttamente legate al corso degli eventi. E qui il vangelo ritorna con la sua lucida attualità, ricordandoci quanto sia stolto l’uomo che abbia costruito la sua casa sulla sabbia, perché nulla potrà fare dinnanzi alla furia delle tempeste, che prima o poi arrivano.
Cosa direbbe oggi Tobi che, al contrario, arrossì solo all’idea di utilizzare qualcosa che, a suo parere, non era dovuta alla sua famiglia?
Intanto la gente, sfiduciata, condanna e generalizza e, come ha affermato il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, cova un sentimento ostile contro la politica, che continua a sottovalutare i troppi scandali. Le persone per bene, grazie a Dio, tuttavia ci sono, ovunque! Ma è tempo che emergano presto. Con l’augurio, che quanto fu fatto in Egitto da Giuseppe, figlio di Giacobbe, possa diventare un atto di normale amministrazione delle nostre comunità: “Raccolto tutto il denaro disponibile, in cambio del grano venduto, lo consegnò interamente alla casa del Faraone”. Scioccante! Altri tempi! Si direbbe adesso. Ma se tutti gli uomini di buona volontà si intestassero, nella loro quotidiana fatica, una nuova pagina di vangelo, la Storia camminerebbe spedita verso questo nuovo modello di società! Ma questo non è il compito naturale del cristiano? Si.
* Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, collabora con il Ministero dell’Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo La nuova primavera dei giovani.
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