di Luca Marcolivio
ROMA, martedì, 18 settembre 2012 (ZENIT.org) – Come è ormai consuetudine di ogni fine estate, i parlamentari italiani hanno svolto (a loro spese) un pellegrinaggio in un luogo sacro del Medio Oriente. Dopo la Siria, la Terra Santa e la Giordania, mete degli anni passati, dal 31 agosto al 5 settembre scorsi, una cinquantina tra deputati e senatori di tutti gli schieramenti si sono recati in Turchia.
Il viaggio è stato promosso e guidato dall’on. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati, assieme a monsignor Lorenzo Leuzzi, cappellano dei due rami del Parlamento. Un’occasione di riflessione e raccoglimento in cui la normale dialettica tra le parti politiche, spesso molto accesa, ha lasciato il posto ad una condivisione della comune fede cristiana.
Le tappe del pellegrinaggio sono state nell’ordine: Tarso, Antiochia, Smirne, Efeso, Mileto, ed infine Pergamo.
Il momento più intenso, ad opinione di parecchi parlamentari pellegrini, è stata proprio la prima tappa: a Tarso, città natale di San Paolo, Apostolo delle Genti e co-patrono di Roma, gli unici cristiani rimasti sono due suore che, eroicamente, da una ventina d’anni, perseverano nella loro testimonianza di fede in un paese quasi totalmente musulmano.
L’itinerario è proseguito lungo le orme di San Paolo e delle prime comunità cristiane: dopo Tarso – dove è ancora presente una chiesa sconsacrata, un tempo dedicata all’apostolo, oggi diventata museo – i parlamentari hanno visitato Efeso, dove avvenne la “dormizione” di Maria Santissima, e dove tuttora è presente la Basilica di San Giovanni, che custodisce le reliquie dell’apostolo evangelista.
Altro momento toccante per i pellegrini è stata la visita ad Alessandretta, dove il 3 giugno 2010, fu assassinato il vescovo, monsignor Luigi Padovese.
Il percorso si è concluso a Pergamo, sede della più grande biblioteca dell’antichità dopo Alessandria, dove i parlamentati hanno assistito alla Santa Messa celebrata da monsignor Ruggero Franceschini, arcivescovo cappuccino di Smirne e presidente della Conferenza Episcopale Turca.
Raggiunto telefonicamente da ZENIT, Stefano De Lillo, medico e membro della Commissione Igiene e Sanità del Senato, ha raccontato alcuni dei momenti salienti del pellegrinaggio.
Senatore De Lillo, che tipo di popolo è quello turco?
Stefano De Lillo: È un popolo molto ospitale e, al tempo stesso, molto orgoglioso e fiero della propria identità. Sono un po’ i tedeschi d’Oriente. La Turchia è sempre più proiettata verso un sistema di sviluppo di tipo occidentale e non va abbandonata a se stessa ma piuttosto integrata nel contesto europeo.
La Turchia è un paese in forte espansione economica. Si riscontrano comunque disuguaglianze o povertà?
Stefano De Lillo: Più che povertà, c’è una certa arretratezza, specie nelle periferie. Rispetto alla maggior parte dei paesi europei la Turchia è arretrata ma di certo non più povera: mendicanti non ne abbiamo mai visti e in quasi tutti i ristoranti dove andavamo si tenevano banchetti nuziali… C’è un tessuto agricolo molto importante: si pensi alla produzione di nocciole (acquistate dalla Ferrero), albicocche e pesche.
Come molte delle attuali economie emergenti è un paese in forte espansione demografica (l’età media della popolazione è di 29 anni): un fenomeno assai significativo. L’economia cresce dell’8-9% annuo e ci sono città particolarmente moderne ed avanzate come Smirne che fino a l’ultimo ha conteso a Milano la sede del prossimo Expo del 2015.
Qual è, invece, la situazione della libertà religiosa in Turchia?
Stefano De Lillo: La Turchia è uno stato profondamente laico, come prescrive la Costituzione varata da Atatürk negli anni ’20. La laicità viene difesa a tutti i costi dall’esercito. La difficoltà per i cristiani è quindi doppia: da un lato lo stato laico non dà alla Chiesa cattolica quel riconoscimento giuridico che permetterebbe la restituzione di beni e immobili che furono confiscati a suo tempo alle comunità cristiane; dall’altro ci sono talora difficoltà di convivenza con i musulmani che sono la quasi totalità della popolazione. Il contesto generale è tuttavia di grande rispetto. Venendo a contatto con i cristiani turchi, abbiamo colto la grande fede di queste persone che si affidano totalmente a Gesù nella loro missione di presenza e di testimonianza in una terra dove non possono fare proselitismo, pur vivendo in uno stato laico.
Come parlamentari c’è qualche iniziativa che, dopo questo pellegrinaggio, vorreste avviare nell’ambito delle relazioni internazionali con la Turchia?
Stefano De Lillo: Il nostro pellegrinaggio è stato innanzitutto un’esperienza di fede. Speriamo comunque si possano intraprendere iniziative concrete per il riconoscimento della personalità giuridica della Chiesa in Turchia, perché i cristiani possano esprimersi con la massima libertà.