La stanza della Segnatura (Prima parte)

Continua la nostra visita alle Stanze di Raffaello nei Musei Vaticani

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di Nicola Rosetti

ROMA, sabato, 1 settembre 2012 (ZENIT.org).- La terza stanza che oggi conosciamo insieme è la stanza della Segnatura, così chiamata perché qui si riuniva il Tribunale della “Segnatura Graziae et Iustitiae” presieduto dal Pontefice, anche se all’inizio il Papa aveva pensato di adibire questo spazio a suo studio privato. Raffaello lavorò in questo ambiente fra il 1508 e il 1511 su commissione di Giulio II.

Il programma iconografico è stato influenzato da due fattori: il ritorno in auge della filosofia platonica agli inizi del ‘500 e il fatto che questa corrente di pensiero era sostenuta dai francescani dalle cui fila proveniva Giulio II. Raffaello ha infatti dipinto sulle pareti qualcosa che rappresentasse:

1) il Vero nella sua dimensione umana (filosofia) e nella sua dimensione rivelata (teologia);

2) il Bene (Virtù e Giustizia);

3) il Bello (Poesia).

Partiamo dal Vero nella sua dimensione umana. Nella Scuola di Atene sono rappresentati vari filosofi greci. Essi sono inseriti in una struttura che ricorda la vicina Basilica di San Pietro, come a dire che la Chiesa ha protetto e custodito il desiderio degli uomini di giungere al Vero. La presenza di questa struttura sta anche a dire lo sforzo che l’uomo mette per conoscere la Verità. Nei pilasti vediamo le statue di due divinità greche legate alla filosofia: su quello di sinistra Apollo con la lira in mano, mentre su quello di sinistra Minerva con l’elmo in testa e lo scudo in mano.

I personaggi principali della complessa composizione sono Platone ed Aristotele posizionati nel punto di fuga. Raffaello ha rappresentato Platone (che ha le sembianze di Leonardo da Vinci) con il braccio destro alzato che indica il mondo delle idee, mentre col braccio sinistro regge il Timeo. Aristotele invece distende il braccio in avanti tenendo il palmo della mano verso il basso ad indicare il mondo concreto. Il filosofo regge col braccio sinistro il libro dell’Etica. Il gesto di Platone e quello di Aristotele vanno letti insieme come la capacità dell’uomo di cogliere la totalità della realtà. Le due figure si stanno idealmente muovendo verso il dipinto che hanno di fronte come a dire che la filosofia conduce verso la teologia.

Sulla sinistra scorgiamo una figura di profilo, vestita di verde, che sta parlando con un gruppo di 5 persone. Si tratta di Socrate. Il filosofo sta discutendo con i suoi interlocutori col tipico gesto della adlocutio, cioè sta contando con le dita i ragionamenti che sta sviluppando.

Se abbassiamo di poco lo sguardo notiamo un uomo dai lineamenti gentili, vestito di bianco che guarda lo spettatore. Questo personaggio, che ritroveremo anche nella Disputa sul Sacramento, è con tutta probabilità Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e nipote di Giulio II.

Spostiamo ora la nostra attenzione sulla destra. Possiamo riconoscere in questi due volti i due artisti che hanno lavorato in questa stanza: il Sodoma, che ha dipinto la volta, con un cappello bianco e un abito bianco e nero e Raffaello. Vicino ai due artisti di spalle c’è Tolomeo, erroneamente dipinto con una corona, che regge un globo. L’altro personaggio che invece regge il globo stellare è Zoroastro. Il personaggio inchinato che sta indicando una piccola lavagna è Euclide con le sembianze di Bramante.

Sulle scale sono seduti due filosofi: quello sulla destra col vestito lacerato è Diogene, mentre con lo sguardo pensoso e assorto è Eraclito che ha le sembianze di Michelangelo.

Passiamo ora alla parete dove sono raffigurate le Virtù e la Giustizia. Nella lunetta in alto possiamo osservare tre donne che rappresentano altrettante virtù. La prima da sinistra è la Fortezza che indossa un’armatura e accarezza un leone. Vicino ad essa si trova un albero di rovere che allude alla famiglia di Giulio II. Al centro si trova invece la Prudenza che si guarda alle spalle per mezzo di uno specchio. Sulla destra vediamo invece la temperanza che regge le briglie moderatrici. Il quartetto delle Virtù Cardinali è completato dalla Giustizia che è rappresentata nella volta. Tre dei cinque angeli che compaiono nella lunetta rappresentano invece le Virtù Teologali. L’angelo che coglie i frutti dall’albero rappresenta la Carità, quello che regge la fiaccola rappresenta la Speranza, mentre quello che indica il cielo allude alla Fede.

Dalle corretta applicazione delle virtù procede il Diritto qui rappresentato nella sua duplice forma di Diritto Civile e di Diritto Canonico. Nel dipinto a sinistra, a rappresentare il Diritto Civile, vediamo il giurista Triboniano che consegna il Codice di Diritto Civile all’Imperatore Giustiniano. Nel dipinto di destra invece, a rappresentare il Diritto Canonico, vediamo il domenicano San Raimondo di Penafort che consegna le Decretali al Papa Gregorio IX che ha le sembianze di Giulio II. Il cardinale a sinistra che regge il piviale del Papa è Giovanni de’ Medici, futuro Leone X. 

* Per approfondimenti o informazioni: www.nicolarosetti.it

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ZENIT Staff

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