CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 28 giugno 2012 (ZENIT.org) – Lo IOR non ha fini di lucro, non ci sono conti cifrati, il sistema non permette operazioni se non ci sono tutti i parametri compilati, tutte le operazioni sono tracciabili per dieci anni, il bilancio è controllato da una società esterna, non si sono rapporti con banche off-shore, le operazioni sospette vanno indicate alle autorità competenti, dal 2011 ci sono controlli come quelli della Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), e non basta essere un religioso per aprire un conto.
Queste alcune delle tematiche esposte oggi nella sede dell’Istituto per le Opere di Religiose (IOR) nel torrione di Nicolò V in Vaticano, a una delegazione di circa sessanta giornalisti italiani ed esteri, alcuni dei quali intervenuti a una conferenza stampa presieduta dal direttore generale Paolo Cipriani in compagnia dei quattro membri del Consiglio di Sovraintendeza, vale a dire la plenaria dei direttivi.
“Quando si vive una situazione nella quale si vuole portare una linea di trasparenza penso sia giusto dare degli elementi per informarsi”, ha detto il direttore Cipriani, che ha aggiunto: “vogliamo togliere questo velo di mistero che si è venuto a creare intorno allo IOR” e ha concluso la conferenza stampa augurandosi che questo sia “un punto di partenza”.
Il numero due dell’Istituto (la presidenza è ancora vacante dopo le dimissioni di Gotti Tedeschi) ha esposto varie slides e risposto alle domande dei giornalisti con un tono di linguaggio molto franco, creando perfino qualche piccolo imbarazzo e necessità di precisare meglio i termini al portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che moderava l’incontro.
Il direttore generale ha raccontato dalle prime difficoltà quando è arrivato nel 2003 allo IOR, dopo venticinque anni di lavoro nel settore bancario, che iniziarono con il doversi abituare alla differenza tra i titoli di eminenza ed eccellenza, a una panoramica sull’Istituto, “molte volte chiamato banca, anche se tecnicamente non lo è, tra l’altro, perché lo IOR non ha fini di lucro, né un utile di bilancio come obbiettivo primario, anche se deve mantenere la capitalizzazione dell’Istituto”.
“La missione dell’Istituto – ha spiegato – è provvedere alla custodia e amministrazione dei beni mobilie e immobili, trasferiti o affidati all’Istituto da persone fisiche o giuridiche e destinate a opere di religione e carità”.
Sul passato dell’Istituto, Cipriani si è limitato a dire quello che conosce da quando è in Vaticano: “Nello IOR non ci sono conti cifrati, dal 1996 il nuovo sistema informatico permette la tracciabilità di tutte le operazioni bancarie. Se in passato ci siano state transazioni problematiche non lo so, posso dire che oggi non ci sono e che per la nostra tranquillità sapiamo che dal 1996 il sistema ha una totale copertura”.
Ha però chiesto di non confondere la cifratura di ogni operazione finanziaria, nei dati che le banche si scambiano, con conti cifrati, che sono cose molto diverse. Ogni cifratura è il codice di una operazione di un conto con un intestatario, numero e tutti i dati che permettono la sua tracciabilità. “L’istituto utilizza per i trasferimenti il sistema SWIFT che impone regole precise per ogni singola transazione, con campi obbligatori come ordinante, beneficiario, causale, ecc”.
Inoltre “tutta l’utenza è soggetta alle politiche e procedure di know your customer (KYC) e customer due diligence (CDD). Inoltre l’Istituto non mantiene rapporti di conto con banche in Paesi Off Shore” (chiamati anche paradisi fiscali).
“Per legge – ha aggiunto Cipriani – lo IOR deve segnalare alle autorità competenti eventuali transazioni sospette”: in questo senso la legge 127 è stata modificata e la 166 la ha avvicinata di più agli standard internazionali. “Quando c’è una transazione sospetta, la norma è quella di non accettarla”.
Lo IOR, ha proseguito Cipriani, può contare su controlli interni su antiriciclaggio, auditoria interna, collegio di revisori. Ma anche esterni, come l’Autorità di Informazione Finanziaria AIF dal 2011 e, dal 1990, una società esterna per certificare il bilancio, che dal 2009 è la Deloitte, la quale ha collaborato dal 2010 al 2011 per migliorare i sistemi di controlli sul AML/CFT. Inoltre il bilancio dal 1995 è in conformità agli standar IAS (International Accounting Standard).
Un conto allo IOR può essere aperto da un religioso autorizzato dai superiori nel caso per esempio di religiosi che hanno il voto di povertà, ma anche da sacerdoti, i quali però devono presentare la documentazione che sarà conferita da parte dell’Istituto con la propria diocesi o le autorità competenti.
Mentre le leggi internazionali obbligano a “mantenere registrate le operazioni per cinque anni, noi le manteniamo per dieci”, ha detto Cipriani, precisando poi che per qualsiasi operazione in contante di valore superiore ai 10 mila euro è necessario compilare un documento doganale.
Il direttore generale ha spiegato anche i casi della JP Morgan Chase e le polemiche su due trasferimenti di soldi, prima bloccati e poi dissequestrati nel 2011 dalle autorità italiane.
I conti sono circa 33mila, il capitale totale è di circa sei miliardi di euro, il 70% delle operazioni avvengono in Europa, il 65% è in euro, il 30% in dollari e il resto in altre valute.
Dal momento che non è una banca, quindi senza scopo di lucro, gli interessi non sono superiori al 5%. I dipendenti sono 112, cui si aggiungono alcuni consultori esterni per casi particolari. Lo IOR fornisce servizi di supporto agli enti della Chiesa in oltre 150 paesi del mondo.
I servizi finanziari sono la custodia dei fondi affidati; l’assistenza nelle operazioni di trasferimento di fondi per fini istituzionali, consulenza e supporto nella gestione finanziaria. Ma anche servizi non finanziari, legati e donazioni.
Per richieste legali c’è una piccola riserva in oro nella Federal Reserve a New York e gli investimenti che si fanno servono a proteggere il capitale e non con fine speculativo.
Il bilancio annuo è firmato dal direttore generale, certificato dalla Deloitte e i cardinali poi lo presentano al Papa verso la fine di aprile. In caso positivo è il Pontefice a decidere come impiegarlo e in quali percentuali. Lo scorso anno di 55 milioni di euro è stato destinato ad opere varie.
La visita si è conclusa con una visita delle dipendenze dell’Istituto. Cipriani si è mostrato fiducioso che il percorso di grande legalità intrapresa dallo IOR, in linea se non addirittura superiore a quella di molti Paesi appartenenti alla White list (lista bianca) permetta anche al Vaticano di entrarci.
Infatti la commissione antiriciclaggio dell’Unione Europea, la Moneyval, per invito della Santa Sede ha già fatto una ispezione e un rapporto sulle attività finanziarie del Vaticano, che il 4 luglio sarà discusso a Strasburgo, i cui risultati si mantengono riservati per volere della Moneyval. Anche se indiscrezioni apparse sulla stampa hanno indicato un parere positivo di 41 punti e otto negativi, con in quale il Vaticano rientrerebbe o almeno si troverebbe già a un passo dalla meta.