di padre John Flynn LC
ROMA, lunedì, 25 giugno 2012 (ZENIT.org) – Venerdì 15 giugno la Corte Suprema della provincia canadese della Columbia Britannica ha stabilito che l’attuale legge che proibisce il suicidio medicalmente assistito, è illegittima.
Al parlamento è stato dato un anno per abbozzare una nuova normativa che permetta l’eutanasia, sebbene il governo abbia l’opzione di appellarsi alla Corte Suprema federale canadese.
La sentenza è relativa a un caso portato in tribunale da Gloria Taylor, una donna sofferente di Sclerosi Laterale Amiotrofica.
La sentenza è stata accolta favorevolmente da taluni, tra cui Grace Pastine, dell’Associazione per le Libertà Civili della British Columbia, che ha definito il provvedimento “una grande vittoria per i diritti individuali sul fine-vita” (cfr. Globe and Mail, 15 giugno 2012).
Il verdetto del giudice Lynn Smith è stato descritto dal National Post come “basato sulle nuove interpretazioni della Carta dei Diritti e delle Libertà”, ha scritto Brian Hutchinson, il giorno della sentenza.
Due anni fa, ha osservato il giornalista, un progetto di legge personale con l’obiettivo di legalizzare il suicidio assistito è stato sconfitto 228 a 59. “Ma il parlamento eletto dal popolo non può competere con le Corti; la Carta solitamente prevale”, ha commentato.
Il giudice Smith ha anche stabilito che Taylor godrà dell’esenzione dalle leggi attuali, ovvero non dovrà attendere che il parlamento approvi la nuova legge, se la paziente desidera morire.
La bioeticista Margaret Sommerville descrive la sentenza come “una pessima idea ed un passo indietro per il Canada e i valori, l’etica e la legge canadesi” (cfr. Globe and Mail, 16 giugno 2012).
Violare il tabù
“Legalizzare il suicidio assistito/eutanasia significa violare il tabù secondo il quale non dobbiamo uccidere intenzionalmente, salvo quando farlo sia il solo ragionevole modo per proteggere la vita umana”, ha spiegato Sommerville.
La bioeticista ha anche spiegato che ci sono serie preoccupazioni riguardo l’abuso di eutanasia, in particolare per i più anziani, in un momento in cui il governo e gli ospedali sono sotto pressione per le crescenti richieste.
Perché, piuttosto, si è domandata Sommerville, non alleviare il dolore ed assistere i morenti, facendoli sentire dignitosi e rispettati?
La decisione della Corte di spazzare via la legge contro l’eutanasia “riflette tristemente una distorta visione dei diritti d’uguaglianza che enfatizzano l’autonomia sulla dignità umana e il valore della vita”, ha dichiarato l’Arcivescovo di Vancouver, J.Michael Miller, lo scorso 16 giugno.
“Abbiamo già percorso questa strada parecchie volte nel mondo e tutte le garanzie inizialmente poste, sono state liquidate, ignorate o addirittura dispensate”, ha detto il presule. “Il risultato è che l’eutanasia non è dannosa solo alle vite che si prende ma anche a chi se le prende”, ha aggiunto.
La Conferenza Episcopale Canadese ha deplorato la decisione, in un comunicato diffuso lunedì scorso.
I presuli canadesi hanno citato il Catechismo della Chiesa Cattolica (2280) che afferma: “Siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo”.
Ci troviamo di fronte a una opzione fondamentale, proseguono i vescovi: “Mostriamo preoccupazione per i malati, gli anziani, gli handicappati e i vulnerabili, incoraggiandoli a suicidarsi o uccidendoli deliberatamente con l’eutanasia? O, piuttosto, edifichiamo una cultura della vita e dell’amore in cui ogni persona, in ogni momento e in tutte le circostanze della propria vita, è valorizzata come un dono?”.
Difendere, non essere complici
Scrivendo sul National Post dello scorso 18 giugno, Will Johnston ha fatto notare che: “la Carta ha lo scopo di difenderci contro le violazioni perpetrate dallo stato, non quello di rendersi complice di lesioni autoinflitte o della morte”.
Nelle campagne contro la pena di morte, Johnston osserva che un argomento è che spesso vengono commessi errori e muoiono degli innocenti. Eppure non possiamo essere sicuri che non saranno commessi errori con l’eutanasia, specie con persone colpite da depressione. Inoltre, in alcuni paesi che hanno legalizzato l’eutanasia, le norme che la regolano sono spesso ignorate.
Gli ospedali olandesi hanno ammesso l’eutanasia a bambini con deformità e a persone con disturbi mentali ed incapaci di dare il consenso informato, sottolinea la columnist del Toronto Star, Rosie DiManno. “Il pendio scivoloso non è un’esagerazione; è la natura umana”, ha osservato.
Il bicchiere mezzo pieno
Non tutte le notizie recenti sull’eutanasia sono negative. Sempre il 15 giugno è stata emessa un’altra sentenza da parte del giudice di un’Alta Corte inglese, Peter Jackson, su una donna sofferente di una grave forma di anoressia e desiderosa di morire, obbligata ad alimentarsi.
“Viviamo una sola volta – una volta nasciamo e una volta moriamo – e la differenza tra morte e vita è la più grande differenza che conosciamo”, ha scritto Jackson nella sua sentenza.
Nel frattempo in Svizzera, più di 100 delegati di organizzazioni per il diritto alla morte si sono radunati a Zurigo per il Congresso della Federazione Mondiale delle Società per il Diritto alla Morte, tenutosi dal 13 al 16 giugno.
Successivamente, il 17 giugno, gli elettori del cantone svizzero di Vaud hanno approvato una legge che regola l’eutanasia.
Le nuove norme si propongono di contrastare una iniziativa dell’organizzazione pro-eutanasia Exit, che è andata oltre garantendo alle persone ricoverate in strutture sanitarie, il diritto incondizionato a morire. Gli elettori hanno comunque rigettato la proposta di Exit.
Una cosa è certa: la battaglia sul suicidio assistito proseguirà ancora per vari anni.
[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]