di Massimo Camisasca
ROMA, sabato, 23 giugno 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’introduzione di don Massimo Camisasca al libro Dentro le cose, verso il mistero. La mia vita come un albero, edito dalla Rizzoli – BUR.
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Eccomi di nuovo in viaggio. Ma questa volta senza valigie, senza orari di treni e di aerei, senza alberghi e camere dove riposare. Viaggiare è come morire e poi rinascere. Morire nella fatica della lontananza, e poi rinascere nella vicinanza, rinascere a nuovi orizzonti, prospettive, conoscenze.
Quando penso alla mia vita mi vengono in mente i viaggi di notte, sotto la pioggia, in automobile. Non so perché. Queste tre caratteristiche – il buio, il cattivo tempo e l’automezzo – sono per me il segno del disagio, ma anche dell’avventura, della necessità di uscire da me stesso e di andare incontro agli uomini, di attraversare le difficoltà per dirigermi verso la luce.
Ho un ricordo nitidissimo di una notte di maggio del 1968. Era stata inaugurata da soli quattro anni la metropolitana di Milano. I vagoni rossi erano nuovi, fiammanti. Seduto, leggevo Nous autres, gens des rues, di Madeleine Delbrêl1. Ho avuto l’impressione, allora, che tutta la mia vita sarebbe stata un viaggio.
Ma questa volta il viaggio è interiore. È un percorso nella memoria. E nello stesso tempo è un cammino verso le cose, per catturare almeno un frammento del mistero che nascondono, ma anche che rivelano a chi ha la pazienza di guardarle e di interrogarle, ma soprattutto di ascoltare le loro risposte.
È un’avventura in compagnia dei tanti amici che ho conosciuto perlopiù solo attraverso le loro opere: libri, quadri, brani musicali…
Non è bello partire da soli. Per questo ho sempre cercato qualcuno che lo facesse con me. Perché ciò che ci attrae non è solo vedere, ma soprattutto vedere assieme. E poi raccontare. E nel racconto integrare memorie, emozioni, sensazioni, pensieri.
Ha scritto Aharon Appelfeld: «Lo scrittore, se è un vero scrittore, trae da dentro di sé ciò di cui scrive, e perlopiù scrive di se stesso: le sue parole hanno significato solo se è fedele a se stesso, alla propria voce e ritmo»2.
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NOTE
1 Madeleine Delbrêl, Nous autres, gens des rues, Seuil, Parigi 1966 [trad. it. Noi delle strade, Gribaudi, Torino 1969; nuova edizione Gribaudi, Milano 2002]. Laica francese, nata nel 1904, Madeleine Delbrêl dall’età di ventinove anni e fino alla morte sopraggiunta nel 1964, si dedicò alla diffusione del Vangelo nei quartieri periferici di Parigi assistendo operai e famiglie in difficoltà. Dal 1994 è in corso la sua causa di beatificazione.
2 A. Appelfeld, Storia di una vita, Giuntina, Firenze 2001,p. 114.
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