di Salvatore Cernuzio

ROMA, giovedì, 21 giugno 2012 (ZENIT.org) – In un’epoca di frammentazione del sapere è compito delle Università Pontificie diffondere la “vera sapienza” attraverso il Magistero della Chiesa che, attraverso la formazione della mente e del cuore, porti alla meta ultima: Gesù Cristo.

Parola di padre Priamo Etzi ofm, giovane rettore della Pontificia Università Antonianum, che intervistato da ZENIT ci racconta il cammino verso cui si sta orientando l’Ateneo, alla luce anche delle sfide della nuova evangelizzazione e dell’anno della Fede.

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Egregio Rettore, introduca i lettori di Zenit all'interno dell’Antonianum, descrivendo quali sono gli obiettivi che si pone in quanto Università Pontificia e“Studio Generale” dell’Ordine dei Frati Minori….

Rettore Etzi: L’obiettivo principale è innanzitutto formare uomini e donne alla ricerca della verità e della sapienza, affinché possano assumere con spirito integro, talora profetico, ruoli di guida e di servizio/ministero ecclesiale, testimoniando, con maturità umana e spirituale, il Regno di Dio, i valori della vita e la dedizione all’ideale evangelico del servizio/ministero umile, direi “minoritico”.

Ad un’Università Pontificia è chiesto tanto d’impartire l’insegnamento “dottrinale”, nella fedeltà alla Rivelazione e al Magistero, quanto di consegnare alle nuove generazioni il patrimonio della vivente tradizione della Chiesa, per una comprensione attualizzata e inculturata della fede.

In un’epoca in cui sembra emergere il dato della frammentarietà del sapere, è importante che la “sapienza cristiana” trovi per prima forme che permettano l’identificazione dell’unità fondamentale che collega fra loro i vari cammini di ricerca, mostrandone la meta ultima nella verità rivelata in Gesù Cristo…

Tutto ciò rappresenta una sfida?

Rettore Etzi: Certo, è una sfida culturale, spirituale, umana: come rappresentare proprio qui a Roma, attorno alla Cattedra di Pietro, la forza della nostra fede e del nostro patrimonio teologico e culturale insieme alla capacità di parlare un Vangelo che raggiunga le culture contemporanee senza sottrarre nulla al suo valore ed al suo contenuto?

Come esprimere il ricco patrimonio di riflessioni ricevuto dalla tradizione e, al contempo, inserirsi attivamente nelle nuove sfide culturali del mondo globalizzato, contribuendo in modo originale alla formulazione di un pensiero che non violi la sacralità della persona umana ed i valori con i quali il cristianesimo ha contribuito alla sua crescita?

In ragione di questo itinerario/impegno, indirizzato ad una formazione culturale costruita con la mente e con il cuore, ritengo che il nostro lavoro intellettuale e universitario abbia delle esigenze specifiche tanto per i docenti quanto per gli studenti. Anzitutto la necessità di una profondità “senza fondo”, e poi di una ricerca del Vero e del Bene senza riposo e di un cammino intellettuale rigoroso e vigoroso. Del resto, per usare le parole del beato John H. Newman, “essere seri nella ricerca della verità è un requisito indispensabile per trovarla”.

Quali sono le prospettive del vostro Ateneo e dell'Ordine Francescano in un mondo in continuo divenire? 

Rettore Etzi: Dinanzi alle sfide del mondo contemporaneo i francescani non scelgono la “fuga mundi” o il chiuso del chiostro: il chiostro dei francescani è sempre stato il mondo stesso. Come università francescana siamo fedeli allo spirito di san Francesco, di santa Chiara d’Assisi e dei loro figli e seguaci nel corso di otto secoli di storia e di santità.

Ciò che l’Antonianum vuole promuovere, dunque, insieme al patrimonio di scienza e di fede della Chiesa e dell’Ordine, è il rispetto della persona, il dialogo ecumenico e tra religioni e culture, il servizio a favore degli ultimi, la pace, la giustizia sociale ed il rispetto di tutte le creature, che significa salvaguardia del Creato e non solo ecologia.

In che modo, San Francesco d’Assisi rappresenta oggi un modello di riferimento?

Rettore Etzi: Non meno che nel passato, in san Francesco continuiamo a vedere un’esperienza spirituale che persuade profondamente ed attrae anche il cuore del nostro contemporaneo perché testimonia la possibilità di una vita nuova, pienamente significativa, alla sequela di Cristo.

L’Assisiate è stato evangelizzatore autentico per aver riscoperto in prima persona la profonda corrispondenza della parola evangelica al proprio cuore: «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore» (1Cel 22).

Da questa intima esperienza scaturisce la sua esortazione appassionata ad “annunciare e predicare la Sua gloria a tutte le genti”, come egli stesso afferma nella Lettera ai Custodi. Qui trova la sua origine quell’apertura universale che caratterizzerà la famiglia francescana e la sua missione ecclesiale. Nella consapevolezza di questa luminosa eredità ci sentiamo pienamente coinvolti nel cammino della Chiesa per la nuova evangelizzazione.

A proposito di nuova evangelizzazione, quali sono, invece, i vostri orientamenti in merito, anche in vista dell'anno della Fede indetto dal Santo Padre?

Rettore Etzi: Mi sia permesso rispondere da Frate Minore. Dire vocazione francescana significa dire impegno per uscire da sé, volontà di decentrarsi da noi stessi, essere meno autoreferenziali. Vocazione francescana è mettersi in cammino, per le strade del mondo, per annunciare il Vangelo, come fratelli e minori, e sempre con il cuore rivolto al Signore. Dio ci chiama e ci invia ed è l’ora di rispondere, con fantasia e creatività, a questa esigenza della nostra vocazione.

Come? Donandosi completamente alla causa del Vangelo, vivendo “la logica del dono come alternativa alla logica del prezzo, del guadagno, dell’utilità e del potere”. Dove? Nei luoghi di frontiera, come ad esempio la Cina, ad gentes, dove si deve impiantare ancora o rafforzare la presenza della Chiesa e dell’Ordine, ma anche nei nostri paesi tradizionalmente cristiani.

L’Ordine francescano - il primo Ordine propriamente missionario della Chiesa - non può rinunciare ad obbedire al mandato di Gesù. In questa obbedienza ci giochiamo la fedeltà alla nostra vocazione e missione di “Portatori del dono del Vangelo”.

Alla luce di tutto ciò, come è possibile, secondo lei, rilanciare la missione di cristianizzazione della società?

Rettore Etzi: Non serve ribadire come l’Occidente si trovi oggi fortemente segnato dal lungo e complesso processo di secolarizzazione, dalla diffusione di una mentalità relativista e da cambiamenti culturali che sembrano minare convinzioni consolidate nei secoli riguardo al senso della creazione, dell’uomo e di Dio.

È per noi decisivo, invece, essere consapevoli che il cristianesimo lungo la sua storia ha sempre saputo trovare nei cambiamenti sociali e nelle nuove contingenze culturali un’opportunità per riscoprire più profondamente la ricchezza della rivelazione cristiana.

Di questa profonda dinamica della fede ci sono testimoni proprio i santi, che nei più diversi contesti geopolitici hanno saputo mostrare la perenne attualità del Vangelo. In effetti, quando lasciamo che la Parola di Dio incarnata incontri l’umano nella sua condizione reale, complessa e carica di inquietudini, allora scopriamo la sua ricchezza sempre nuova, la sua capacità di mostrarsi oggi più che mai come la vera risposta alla domanda inestirpabile di senso che abita nel cuore di ogni uomo.

Sono, pertanto, persuaso che la sfida della nuova evangelizzazione sia una provvidenziale occasione per riscoprire l’inesauribile novità evangelica.