ROMA, sabato, 16 giugno 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l’introduzione al libro La mia vita con un padre gay (edizione Ares), scritta direttamente dall’autrice Dawn Stefanowics.
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di Dawn Stefanowicz
Ho scritto questo libro per raccontare in modo schietto, sincero, equilibrato che cosa voglia dire crescere con un padre omosessuale e una madre debole e remissiva. Da piccola ho fatto molta fatica a gestire tutti i conflitti e la confusione generati dalle mie vivide esperienze a sfondo esplicitamente sessuale causati dal mio ambiente famigliare.
Informandomi sull’argomento ho conosciuto diverse persone, in Nordamerica, che essendo cresciute con un genitore dalle tendenze omosessuali hanno reso pubblici alcuni aspetti delle loro storie e hanno raccontato le difficoltà che quell’ambiente famigliare aveva creato per la loro crescita. Ciò che rende unica la mia storia è la decisione di raccontarla per intero, senza riserve.
Voglio però anzitutto ribadire il mio amore per mio padre. Gli vorrò bene sempre. Mi ha preceduto in un mondo migliore e mi manca tanto. A volte vorrei che potessimo ritrovarci per fare insieme qualcosa di divertente, o una semplice chiacchierata, quattro risate, o anche solo per sederci in silenzio l’uno accanto all’altra. Finché è rimasto su questa terra non abbiamo avuto molte occasioni di fare nulla di tutto ciò, sempre preso com’era tra il lavoro e i suoi rapporti extrafamigliari. Più di ogni altra cosa, da bambina e poi da ragazza, avrei voluto che stesse con noi e che ci desse un sostegno forte, maschile, un vero senso di protezione.
Come padre mi ha trasmesso uno spiccato senso del dovere, la dedizione per il lavoro e il fiuto negli affari; mi ha anche inculcato quel tipo di matura responsabilità e capacità di sopportazione che consentono di superare le difficoltà. Come qualsiasi altro padre, non è stato sempre esemplare o coerente in tutto questo. Anche così, però, in una specie di educazione al contrario che mi ha insegnato come non comportarmi, mi ha lasciato in eredità, in mezzo alle difficoltà, una coraggiosa determinazione di vivere la vita in modo pieno e onesto.
Aspettandosi molto dalla mia carriera scolastica e professionale, mi ha posto obiettivi alti. Per tutto questo gli sono veramente grata. Per incostanti che fossero, ha anche condiviso con me i suoi valori culturali, intellettuali e morali. Era e sarà sempre il mio papà. Scrivendo questo libro, non intendo assolutamente infangare il suo nome o la sua reputazione, ma presentare comunque un quadro della nostra vita famigliare in modo schietto e sincero. Desidero condividere i miei momenti di gioia insieme alle lotte, al dolore, alla paura e alla confusione, in modo che il lettore possa facilmente comprendere gli effetti dell’influenza che i genitori e la famiglia hanno sui bambini.
Se ci fosse un modo di riportare qui mio padre, lo farei. Non lo cambierei con nessun altro. Ha fatto del suo meglio, adesso lo so. Non voleva farmi consapevolmente del male con le sue scelte di vita, e neanche negarmi la possibilità di essere davvero amata. Ma la sua capacità di dare ai figli quell’attenzione e quell’affetto che meritavano si era indebolita perché lui stesso ne aveva tanto bisogno ed era ancora alla ricerca di una figura paterna che gli volesse bene, che gli desse fiducia e lo sostenesse. Ciò che desiderava più di ogni altra cosa era di essere accettato e appartenere a qualcuno. Cercava di ottenere quel tipo di compagnia e di amore maschile che da bambino non aveva mai conosciuto. Ma, cercando di soddisfare le sue esigenze affettive attraverso l’omosessualità, spesso ignorò le esigenze legittime dei suoi figli. Nel raccontare questi fatti ho dovuto continuamente, per non venir sopraffatta da una irrimediabile amarezza, perdonare mio padre.
Non ho scritto questo libro per rabbia, ma per il desiderio di uscire fuori dal buio della confusione sessuale; per raggiungere la libertà attraverso la verità; per fare del bene ad altri bambini che hanno subìto famiglie come la mia. Forse il mio racconto potrà aiutarli a risolvere i loro problemi.
Per tutta l’infanzia e l’adolescenza ho vissuto troppe bugie, dette per cercar di nascondere agli altri la mia vita personale, preoccupata di poter offendere non solo mio padre, ma anche i suoi partner e amici. Temevo che i miei compagni di scuola e i colleghi di lavoro mi avrebbero esclusa se avessero saputo della vita che conduceva mio padre e dei numerosi partner sessuali che aveva. Per anni ho sopportato la tensione di non dire praticamente niente a nessuno delle mie preoccupazioni, delle mie paure, e persino adesso, mente racconto la mia storia, mi sento in colpa, come se tradissi i miei genitori e i miei fratelli rivelando a tutti i nostri segreti di famiglia. Ma ho ponderato le conseguenze del mio dire la verità, ponendole sul piatto della bilancia di un obiettivo più alto: quello di mostrare a tutti quanto le strutture parentali e famigliari possano incidere negativamente sullo sviluppo dei bambini. Nel far ciò, spero di incoraggiare lo sviluppo di una società in cui tutti i bambini vivano al sicuro in famiglie che perseguano i loro migliori interessi e vadano incontro alle loro esigenze. Qualcuno ha detto che la grandezza di una società si vede soprattutto da quanto essa cerca di proteggere i suoi cittadini più indifesi. I bambini, naturalmente, fanno parte di questa categoria.
Si spera che i responsabili delle politiche nazionali non permettano che gli interessi specifici di nessun singolo gruppo possano calpestare il benessere o gli interessi dei nostri bambini, i quali davvero rappresentano il futuro di ogni società e nazione.
A un certo punto mio padre mi ha rivelato come egli fosse cresciuto in una famiglia disastrata in cui venivano violate le barriere sessuali e si verificavano rapporti incestuosi. Questa devastazione, questo trauma, non ha rovinato la vita soltanto a lui, ma anche alla sua famiglia e ai suoi figli. Nonostante tutto ciò, mio padre aveva un forte sostrato spirituale che ha condiviso con i suoi figli. Da giovane era persino impegnato in parrocchia e, mentre da un lato per tanti anni non volle o non riuscì a seguire nella sua vita gli insegnamenti biblici, dall’altro trasmise quegli insegnamenti ai propri figli. Più tardi, mentre ciascuno di noi lottava come meglio poteva con i problemi e la confusione che segnavano sia i rapporti tra noi sia la nostra vita interiore, sono state la fede e gli insegnamenti biblici ad aiutarmi a sopportare quei tempi oscuri della mia vita e anche a consentirmi di trasformarli in occasioni per crescere.
Scrivendo della mia vita e delle mie esperienze famigliari, sono stata guidata dai miei migliori ricordi delle persone, delle circostanze, dei sentimenti, degli atteggiamenti, delle motivazioni, delle conseguenze osservabili e dei contesti temporali a essi legati. Alcuni dei membri della mia famiglia avrebbero preferito che non scrivessi o parlassi di nulla che riguardasse la mia esperienza famigliare. Considerando le loro preoccupazioni, ho cambiato i nomi delle persone, a meno che non si trattasse di personaggi pubblici. Mi rendo anche conto, pur avendo cercato di trasmettere le mie esperienze nel modo più delicato e ponderato possibile, che il lettore potrebbe non sentirsi a proprio agio con tutti gli aspetti della mia storia. Parlando francamente, alcuni dei fatti che racconto sono piuttosto raccapriccianti. D’altronde, se devo essere fedele alla verità, temo che questo sia inevitabile.
Il fatto che io intenda esporre agli occhi di tutti gli orrori della mia formazione elevando al tempo stesso il matrimonio a luogo ideale per la procreazione non è indice di cecità o di ipocrisia, né frutto di un senso di colpa: è piuttosto segno della mia persuasione che ci sia un modo migliore di vivere.
Certo: le famiglie e i bambini sono importanti. La mia speranza è che, conoscendo la mia storia, tutti i lettori
, e in particolare quelli che occupano posizioni influenti o autorevoli, siano meglio informati e guidati nell’assumere decisioni che possono incidere profondamente sulle nostre famiglie e sui nostri bambini, che sono la speranza e il futuro delle prossime generazioni.