Gentili senza cortile – "Atei forti" e "atei deboli" nella Sicilia Centrale

Monsignor Michele Pennisi presenta il libro di Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli

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ROMA, sabato, 16 giugno 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prefazione di monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, al libro Gentili senza cortile – ‘Atei forti’ e ‘atei deboli’ nella Sicilia Centrale (Edizioni Lussografica), scritto da Massimo Introvigne e PierLuigi Zoccatelli, con la collaborazione di Alberto Maira e Mihaela Ibanisteanu.

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di monsignor Michele Pennisi
Vescovo di Piazza Armerina

In questi ultimi cinque anni il Centro Studi sulle Nuove Religioni ha condotto nella Diocesi di Piazza Armerina una serie di ricerche socio-religiose sulle appartenenze, sulle pratiche religiose e sulle credenze non solo della maggioranza che si professa cattolica, ma anche delle minoranze religiose.

Con questa nuova ricerca si cerca di completare il quadro attraverso un’indagine sulla consistenza e la complessità del fenomeno delle minoranze non religiose1. Coloro che vengono etichettati con la dicitura negativa di «non credenti» o di «atei» non sono una categoria omogenea, ma variegata, come già avevano sottolineato i padri del Concilio Ecumenico Vaticano II nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo2, elencando varie forme di ateismo: l’agnosticismo, la negazione esplicita di Dio, il ripudio di un’immagine di Dio che non corrisponde al Dio del Vangelo, l’indifferenza religiosa, il clima materialista della civiltà moderna che allontana da Dio.

Le variegate categorie di persone non credenti oggetto della presente indagine vengono definite «Gentili senza cortile» per distinguerle dagli intellettuali non credenti alla ricerca di un significato della vita, incuriositi dalla Chiesa cattolica e disposti a forme di dialogo con i credenti. Costoro sono gli interlocutori privilegiati del «Cortile dei Gentili», com’è stata chiamata l’iniziativa nata per volere di Benedetto XVI e portata avanti dal cardinale Gianfranco Ravasi e dai suoi collaboratori del Pontificio Consiglio per la Cultura, con la quale la Chiesa ha deciso d’impegnarsi in una nuova fase di dialogo fra credenti e non credenti.

In questa ricerca vengono distinte diverse categorie di atei più o meno lontani, ostili e indifferenti alla fede in Dio.

Gli atei «forti» che professano un «ateismo sistematico»3 ispirato a ideologie del secolo scorso, rinforzato ma non creato dalla pubblicità dei «nuovi atei» con il loro atteggiamento ostile alla Chiesa spesso altezzoso, polemico, ironico e irriverente.

Da questi si distinguono gli atei «deboli», che si dichiarano indifferenti alla religione (5,0% del campione), più numerosi degli atei «forti» (2,4%), che però ricevono più attenzione nei dibattiti televisivi o nelle pagine culturali dei giornali.

La maggioranza degli atei «deboli» – più diffusa fra gli anziani, le donne, le persone meno colte – pratica un ateismo «disimpegnato» (48,4% delle risposte) ritenendo che le difficoltà della vita di oggi, soprattutto in questo momento di grave crisi, non lascino tempo e spazio alla religione. Questo dato mostra come spesso la Chiesa e le altre comunità religiose non sono percepite come capaci di dare una risposta di senso a partire dalla fede ai problemi e ai bisogni della vita quotidiana.

C’è poi un ateismo definito «cinico» (29,6% delle risposte) più presente fra i giovani, gli uomini, le persone più istruite, per i quali il denaro, il potere, il piacere sfrenato, il successo in amore o negli affari sono i nuovi idoli che hanno sostituito vecchi dèi pagani, scacciando il Dio cristiano e abbandonando la Chiesa.

Il poeta Thomas Stearns Eliot (1888-1965) aveva amaramente constatato: «Ma sembra che qualcosa sia accaduto, che non è mai accaduto prima: sebbene non si sappia quando o perché o come o dove. Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima. Che gli uomini negassero gli dei e adorassero gli dei professando innanzitutto la Ragione e poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica. La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane

capovolte; cosa possiamo fare se non restare con le mani vuote e le palme aperte rivolte verso l’alto in un’età che avanza indietro progressivamente? Deserto e vuoto. E le tenebre sopra la faccia della terra. È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa? Quando la Chiesa non è più considerata e neanche contrastata e gli uomini hanno dimenticato tutti gli dei, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere»4.

Il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) pur criticando il «dio tappabuchi» invocato da alcuni credenti nelle situazioni limite, in una lettera dal carcere del 21 luglio 1944, prendeva le distanze dal «[…] piatto e banale essere di questo mondo degli illuminati, degli indaffarati, degli indifferenti o dei lascivi»5.

Tra i più giovani, che don Armando Matteo ha chiamato «la prima generazione incredula»6, risulta più diffuso l’ateismo «debole» e la posizione forse influenzata da mode culturali come quella del New Age o di filosofie orientali di chi si dichiara «spirituale, ma non religioso»: il 6,1%.

Esistono poi «i lontani dalle forme istituzionali della religione», che però non si proclamano atei, bensì si dichiarano credenti o anche cattolici. Questi «atei cattolici» sono persone che professano per cosi dire un cattolicesimo meramente culturale, che danno per scontato, senza porsi ulteriori interrogativi sui contenuti della fede e senza preoccuparsi dell’incoerenza sul piano della pratica religiosa. Questi «lontani» – sommando le persone che si dichiarano «spirituali ma non religiose» e quanti «credono, ma non partecipano attivamente alla vita religiosa» – sono il 63,4% del campione, con differenze non significative fra maschi e femmine, ma con un aumento correlato sia all’istruzione sia all’età. Sommando agli atei questi «lontani» si arriva al 70,8%.

Per quanto riguarda queste percentuali, si tratta di dati indicativi in quanto le distinzioni fra le varie forme di non credenza e di credenza religiosa sono più sfumate e labili di quanto comunemente si creda.

Questa ricerca, rispondendo all’istanza del Concilio Vaticano II «[…] di scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente degli atei»7, ha inteso anche accertare le cause dell’ateismo o comunque della lontananza dalla Chiesa.

Molti sono facilmente esposti alla propaganda mediatica contro la religione (33,0%) e rimangono fortemente colpiti dalle suggestioni ostili sulle «ricchezze» della Chiesa (23,0%) – spesso identificata con il Vaticano –, sul triste anche se non generalizzato fenomeno dei preti pedofili (21,6%) o non accettano gli insegnamenti morali della Chiesa cattolica (18,2%). Anche se la causa del disinteresse per la religione risiede spesso nella vita

degli stessi non credenti, non bisogna dimenticare quanto affermato dal Concilio Vaticano II: «[…] nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione»8.

Il fenomeno della non credenza può paradossalmente esercitare una funzione catartica su credenti obbligandoli a superare false immagini di Dio. È interessante a proposito quanto disse il beato Giovanni Paolo II (1978- 2005) all’Università di Palermo, il 20 novembre 1982: «Cari Signori, so bene che la realtà di Cristo ci supera, che essa non ha facilità di accesso nel pensiero dei non credenti. Ma oso anche dire che tutti oggi potremmo fermarci pensosi dinanzi alla figura di Gesù, se alcuni cristiani talora non avessero contraffatto il suo vero volto. Perciò vi
prego: come uomini di cultura, liberate Cristo da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni indebite.

Operate in tal senso: solo questo Cristo rivelato nella giusta luce ha diritto di farsi cercare da ogni uomo di buona volontà. Sono profondamente consapevole che è primario dovere della Chiesa e dei credenti restituire a tutta l’umanità la vera immagine del Cristo»9.

Per quanto riguarda l’atteggiamento della Chiesa nei confronti nel fenomeno dell’ateismo, la Gaudium et spes afferma che «la Chiesa pur respingendo in maniera assoluta l’ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, devono contribuire alla giusta costruzione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: ciò, sicuramente, non può avvenire senza un leale e prudente dialogo»10. Per un autentico dialogo vanno esclusi i fondamentalismi e gli integralismi, come pure l’indifferenza e la superficialità, e va evitato il sincretismo religioso e l’eclettismo ideologico.

Quanto agli atei, la Chiesa cattolica «[…] li invita cortesemente a volere prendere in considerazione il Vangelo di Cristo con animo aperto»11.

Il rimedio all’ateismo, suggerisce il Concilio Vaticano II, «[…] lo si deve attendere sia dall’esposizione adeguata della dottrina della Chiesa, sia dalla purezza della vita di essa e dei suoi membri […] con la testimonianza di una fede viva e adulta, vale a dire opportunamente formata a riconoscere in maniera lucida le difficoltà e capace di superarle»12.

Non si tratta dunque di limitarsi a cercare valori comuni al ribasso, ma di suscitare e di tenere desta la ricerca attorno alla questione di Dio, sul quale nessuno è autorizzato a negare che ci si debbano porre domande e che si tratti di un caso serio.

Soprattutto si tratta – per i cattolici – di rispondere alla sfida dell’ateismo contemporaneo impegnandosi nell’avventura di «[…] una nuova evangelizzazione per riscoprire la gioia del credere e ritrovare l’entusiamo nel comunicare la fede»13.

Nel ringraziare il direttore del CESNUR Massimo Introvigne e il vicedirettore PierLuigi Zoccatelli – assieme ad Alberto Maira, Mihaela Ibanisteanu ed Emanuele Zappulla – per questo complesso e faticoso lavoro di ricerca, mi auguro che i risultati possano essere utili non solo ai sociologi della religione, ma anche a coloro che sono chiamati a rispondere alla sfida che il fenomeno della non credenza pone ai credenti in Dio.

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NOTE

1 Sul complesso e variegato fenomeno dell’ateismo, cfr. Facolta filosofica della Pontificia Universita Salesiana di Roma (a cura della), L’ateismo contemporaneo, 4 voll., SEI, Torino 1967.

2 Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes» sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, del 7-12-1965, n. 19, disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato.

3 Cfr. ibid., n. 20.

4 Thomas Stearns Eliot, Cori da «La Rocca», trad. it., BUR, Milano 1994, p. 101.

5 Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e Resa. Lettere ed appunti dal carcere, trad. it., Bompiani, Milano 1969, p. 268.

6 Cfr. Armando Matteo, La prima generazione incredula, Rubettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2010.

7 Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes» sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, cit., n. 21.

8 Ibid., n. 19.

9 Giovanni Paolo II, Incontro con i docenti nell’Università di Palermo, del 20-11-1982, disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato.

10 Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes» sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, cit., n. 21.

11 Ibidem.

12 Ibidem.

13 Benedetto XVI, Porta fidei, lettera apostolica in forma di Motu proprio, dell’11-10-2011, n.7, disponibile sul sito Internet della Santa Sede all’indirizzo abbreviato.

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ZENIT Staff

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