di Angelo Card. Bagnasco,
Arcivescovo di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

ROMA, giovedì, 14 giugno 2012 (ZENIT.org) - Riprendiamo l'omelia tenuta questa sera dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), durante la Messa celebrata presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, in occasione della solennità del Sacro Cuore (15 giugno).

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Autorità Accademiche
Docenti e Personale dell’Ateneo
Cari fratelli e Sorelle

E’ motivo di gioia poter celebrare la divina Eucaristia per l’Università Cattolica, cara alla Chiesa e all’Italia. Un saluto particolare al Magnifico Rettore, il Sig. Ministro Prof. Lorenzo Ornaghi e all’Assistente Generale Mons. Sergio lanza. L’Ateneo fu una felice intuizione del Beato Giuseppe Toniolo e fortemente voluta da Padre Gemelli quale fucina di intelligenze, di formazione, di cultura cattolica.

Com’è noto, si sentiva forte l’esigenza di un crogiolo di alto livello dove l’incontro tra ragione e fede, Vangelo e cultura, potesse avvenire non in modo occasionale ma sistematico, onesto e sereno, come metodo virtuoso e fecondo a beneficio dell’uomo e della società. E, con l’aiuto di Dio, così è stato nella storia del nostro Paese, alimentando in modo proprio – come in modi diversi nelle molteplici comunità cristiane – quella visione integrale della persona, aperta e trascendente, che sta al cuore dell’umanesimo cristiano e che ha ispirato la civiltà italiana ed europea.

Questa iniziale ispirazione non è affatto superata: i tempi sollecitano a continuare con coraggio ed entusiasmo la strada dei padri in un rinnovato sforzo di riflessione culturale alta a tutto campo. La necessaria cultura della specializzazione non deve diventare frammentazione, e nessuna ricerca specifica deve mai perdere il riferimento all’insieme antropologico che sembra essere oscurato o trascurato dal dibattito contemporaneo.

Come sarebbe possibile, infatti, affrontare in modo adeguato le questioni odierne – penso alla bioetica, alla biopolitica, alla famiglia, al bene della libertà di educazione e di religione, ma anche al diritto e alla medicina – senza una visione antropologica completa e aperta?

E come contribuire in modo efficace e argomentato alla volontà di ridefinire le cose - compreso l’uomo, l’autonomia, l’amore, la vita, la famiglia – come se tutto fosse a nostra assoluta disposizione? Oggetto di qualunque opinione individuale e culturale? La pretesa di tutto ridefinire in base a criteri di pura soggettività, si rivolta contro l’uomo stesso che inevitabilmente diventa anch’esso oggetto di manipolazione di poteri forti in grado di condizionare il modo di pensare e di vivere.

Se lo studio è palestra dell’intelligenza, e quindi disciplina globale della persona nel suo essere persona e nel suo stare con agli altri, allora possiamo dire che tra studio e libertà responsabile esiste un rapporto intrinseco, e il mondo accademico deve essere scuola di intelligenza per la ricerca della verità oggettiva, di libertà per saper scegliere il bene vero, di cuore per poter amare la società e le persone anche con il sacrificio di sé.

Cari Amici, il Vangelo appena ascoltato ci ricorda la bellezza dell’amore, non di qualche suo fantasma, ma della sua sostanza. E’ l’amore, infatti, l’anima della legge di Dio: senza l’amore i comandamenti diventano un volontarismo scoraggiante, e senza i comandamenti l’amore resta astratto, senza opere coerenti che lo rendano visibile. Resta un semplice slancio, una velleità anche sincera ma momentanea, che dura quanto il soffio del sentimento.

Ma, ci chiediamo: di quale amore si tratta? Chiaramente del nostro amore per Dio che in Gesù si è rivelato a noi. E’ il nostro amore per Lui che si traduce nella legge di Dio, nelle sue Opere. Ma come possiamo noi, creature, amare Dio fino ad operare per Lui, fino a obbedirGli, a servirLo? Ci sentiamo così insufficienti!

Sant’Agostino ci ricorda che lo stesso Cristo ci dona la sua volontà e ci dona di amare la sua volontà! E questo rende possibile tutto, anche il martirio. Dobbiamo quindi chiedere con fede il dono dell’amore a Dio la cui verità è l’Amore. Chiediamo noi questo?

Dobbiamo, però, fare un passo avanti. Nel Vangelo, infatti, il Signore esemplifica l’osservanza dei comandamenti, e ci conduce nel loro centro: “Non uccidere: chi avrà ucciso sarà sottoposto al giudizio. Ma io vi dico; chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto al giudizio”. La legge dell’amore conduce al cuore dei comandamenti: ci porta nel profondo.

Anzi, ci porta in alto, fuori da una lettura grossolana e superficiale. Questa finezza della coscienza è frutto di una coscienza illuminata dall’amore e dalla verità. E la finezza dell’amore non è qualcosa di raffinato e di esile, ma ha la forza di spostare le montagne e di correre sulle funi della vita pur di non venire a compromessi, pur di non diventare dei mercanti.

In questo orizzonte, si comprende anche il monito di Gesù sul nostro andare all’altare: sapere che il fratello ha qualcosa contro di noi ci deve sollecitare ad andare da lui per riconciliarci. Il Signore non dice se noi abbiamo qualcosa contro, ma se l’altro ha rancore verso di noi. Capovolge, dunque la prospettiva del semplice buon senso; ma non è forse questa la logica di chi ama? La sensibilità di chi vuole vivere nel dono di sé? L’esperienza del profeta Elia ci conforta e ci salva da ogni scoraggiamento.

E’ il Signore che dona l’acqua che irriga e feconda. E’ Lui l’acqua viva della grazia, che vivifica l’anima, la disseta nelle arsure delle proprie fragilità, la feconda nelle sue aridità, la incoraggia per guardare avanti. E’ l’acqua del pellegrino nei deserti del suo andare terreno. Per questo non dobbiamo temere. Anche nelle vicende complesse delle vita, davanti alle prove e alle incertezze, non dobbiamo perdere la fiducia; dobbiamo mantenere la speranza non tanto nelle nostre forze o nei nostri programmi, ma nel Signore che non ci abbandona, nella possibilità di capirci, di guardare a Lui insieme e quindi al nostro futuro. Dio è con noi.

Cari Amici, grazie per la vostra presenza e il vostro lavoro. La Chiesa che è in Italia guarda all’Università Cattolica con simpatia e fiducia: il Sacro Cuore ci benedica tutti.