di Luca Marcolivio
ROMA, sabato, 9 giugno 2012 (ZENIT.org) – La prima parte dell’intervista a padre Vittore Boccardi, SSS, è stata pubblicata ieri, venerdì 8 giugno.
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Restituire all’Eucaristia la sua centralità nella liturgia e, in generale, nella vita cristiana, è un obiettivo non secondario del Pontificato di Benedetto XVI. In che misura il Congresso Eucaristico può essere d’aiuto a tale scopo?
Padre Boccardi: Da sempre i Congressi eucaristici hanno lo scopo di porre la celebrazione eucaristica al centro dell’esperienza cristiana. Per questo il movimento eucaristico suscitato dai Congressi fino dalla fine dell’Ottocento, intrecciandosi con il movimento liturgico, con il movimento biblico e patristico, ha contribuito al rinnovamento della Chiesa che ha visto il suo punto d’arrivo nel Concilio Vaticano II. Basti pensare come i Congressi hanno contributo a far progredire la comprensione del Mistero eucaristico sottolineando la necessità della partecipazione piena alla celebrazione con la comunione sacramentale, riscoprendo il senso dell’assemblea celebrante, approfondendo il rapporto tra la mensa della Parola e la mensa del Pane; accentuando la dimensione sociale del Sacramento, il rapporto dell’eucaristia con gli altri Sacramenti e, non da ultimo, rinnovando la comprensione del Culto eucaristico fuori della Messa… E ora, a cinquant’anni dal Concilio, i Congressi eucaristici continuano a perseguire il loro scopo lavorando affinché la teologia eucaristica di comunione possa continuare a produrre frutti di santità e di vita per la Chiesa e per il mondo.
Nella Ecclesia de Eucharistia, il beato Giovanni Paolo II scrive: “Il dono di Cristo e del suo Spirito, che riceviamo nella comunione eucaristica, compie con sovrabbondante pienezza gli aneliti di unità fraterna che albergano nel cuore umano, e insieme innalza l’esperienza di fraternità insita nella comune partecipazione alla stessa mensa eucaristica a livelli che si pongono ben al di sopra di quello della semplice esperienza conviviale umana” (EdE, 24). L’Eucaristia favorisce, quindi, la solidità dell’intera comunità ecclesiale. In che modo i sacerdoti, i catechisti e i formatori cristiani dovrebbero veicolare questo messaggio?
Padre Boccardi: L’Eucaristia non solo favorisce ma crea la comunione ecclesiale. Questo è, in fondo, il messaggio centrale proposto dal 50° Congresso Eucaristico internazionale di Dublino. In tal senso i sacerdoti, i catechisti e i formatori cristiani dovranno comprendere prima e testimoniare poi che l’Eucaristia è il “grembo” della Chiesa e che attraverso la partecipazione attiva alla celebrazione eucaristica la comunità cristiana si rende presente nel mondo come il corpo di Cristo, e la spiritualità di comunione si coniuga in termini di amore fraterno.
Il beato Giovanni Paolo II ricordava che “spiritualità di comunione” significa portare lo «sguardo del cuore sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come “uno che mi appartiene”».
“Spiritualità di comunione” è anche capacità «di vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un “dono per me”», respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita.
In poche parole, parlare di comunione ecclesiale significa porre una attenzione rinnovata alla Parola di Dio; ritrovare un accresciuto senso di corresponsabilità nel servizio pastorale; vivere un amore preferenziale per i poveri e le nuove generazioni; riscoprire una riscoperta della dimensione carismatica della Chiesa.
Anche Benedetto XVI, nell’indire l’Anno della Fede, ha esortato ad intensificare la partecipazione alla vita liturgica, in particolare nell’Eucaristia (cfr. Porta Fidei, 9). Come può un fedele comune, specie se laico, assumere piena consapevolezza del valore inestimabile del Dono che riceve?
Padre Boccardi: La consapevolezza del dono ricevuto nasce dalla partecipazione attiva e fruttuosa alla liturgia eucaristica. A partire da lì tutti i battezzati imparano poi, uniti a Cristo, a trasformare la loro vita quotidiana in sacrificio spirituale gradito a Dio (Rm 12,1), offrendo come vero atto di culto una vita che compie la volontà del Padre in tutte le scelte che ci vengono richieste.
Dopo aver celebrato l’Eucaristia, ogni cristiano torna nel mondo trasformato perché nelle sue vene ora scorre la vita di Cristo che opera misteriosamente ma realmente nel mondo per trasformare ogni cosa a misura del suo amore.