di Robert Cheaib
ROMA, sabato 9 giugno 2012 (ZENIT.org).- Incontrare il Dio Trinità non nell’ozio di un pensiero casuale ma nel cuore di una ricerca assetata di risposte di senso alle domande che non tramontano sull’esistenza umana è quanto riassume l’itinerario biografico che sta sullo sfondo del De Trinitate di san Ilario di Poitiers. Ilario nasce intorno all’anno 310 in una famiglia pagana. Riceve una solida formazione culturale classica che verrà riconosciuta ed elogiata da illustri contemporanei come Girolamo ed Agostino.
Sposato e padre (di una figlia di nome Abra) riceve il battesimo e successivamente viene ordinato vescovo. Similmente a vescovi ortodossi come sant’Atanasio di Alessandria, Ilario paga il prezzo della sua retta fede con l’esilio imposto dall’imperatore Costanzo sotto istigazione dei teologi ariani di corte come Valente di Mursa, Ursacio di Singiduno e Saturnino d’Arles. È nella terra d’esilio, a Frigia, che Ilario inizia a scrivere il De Trinitate, «l’opera teologica più importante e significativa della sua produzione».
Il De Trinitate è un’opera complessa composta da dodici libri ove si intrecciano varie tematiche esegetiche, teologiche e spirituali. È difficile – nel margine di una breve recensione – raggruppare e riassumere tutte i temi trattati senza rischiare di essere banali e di tradire sia il pathos apologetico sia il genio esegetico di Ilario. Per dare però un’idea del cammino percorso dal santo, offriamo una rapida panoramica non tanto riassuntiva quanto indicativa e prospettica:
Il primo libro offre l’incipit letterario e biografico di tutta l’opera in cui Ilario racconta la sua scoperta della fede e il suo cammino di conversione avvenuto grazie al contatto con la Sacra Scrittura. Ilario illustra come ha passato al vaglio le varie ermeneutiche filosofiche della vita umana rimanendone insoddisfatto fino a quando non è giunto alla soglia delle Scritture. La fede gli apre la prospettiva paradossale di camminare secondo la ragione senza precludere il salto richiesto al di là di ogni ragionamento umano perché nessun concetto umano potrà racchiudere Dio. Il secondo libro offre una sintesi di teologia trinitaria partendo dalla formula di fede battesimale basata sul mandato del Signore (cf. Mt 28,19-20). Il terzo libro è dedicato all’unità e distinzione tra Padre e Figlio mostrando la co-eternità del Generante e del Generato. Il libro quarto – che riporta la lettera di Ario ad Alessandro vescovo di Alessandria – è una prima confutazione della dottrina ariana. Il quinto e il sesto libro proseguono le confutazioni anti-ariane. Sempre in vena di confutazione e affermazione della fede ortodossa, il libro settimo dimostra la divinità di Gesù quale Figlio del Padre e Dio vero. La riflessione prosegue nel libro ottavo dedicato all’unità del Padre e del Figlio. Il libro nono è consacrato specificamente a confutare l’affermazione ariana dell’inferiorità del Figlio rispetto al Padre. Il libro decimo affronta la questione delle sofferenze di Cristo usate come cavillo dagli eretici per negarne la divinità. Nel libro seguente, Ilario ritorna sulla questione ariana dell’inferiorità del Figlio per confutarla basandosi sull’esegesi dei testi della Scrittura. Il libro dodicesimo costituisce l’ultimo tratto dell’impresa esegetica di Ilario dove smonta e scardina le affermazioni ariane sulla generazioni del Figlio nel tempo basate sull’interpretazione erronea di Prv 8,22: «Il Signore mi ha creata per l’inizio delle sue vie». Ilario mostra che se il Padre è sempre Padre, lo è proprio in quanto è eternamente Padre del Figlio eterno.
Il De Trinitate di Ilario è un’opera complessa ma affascinante. Esso costituisce uno dei primi tentativi coraggiosi e dettagliati per confutare le varie eresie trinitarie e cristologiche, in particolar modo le dottrine di Ario, Ebione, Sabellio, Fotino… La sua attualità scaturisce, non solo dalla freschezza del pensiero dell’autore, ma anche dall’agilità con cui Ilario si muove nel campo scritturistico interpretando la Scrittura con la Scrittura seguendo la regula fidei. Così i suoi commenti e le sue riflessioni risultano alquanto attuali sia per il cristiano che si trova davanti a versetti di difficile interpretazione riguardo alle questioni trinitarie e cristologiche, sia per il teologo che vedrà in Ilario un abbozzo prezioso che appiana la strada e anticipa le grandi opere dei Cappadoci in Oriente e di Agostino in Occidente.
In un periodo di pluralismo religioso e culturale dove il confronto con alcune religioni di rapida diffusione in antiche terre cristiane potrebbe annebbiare la fede dei semplici riguardo alla divinità di Cristo, o dove la febbre del dialogo e del concordiamo a ogni costo è fatta a volte a prezzo di compromettere il nucleo centrale della fede cristiana, Ilario – con animo coraggioso e intelligenza documentata – puntualizza che solo nella confessione della vera divinità e vera umanità del Verbo abbiamo accesso a Dio, alla divinizzazione: «Dio Verbo si è fatto carne, affinché per mezzo di Dio Verbo fatto carne, la carne si innalzasse a Dio Verbo».
Seppure nasce in un periodo difficile di polemica, l’opera di Ilario di Poitiers supera felicemente la circostanza polemica per offrire una sintesi originale della teologia trinitaria in un periodo dove il linguaggio trinitario non era stato ancora ufficialmente definito attraverso i termini di natura e persona (ciò avverrà più tardi nel concilio di Calcedonia del 451). Come pastore geloso della fede del suo gregge e fedele alla confessione apostolica professata e difesa da Ireneo, Tertulliano, Atanasio e altri, Ilario rintraccia il fondamento della fede trinitaria nella Scrittura.
La Città Nuova Editrice presenta quest’opera in due volumi nella Collana di testi patristici, in una traduzione del professor Antonio Orazzo, docente di storia della filosofia antica e medievale. Orazzo correda il testo con una documentata introduzione e note al testo. Concludiamo questa breve recensione con le parole dello stesso curatore che contestualizzano il contributo trinitario e mettono in risalto il valore dell’opera di sant’Ilario: «Dopo di lui la problematica trinitaria sarà ripresa e sviluppata da altri grandi autori, come i Padre cappadoci e Agostino, con un respiro più ampio e con una terminologia più precisa. Ciò tuttavia non toglie nulla all’originalità ed eccellenza della sua dottrina, anzi le dona il pregio di aver prevenuto i tempi e di aver permesso ad altri di continuare e allargare la riflessione in altre direzioni. Ciò è tanto più significativo in quanto La Trinità è stata composta durante l’esilio, in circostanze in cui i difficili rapporto tra Chiesa e Impero, tra fede e politica potevano alterare o annebbiare l’orizzonte di comprensione del teologo. Nel suo sforzo di comprendere il mistero della Trinità alla luce della fede, egli si è lasciato guidare principalmente dall’intento di illuminare il ruolo e l’importanza che vi occupa il Cristo. Solo se è vero Dio e vero uomo, egli può essere il salvatore degli uomini».
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