"Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto?"

L’omelia tenuta oggi dal card. Mauro Piacenza nello Stadio Helvia Recina di Macerata

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ROMA, sabato, 9 giugno 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l’omelia pronunciata questa sera dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, durante la Santa Messa nella Vigilia della Solennità del Corpus Domini, celebrata nello Stadio “Helvia Recina” di Macerata.

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«Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto?»

Questa domanda del Salmista – Carissimi amici – ci vede radunati, a migliaia, in questo Stadio, in occasione dell’annuale pellegrinaggio da Macerata a Loreto, ringraziando il Signore per la conclusione di questo anno, scolastico ed accademico, e per affidare a Lui, ed alla Beata Vergine lauretana, le nostre esistenze.

Anche se “fisicamente” saremo noi a camminare, non dobbiamo dimenticare che, in realtà, è il Signore a venirci incontro: Egli ci ha convocati quì questa sera, è presente nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, ci accompagna nel cammino, ci precede, ci segue ed è sempre con noi.

Carissimi amici, ha senso mettersi in cammino, solo se si ha una méta da raggiungere, e la fatica è meno grave, se si condivide la strada con altri fratelli. Il Pellegrinaggio è, dunque, una chiara immagine della nostra vita e di quella di ogni uomo.

Noi sappiamo chi siamo!

Noi sappiamo a Chi abbiamo creduto!

Noi sappiamo – per grazia, non per merito – che esiste una méta, un significato di questa esperienza, unica e meravigliosa, che chiamiamo vita.

E questo significato ha un nome: Gesù Cristo!

Camminando, cantando e pregando, in questa notte, vogliamo annunciare a tutti quelli che incontreremo, e che camminano al nostro fianco, questo straorinario fatto: la vita ha un senso, una méta! L’uomo non è più solo, nel cosmo. Dio gli viene incontro, lo ama e lo salva, in Gesù,uomovero eDiovero.

Scopriremo, proprio camminando, ad ogni passo, che l’annuncio portato si invera: diviene più reale, anche per chi lo porta. E non per una pseudo “autoconvinzione di massa”, ma perché ad ogni passo la libertà aderisce ad un annuncio, ad una proposta e, passo dopo passo, umilmente, diviene certezza, in chi cammina, e proposta, in chi osserva.

Elemento determinante, anche nella comprensione autentica del mistero dell’eucaristia, è l’obbedienza. La sera del giovedì santo, prima di essere consegnato ai suoi crocifissori, «Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. […] lo fece all’interno di un rito, checomandòagli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso» (Benedetto XVI, Omelia, 7 giugno 2012).

Da duemila annila Chiesa obbedisceal comando del Suo Signore, celebrando e adorando la Santissima Eucaristia, vero “cibo di salvezza” nel cammino della vita e della fede.

L’obbedienza, nella Chiesa, è fonte di vera libertà, è la misura della sequela, è, in fondo, la misura della qualità della nostra fede. Solo una fede obbediente è autentica fede!

Non per nulla, la stessa Tradizione, descrive la fede come: “obbedienzaa quella forma di insegnamento alla quale siamo stati consegnati”. Afferma lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica che: «La Vergine Maria realizza nel modo più perfettol’obbedienzadella fede» (CCC n. 148).

Per noi tutti, la sequela e l’obbedienza hanno un “punto focale” irrinunciabile, verso il quale costantemente guardiamo, ed al quale, convintamente, rinnoviamo tutta la nostra devozione: Pietro: Sua Santità Benedetto XVI.

Carissimi amici, so che, con i vostri sacerdoti, curate molto la celebrazione eucaristica, particolarmente nel canto, autentica espressione di bellezza e di identità per un popolo, e questo vi fa onore.

Scoprite anche, opportunamente guidati, la dimensione dell’Adorazione eucaristica, sia come singoli, sia come Movimento. Essa, forse, in passato, poteva essere interpretata, da alcuni, come una tentazione di “fuga dalla realtà”, di non pieno coinvolgimento nella e con la storia.

Oggi, al contrario, si comprende chiaramente che l’Adorazione eucaristica non è affatto “fuga” dalla realtà, ma è una vera e propria immersione nella realtà per eccellenza, che è Cristo. Ce lo insegna l’Apostolo Paolo nella Lettera ai Colossesi: «la realtà invece è Cristo» (2,16).

Immergendosi nell’Adorazione e facendo silenzio al cospetto di Gesù-Eucaristia, diviene più evidente la Sua presenza nel mondo e più semplice servirne la gloria e mostrarne la potestà! Egli diviene più riconoscibile nella nostra vita, in quella degli amici e, soprattutto, in quella di ogni uomo, che la Provvidenza pone sul nostro cammino e del quale siamo chiamati a divenire “madri e padri”, nella fede.

Come indica, efficacemente, il tema di questo 34moPellegrinaggio: “Cristo è qualcosa che sta accadendo ora”, Egli “accade” innanzitutto nella celebrazione eucaristica e ciò permette da sempre, al popolo cristiano, di riconoscerne la presenza in ogni altra realtà, anche quella apparentemente più remota.

Perché “qualcosa” e non “qualcuno”, che sta accadendo ora?

Si potrebbe obiettare che Cristo è una persona, quindi “qualcuno”.

Certamente Egli è una persona, ma, scegliendo il termine “qualcosa”, si è inteso sottolineare l’elemento “fattuale” di Cristo.

Cristo è un fatto nella storia dell’umanità, anzi è il fatto più sconvolgente, rilevante e significativo della storia.

Ed è presente, accade ora.

Se così non fosse, Cristo non sarebbe interessante per noi, perché si vive per qualcosa che sta accedendo ora!

Non basta un bel ricordo per vivere.

Non basta l’attesa sperata di un buon futuro.

È necessario avere qualcosa di presente, che, in tutta la sua evidenza, ci appaia come carico di ragioni per la libertà e capace di determinare – non appena suscitare, ma determinare! – la nostra affezione autentica.

Solo Cristo presente, celebrato e adorato nell’Eucaristia e pubblicamente riconosciuto in quella vittoria, gloria di Cristo nel mondo, che è il popolo, è ragione sufficiente per vivere e per sperare, per ringraziare e per continuare a camminare insieme.

Ogni Eucaristia celebra il sacrificio e la vittoria di Cristo, e Lo rende a noi contemporaneo. In ogni Eucaristia siamo chiamati ad immergerci in questa nuova realtà, che «dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (DCE n.1).

In questi tempi non semplici per il nostro Paese e per l’Europa, in questi tempi di insicurezza e di terrore, quando perfino le forze della natura paiono ricordare drammaticamente all’uomo post-moderno il suo strutturale limite, domandiamo la semplicità del cuore di poter riconoscere “ciò che sta accadendo ora”. Non tra qualche istante, non stanotte, non domattina, ma Ora!

Sta accadendo il miracolo della tua libertà che è qui, presente, e della libertà dell’altro che, come te, è disposto a mettersi totalmente in gioco.

«Non aspettatevi un miracolo, aspettatevi un cammino» ebbe a dire mons. Giussani. Questo cammino, verso ed in Cristo, lo affidiamo alla Beata Vergine lauretana, perfettamente obbediente nella fede e nella prova, fortezza inespugnabile, di ciò che sta accadendo ora!

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ZENIT Staff

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