Alle origini della cristianità: l'antica necropoli vaticana

Dal mausoleo “dei Tulli e dei Caetenni” ai resti del cosiddetto “trofeo di Gaio”

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di Paolo Lorizzo*

ROMA, sabato, 9 giugno 2012 (ZENIT.org).- Per quanto l’uomo possa sforzarsi nel tentare di comprendere le ragioni del ciclo naturale della vita, nulla sarebbe comprensibile senza una buona dose di fede religiosa. Questo concetto ha mosso per millenni le antiche civiltà nel seppellire i loro morti seguendo spesso rigidi canoni rituali per facilitare il viaggio dell’anima del defunto. Un misto di amore e tristezza accompagna fin dalla notte dei tempi i rituali legati al mondo dell’aldilà, atmosfere ancora percepibili in molti luoghi a distanza di millenni. E’ questo quello che devono aver provato gli archeologi durante i lavori di scavo avvenuti tra il 1939 e il 1950 nel luogo più importante dell’intera cristianità. Un detto popolare sostiene che nella morte ciascun essere umano è uguale all’altro, senza alcuna distinzione, ma sarebbe ipocrisia non lasciarsi suggestionare dal luogo che custodisce il sepolcro di Pietro, l’Apostolo, il Prescelto dal Cristo, la ‘pietra’ sui cui è edificata la Chiesa del Mondo.

Per raggiungere la necropoli vaticana è necessario più che altro una predisposizione spirituale. Non rappresenta soltanto una gita nella ‘Roma sotterranea’ ma è un viaggio nella propria anima, la confessione a se stessi di voler mettere a nudo le proprie debolezze e riconoscerle senza averne troppa paura.

Attraverso una rampa di scale si giunge all’inizio del percorso sotterraneo trovandosi parecchi metri sotto l’attuale piano di calpestio della Basilica michelangiolesca (la profondità delle tombe varia da un minimo di 5 ad un massimo di 12 metri). Tra questa e la necropoli è ancora visibile la fondazione della basilica costruita dall’imperatore Costantino che per l’occasione interrò la necropoli romano/cristiana e costruì la platea Sancti Petri sulla cui superficie venne poggiato il primitivo edificio di culto. Dall’antica basilica si accede alle cosiddette ‘grotte vaticane’, le quali, oltre ad accogliere diversi arredi provenienti dalle aree di scavo, conservano le tombe di numerosi pontefici, tra cui quella di Pio XI colui il quale fece richiesta, poco prima di morire, di essere sepolto in prossimità della tomba dell’Apostolo. Il luogo scelto era molto angusto e per renderlo più praticabile si decise di abbassare il piano di calpestio. L’operazione mise immediatamente in luce la parte superiore dei mausolei di epoca romana che erano stati interrati da Costantino per la costruzione della basilica, salvandole di fatto dalla consunzione del tempo. Gli scavi, protrattisi fino agli inizi degli anni ’50 non hanno riportato alla luce l’intera necropoli ma soltanto un’area di circa 69 x 18 metri. Sappiamo infatti che l’intero colle era stato usato non soltanto per la costruzione di un circo dagli imperatori Caligola e Nerone (i cui resti sono ancora visibili sotto la navata di sinistra della basilica e dove si pensa sia avvenuto il martirio di San Pietro) ma anche per lo stanziamento di necropoli, alcune delle quali poste nei pressi della via Trionfale tra il colle e il mausoleo di Adriano (oggi noto come Castel Sant’Angelo).

I piccoli mausolei rinvenuti sono datati tra il II e il IV secolo d.C. anche se alcune sepolture possono essere ‘arretrate’ fino al I secolo. Le strutture erano semplici ma eleganti, decorate da pitture e stucchi murali e da mosaici pavimentali. Alcuni, a due piani, possedevano una scala esterna per l’accesso ad una terrazza e potevano accogliere defunti sepolti sia con il rito dell’inumazione che con quello dell’incinerazione. L’area cimiteriale era rigorosamente pianificata e si dislocava ai lati di un diverticolo stradale che risaliva la collina per poi andare a congiungersi con le arterie stradali principali.

Il primo mausoleo venne rinvenuto il 18 gennaio del 1941, oggi denominato ‘dei Tulli e dei Caetenni’. Consta di un vano che reca lungo le pareti molte nicchie che conservano ancora gran parte degli intonaci policromi al centro del quale è visibile un’ara in marmo attribuita ai coniugi Marcus Caetennius Antigonus e Tullia Seconda. Lungo le pareti laterali si aprono sul pavimento alcuni fori destinati ad accogliere le libagioni in onore del defunto durante il banchetto funebre che si celebrava nel primo e nell’ultimo giorno del periodo di lutto.

Poco più avanti si incontra il mausoleo più grande e più lussuoso della necropoli. E’ attribuito alla famiglia dei Valeri e venne costruito intorno alla metà del II secolo all’epoca dell’imperatore Marco Aurelio. Oltre alla colorazione delle pareti in perfetto stato di conservazione, sono ancora visibili alcune ‘teste’ in stucco, marmo e gesso appartenute a personaggi qui sepolti e gli stucchi dei catini absidali con varie simbologie personificate tra cui la ‘terra’ e l’oceano’.

Proseguendo per il lungo corridoio si salgono alcune rampe di scale e si giunge alla cosiddetta ‘Memoria’ di Costantino, un vano all’interno del quale sono ancora visibili i resti del cosiddetto ‘trofeo di Gaio’, un’edicola marmorea che contornava e proteggeva la tomba di San Pietro, posizionato in corrispondenza della basilica superiore e del baldacchino bronzeo del Bernini.

L’atmosfera dei luoghi, oltre a richiamare tempi lontani, è carica di un’energia che soltanto qui è percepibile la quale, oltre ad arricchire il proprio bagaglio culturale, restituisce un po’ di quella pace di cui tutti noi troppo spesso abbiamo bisogno.

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.

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ZENIT Staff

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