CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 7 giugno 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo l’intervista con il cardinale Angelo Sodano, decano del Collegio cardinalizio, pubblicata nell’edizione odierna del quotidiano L’Osservatore Romano.
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Quando dall’informazione si passa alla deformazione delle notizie, questa ottica sfalsata può offuscare anche le realtà più positive. Curia romana e Governatorato sono nel loro complesso una comunità di lavoro al servizio del Papa, anche se qualcuno può venire meno ai suoi doveri. Diversità di opinione non significa divisione e tra i porporati personalità diverse per nazionalità, cultura e sensibilità esprimono ovviamente giudizi differenti. I cardinali di Curia intorno al Romano Pontefice, incoraggiati ogni giorno dalla grande bontà di Benedetto XVI e dalle sue sapienti direttive, sono lieti di poter lavorare per lui. Sono questi i punti principali di un’intervista a «L’Osservatore Romano» del cardinale decano Angelo Sodano, al servizio della Santa Sede da oltre cinquant’anni, sedici dei quali come segretario di Stato.
Come giudica l’atteggiamento dei media di fronte agli ultimi episodi verificatisi in Vaticano?
La stampa ha certamente la missione di informare l’opinione pubblica sulla Santa Sede. Ad esempio, ho visto con piacere che si è dato grande risalto alla visita di Benedetto XVI a Milano per l’Incontro mondiale delle famiglie; e così al contributo del Papa e della Chiesa per aiutare i terremotati in Emilia e per sostenere i cristiani della Nigeria, provati da avvenimenti drammatici. Un giudizio diverso viene però spontaneo quando dall’informazione si passa alla deformazione delle notizie. In realtà, di fronte ai fenomeni negativi c’è talora la tentazione di inquadrarli in un’ottica sfalsata che può offuscare la bellezza del tutto.
Il Vaticano è un piccolo mondo variegato, nei diversi uffici della Curia romana come del Governatorato. Che dire al riguardo?
Come è noto, la Curia è l’insieme dei dicasteri e degli organismi che coadiuvano il Romano Pontefice nel servizio alla Chiesa universale. Il Governatorato invece è preposto alla guida dello Stato della Città del Vaticano. Data la natura della Curia, il suo personale è soprattutto ecclesiastico, mentre quello del Governatorato è in prevalenza laico. Sono uomini e donne delle nazionalità più diverse, che conoscono bene l’importanza del loro lavoro per il successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale. Secondo le ultime statistiche, prestano il loro servizio in Curia 2.843 persone e nel Governatorato 2.001. Per esperienza personale posso assicurare che in generale vi è l’impegno a costituire una vera comunità di lavoro, al servizio del Papa. Ovviamente, in una comunità così numerosa, qualcuno può anche venire meno ai suoi doveri. Impeccabili sono solo gli angeli e i santi del Paradiso!
Qualche organo di stampa ha anche parlato dell’esistenza di divisioni fra i cardinali di Curia.
A dire il vero questa affermazione mi ha meravigliato. In realtà non avrei dovuto sorprendermi. Il nostro vecchio professore di filosofia, durante gli studi liceali nel Seminario di Asti, ci diceva: «Non meravigliatevi di nulla, meravigliatevi solo quando vedrete che il Po non ha più le sponde!». Eppure l’insinuazione di manovre varie mi ha meravigliato, perché diversità di opinione non significa divisione. Quante volte ho votato in riunioni di cardinali, senza mai stupirmi che un confratello votasse a favore e l’altro contro. Amici eravamo e amici rimanevamo. Alla fine, alla luce dei vari voti, il Santo Padre poteva così decidere liberamente, con tutti gli elementi di giudizio che gli venivano offerti. Ciò succede pure nei concistori, ai quali sono invitati tutti i porporati del mondo. Come è noto, oggi i cardinali sono 209. E lo stesso accade nelle riunioni di quelli preposti ai dicasteri di Curia o comunque residenti a Roma: qui in tutto siamo 75. È quindi ben comprensibile che fra personalità diverse, diverse per nazionalità, per cultura, per sensibilità sociale, esistano giudizi differenti sui vari metodi di lavoro. Chi non ricorda che già all’inizio della Chiesa vi erano discussioni? Ad esempio, fra Paolo e Barnaba nell’annuncio del Vangelo. «Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro» si legge negli Atti degli apostoli (15, 39). E Barnaba andò a Cipro, mentre Paolo si diresse in Siria. Nei secoli sono poi sorti nella Chiesa gli ordini religiosi più diversi. Fra i loro metodi apostolici appaiono talora antinomie, ma tutto poi si ricompone nell’unità fondamentale dello stesso spirito di servizio alla Chiesa di Cristo.
Segretario di Stato per sedici anni, cosa può dire di questo ufficio e di chi ne ha avuto la responsabilità?
Ognuno ha la sua personalità e ognuno trova problemi differenti, a seconda dei tempi. Anche se per breve tempo, ho conosciuto il cardinale Domenico Tardini, morto nel 1961. Ho avuto poi contatti frequenti con i successivi compianti segretari di Stato: Amleto Cicognani, Jean Villot e Agostino Casaroli. Ora sono lieto di collaborare, in ciò che ancora posso, con il mio successore, il cardinale Tarcisio Bertone, al quale mi legano un’antica familiarità e un comune spirito di servizio al Romano Pontefice. Tutti noi cardinali di Curia cerchiamo di costituire un «cenacolo apostolico» riunito intorno al successore di Pietro, senza meravigliarci delle difficoltà del momento. In ciò siamo ogni giorno incoraggiati dalla grande bontà di Benedetto XVIe dalle sue sapienti direttive, lieti di potergli prestare il nostro servizio. Monsignor Giuseppe Del Ton, che era un grande latinista, in una poesia composta nella lingua di Virgilio e di Orazio aveva descritto la cupola di San Pietro come simbolo della stabilità della Chiesa. Erano gli anni difficili dell’ultima guerra mondiale e al prelato sembrava che il Cupolone dicesse: ho visto altri venti, ho visto altre tempeste (alios vidi ventos, aliasque tempestates). Questa è la serenità che la storia, maestra di vita, insegna anche a noi.
(©L’Osservatore Romano 7 giugno 2012)