di padre Pietro Messa
ROMA, giovedì, 7 giugno 2012 (ZENIT.org) – La festa del Corpus Domini richiama alla mente santi e beati nella cui spiritualità il culto eucaristico ha avuto un ruolo centrale. Tra questi figura il beato Francesco Spinelli di Rivolta d’Adda (Cremona) – di cui si sta celebrando il centenario della morte – la cui opera Conversazioni Eucaristiche è stata analizzata e illustrata da p. Paolo Martinelli, frate cappuccino, preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum, nominato da Benedetto XVI consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Di seguito si riporta un brano del volume PAOLO MARTINELLI, L’umiltà di Dio. Eucaristia: mistero di una presenza, (Edizioni Porziuncola, Assisi 2011).
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Una delle prime cose che sorprendono alla lettura delle Conversazioni Eucaristiche del Beato Francesco Spinelli è l’utilizzo del “pulchrum” per descrivere la persona di Cristo. Soffermiamoci qualche istante su un passaggio particolarmente significativo: “Il bello e il buono piace a tutti. Ma dove trovare in questo mondo uno più bello e più buono del Figliol Divino di Maria Vergine, la più bella e benedetta tra le donne, di Gesù, che unisce in sé il bello e maestoso, il buono e il glorioso, ed ogni altro ammirabile glorioso attributo della divinità? Gesù, il più specioso tra’ più belli figliuoli degli uomini, è Figlio di Dio e di Maria Immacolata: è l’Uomo-Dio, è il Fior Nazareno che spande all’intorno l’odore della divina grazia: Speciosus forma prae filiis homínum: diffusa est gratia in labiis tuis! O il più bello, il più caro, il più amabile sopra tutti i figli degli uomini, perché Dio ed Uomo-Dio!” (CE XIII).
In queste parole troviamo un’originale porta di accesso al mistero di Cristo, che non teme la concorrenza, per così dire, delle attuali considerazioni sulla “credibilità della rivelazione cristiana”. Infatti, lo Spinelli afferma qui un valore che mette in dialogo con ogni persona: il bello e il buono piace a tutti. Il cristianesimo sa di portare una verità che è per ogni persona.
L’annuncio cristiano non è una dottrina nascosta, qualche cosa di esoterico solo per alcuni eletti. Esso riguarda una esperienza elementare propria di ogni essere umano. Ogni persona, che voglia o no, è orientata originalmente alla “bellezza”. La libertà possiede un riferimento inestricabile al “bonum”. Per quanto si possano avere idee confuse riguardo al contenuto di queste parole, è inevitabile rilevare che l’uomo trova nel suo patrimonio genetico spirituale tale orientamento.
Il Beato Spinelli è ben cosciente che ogni persona è posta nell’essere con tale esigenza ed “appetito”: il bello e il buono piace a tutti. Si tratta, per così dire, di un desiderio ontologico. Il suo discorso prosegue mostrando la ragionevolezza della fede cristiana proprio mettendo in relazione tale aspirazione con Colui che può soddisfarla nella sua pienezza: Gesù Cristo si presenta come colui che “unisce in sé il bello e maestoso, il buono e il glorioso”.
Non è difficile sentire nelle espressioni dello Spinelli l’eco delle parole di Basilio Magno, il quale affermava: “Noi per istinto naturale desideriamo tutto ciò che è buono e bello, benché non a tutti sembrino buone e belle le stesse cose. Parimenti sentiamo in noi, anche se in forme inconsce, una speciale disponibilità verso quanti ci sono vicini, o per parentela o per convivenza, e spontaneamente abbracciamo con sincero affetto quelli che ci fanno del bene. Cosa c’è di più ammirabile della divina bellezza? Quale pensiero è più gradito e soave della magnificenza di Dio?”.
Sia nelle parole di Basilio che in quelle dello Spinelli Cristo è sentito come Colui che corrisponde all’anelito di bellezza del cuore dell’uomo. L’importanza di questo metodo è duplice: innanzitutto si esplicita la relazione intrinseca tra l’umano e il divino. L’uomo aspira alla bellezza e a ciò che è buono per natura sua. Il suo oggetto non lo può trovare che in Dio (pienezza della bellezza, della bontà e della verità) che si dà all’uomo, diventando lui stesso uomo e dunque rendendosi in un certo senso “sperimentabile” all’interno di una esperienza umana per mezzo della fede. Inoltre, questa prima osservazione si annette con una considerazione circa la bellezza.
In tal senso colpisce l’uso che lo Spinelli fa dell’espressione del salmo: “Speciosus forma prae filiis homínum: diffusa est gratia in labiis tuis!” (Sal 44). Che cosa aggiunge il tema della bellezza a quello della corrispondenza tra l’umano desiderio e la risposta divina? Qui si gioca qualche cosa di decisivo per la vita cristiana: il terreno fondamentale in cui Dio e la menzogna si contendono il cuore dell’uomo è propriamente la bellezza (Dostoevskij).
Il terreno è stato considerato così pericoloso che nella stessa storia della teologia per secoli non si è più parlato della Bellezza come categoria adeguata per parlare di Dio, come se tale attributo non potesse essere riferito che a realtà “profane”. Dopo le grandi intuizioni di un Bonaventura, per il quale Cristo nel suo mistero pasquale appare come la bellezza suprema, o l’affermazione di Tommaso sul “pulchrum” come “Veritatis Splendor”, occorrerà aspettare von Balthasar per vedere riaffermata in modo organico e sistematico la bellezza come chiave di accesso al mistero di Dio.
Tale elemento, per l’aspetto di indeducibilità e di gratuità che lo caratterizza, emerge anche come fattore che può purificare ogni tentativo dell’uomo di piegare alla propria misura quanto viene elargito dall’Alto. Che Dio si manifesti innanzitutto come Bellezza e dunque come “Gloria”, disarma – come disarma ogni vera esperienza estetica – ogni pretesa dell’uomo di ridurre il dono divino alla propria misura. Infatti, davanti al fascino della bellezza solo lo “stupore” – e non il mero “utilizzo” – vi può adeguatamente corrispondere.
Il Beato Spinelli ha percepito, come la grande tradizione patristica e medioevale, che l’uomo è fatto originariamente per il bene e il bello e che Dio stesso nel mistero della sua incarnazione ha voluto mostrarsi come “il più bello tra i figli dell’uomo” e non ha avuto timore a presentare Cristo nelle sue Conversazioni come la risposta all’anelito che abita ogni uomo. Con ciò, evidentemente, siamo invitati a non avere paura delle domande che abitano il cuore dell’essere umano.
Oh uomo – sembrerebbe dirci ancora oggi il Nostro Autore – non aver paura di desiderare! Non aver paura del desiderio che abita il tuo cuore. Abbi il coraggio di non fermarti alla sua superficie. Non temere la bramosia di bellezza che ti abita. Piuttosto sii fedele alla sua traiettoria e profondità che tende all’infinito. Dio stesso ti ha creato come sete di Bellezza e desiderio di Bontà per poterti dare Sé come risposta ultima e definitiva. “O Gesù mio – afferma il Beato riprendendo le note espressioni di Agostino nelle Confessiones -, inquietum est cor meum, donec requiescat in te!” (CE XII).