L'Eucaristia è farsi amare da Gesù

Vangelo della Domenica della Solennità del Corpo e Sangue del Signore

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, mercoledì, 6 giugno 2012 (ZENIT.org).- Mc 14,12-16.22-26

Il primo giorno degli azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: “Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?”.

Mentre mangiavano prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più il frutto della vite, fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”. Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.”.

Eb 9,11-15

Fratelli,…se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?”.

Se con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste la Chiesa viene alla luce e si incammina per le strade del mondo, un momento decisivo della sua formazione è certamente l’istituzione dell’Eucaristia nel Cenacolo. Il suo fondamento e la sua scaturigine è l’intero Triduo pasquale, ma questo è come raccolto, anticipato, e “concentrato” per sempre nel dono eucaristico.(…) Con esso Gesù Cristo istituiva una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduo e lo scorrere di tutti i secoli.

Questo pensiero ci porta a pensieri di grande e grato stupore. C’è, nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una “capienza” davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione.” (B. Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 5).

Queste parole ci lasciano stupefatti come un bambino sulla riva che ammira l’oceano, ma come intendere questa capienza eucaristica in termini personali?

Mistero della fede!

Tuttavia si può dire che l’Eucaristia, pur avendo un “carattere universale e, per così dire, cosmico” (id., n. 8), non si tratta semplicemente di una capienza ‘storica’, fatta di tempo, spazio e avvenimenti, ma di una capienza d’Amore.

L’Eucaristia contiene “corporalmente”tutta la Pienezza dell’Amore di Dio, essendo realmente Gesù risorto e vivo che comunica l’abbondanza della sua Vita a chi mangia la sua carne e beve il suo sangue (Gv 6,56-57).

E’ questo il miracolo nel miracolo dell’Eucaristia: la capienza immensa del Cuore di Cristo si “concentra” nella capienza angusta del cuore umano, per dilatarla pressoché infinitamente.

L’uomo, infatti, essendo “partecipe della natura divina” (2Pt 1,4), è “capace” di Dio fin dal concepimento (Lc 1,31), “perché è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo, e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa” (Catechismo Chiesa Cattolica, n. 27).

Queste ultime parole fanno intendere che solo chi mangia degnamente la carne di Gesù e beve degnamente il Suo sangue, può possedere l’inalienabile gioia divina che il Signore risorto possiede e comunica: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

E questa gioia è la pienezza di una vita sperimentata come flusso di Amore divino continuamente ricevuto e traboccante dal cuore.

L’Eucaristia, infatti, è tutto l’Amore di Dio, è tutto l’Amore-che-è-Dio.

Prima che, per bocca del sacerdote, Gesù in persona dica: “questo è il mio corpoquesto è il mio sangue” (Mc 14,22.24), il pane e il vino che vediamo sulla mensa sono quello che appaiono. Dopo queste parole, anche un solo frammento di quel pane è Gesù stesso, ed anche una sola goccia di quel vino è Gesù stesso: adesso nel frammento consacrato c’è il Tutto, adesso nella goccia consacrata c’è l’Oceano dell’Amore e della Vita di Dio.

L’Eucaristia è cena (Mc 14,15), è banchetto nuziale a base della carne e del sangue dello Sposo, che sono “vero cibo e vera bevanda” (Gv 6,55); ‘veri’ cioè conformi alla verità profonda dell’uomo, quindi in grado di saziarne e dissetarne il cuore. Anche un solo Frammento, anche una sola Goccia hanno questa virtù.

L’Eucaristia è Gesù nel suo amore “fino alla fine” (Gv 13,1) che lo ha spinto a dare la vita per noi versando il sangue sulla croce fino all’ultima goccia. Goccia d’Amore infinito, che viene versata in “contemporaneità” sul Calvario e sull’altare ogni volta che la Chiesa celebra l’Eucaristia, in tutti gli angoli del mondo e lungo lo scorrere di tutti i secoli.

Una goccia è piccola come la cruna di un ago, nella quale essa può entrare facilmente. Ebbene, l’Eucaristia realizza l’impossibile paradosso del cammello alle prese con la cruna dell’ago (Mc 10,25).

Il cammello sono io, il mio io orgoglioso ed egoista, la mia volontà smisuratamente ricca di amor proprio e la mia natura enormemente fragile. Ma il cammello non deve temere di dover essere ‘sbriciolato’ per passare la cruna ed entrare nel Regno: non è necessario, perché, grazie all’Eucaristia il Regno di Dio entra nell’io-cammello; e lo può fare veramente anzitutto grazie alla capienza eucaristica (“In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” – At 17,28), poi grazie alla nativa “capacitas Dei” della persona umana.

Basta solo che io lo creda, basta solo che io lo voglia, basta solo che io mi lasci amare da Gesù-Eucaristia.

Lo ha fatto intendere Benedetto XVI citando sant’Ambrogio: “Quello che fa l’amore, non potrà mai farlo la paura. Niente è così utile come farsi amare” (VII Convegno Mondiale delle Famiglie, Discorso alle Autorità, 2 giugno 2012).

Ogni volta che ci lasciamo amare da Gesù-Eucaristia, avviene nel nostro cuore quello che dice oggi l’autore della Lettera agli Ebrei: “il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purifica la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente” (Eb 9,15).

Coscienza e cuore sono la stessa cosa per la Bibbia, perciò la Parola di Dio ci dice che grazie all’Eucaristia diventiamo capaci di amare come Gesù e con Gesù, trovando in ciò la vera e duratura gioia di vivere.

Quello che fa l’amore non potrà mai farlo la paura”, e non potrà mai farlo nemmeno il coraggio senza la forza dell’Eucaristia. La beata Teresa di Calcutta non avrebbe potuto fare un briciolo di tutto ciò che ha fatto se non avesse attinto ogni giorno il suo eroico amore da Gesù Eucaristia.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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