ROMA, mercoledì, 18 aprile 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la seconda ed ultima parte della testimonianza che Veronika Ottrubay ha dato nel corso dell’incontro “<em>Il Papa e i volontari cattolici europei”, svoltosi a Roma il 10-11 novembre 2011 per iniziativa del Pontificio Consiglio Cor Unum in occasione dell'Anno Europeo del Volontariato.
La prima parte è stata pubblicata ieri 17 aprile.
***
di Veronika Ottrubay
Come viviamo nel concreto?
Viviamo in piccole unità di vita, dette «focolari», che accolgono circa 7 persone con handicap mentale e/o fragilità.
I volontari, provenienti da paesi, culture, e contesti sociali diversi, partecipano assieme agli assistenti anziani, dipendenti stipendiati, alla vita comunitaria del focolare in modo tale da creare con le persone che ci vivono una vera e propria «dimora». Le persone con un handicap mentale accolte all’Arche hanno problematiche, età e livelli di handicap diversi.
Al momento esistono 150 comunità in 36 paesi che accolgono quasi 4000 persone con un handicap mentale. I valori espressi dall’Arche poggiano sulla convinzione che nel rapporto con una persona handicappata solo la dimensione della gratuità può permettere a questa di essere rispettata in tutte le dimensioni della sua persona. Di fatto, il volontariato costituisce sin dall’origine una dimensione costitutiva del progetto.
Per creare un ambiente di vita che sia al contempo sicuro e dinamico, per permettere alle persone disabili di vivere in ambienti di vita più piccoli, che assomigliano più alla vita normale che alla vita in istituto, per creare delle strutture flessibili ed evolutive che accompagnino la crescita delle persone, la presenza dei volontari accanto ai lavoratori salariati è decisiva. Essa permette di fare le cose « con » anziché di fare «per» o di «far fare».
Essa permette alle equipe di essere sempre creative, crea apertura nella rete delle relazioni, smuove le situazioni che tendono a fermarsi. Procura i mezzi per offrire un accompagnamento molto più personalizzato alle persone con un handicap. In questo contesto, i professionisti (equipe medico-psicologica, educatori, personale tecnico, ecc.) non soltanto conservano un ruolo fondamentale, ma grazie alla presenza dei volontari, vedono potenziati i loro strumenti d’azione.
La Formazione
I volontari ricevono una formazione organizzata presso il centro di formazione dell’Arche situato in Francia. La realtà della vita quotidiana con le persone con handicap serve da sostegno alla valorizzazione delle regole della vita in comune e permette ai volontari di conoscere e di vivere i valori e i principi della solidarietà, del rispetto reciproco e della fraternità.
Il percorso di formazione tratta i temi seguenti : l’accompagnamento, la vita affettiva, le relazioni con le famiglie, la sensibilizzazione riguardo alle cure mediche, i medicinali, il ruolo dell’equipe medico-psicologica, le regole della vita comunitaria, le condizioni di vita all’interno di un gruppo, la relazione non violenta, la vita del focolare, l’alimentazione, la gestione del tempo e una riflessione sul progetto personale e professionale.
I volontari sono così avviati a un percorso di osservazione, riflessione, valutazione e approfondimento della propria esperienza. … e per concludere all’epoca avevo 25 anni e vivevo con il desiderio di un mondo più giusto e più umano e per vivere il Vangelo e seguire Gesù. Ho scoperto nel corso degli anni e attraverso l’impegno che i miei fratelli e sorelle dell’Arche non appartengono tutti alla stessa Chiesa e non sono tutti cristiani.
Provengono da altre confessioni, dall’Inghilterra o dalla Germania, o da altre religioni, dall’India per esempio. Ma ho anche incontrato persone che si professano atee, che non hanno convinzioni religiose. Insieme vogliamo realizzare una trasformazione interiore attraverso la relazione con persone umiliate e deboli.
Uniamo le forze per contribuire nel nostro piccolo all’evoluzione dell’umanità e alla lotta delle forze dell’amore e dell’unità contro quelle dell’odio e della divisione, riconoscendo che l’odio e la divisione non sono inevitabili. Vi è come un mistero nascosto nelle persone che hanno subito tante umiliazioni e nella loro richiesta di amore autentico.
Io stessa ho incontrato la presenza di Gesù crocefisso e umiliato nel corpo e nello spirito ferito di Edith. Jean Vanier, il fondatore dell’Arche, scriveva nel suo libro: «Amare sino alla fine lo scandalo della lavanda dei piedi»: «Gesù diventa piccolo e vulnerabile per comunicare l’amore. Identificandosi con chi ha fame e sete, è malato, in prigione, con lo straniero e con chi è nudo, Gesù rivela come Dio è vicino agli umili, i piccoli, i sofferenti. Egli si nasconde nei poveri. Questi non sono privi di valore, in fondo alla scala della promozione umana; essi sono presenza di Dio».
*
Per ogni approfondimento http://www.corunum.va/corunum_it/iniziative/eventi.html.
Sul convegno in oggetto Il Pontificio Consiglio Cor Unum ha anche pubblicato un libretto che può essere richiesto all’indirizzo di Via della conciliazione 5,00153 Roma.