di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 18 aprile 2012 (ZENIT.org) – Con circa un mese di anticipo sulla solennità liturgica, papa Benedetto XVI ha accennato alla Pentecoste. Lo ha fatto nel corso dell’Udienza Generale di oggi, riprendendo il ciclo di catechesi sulla preghiera negli Atti degli Apostoli, iniziato prima della Settimana Santa.
La Pentecoste, ha spiegato il Santo Padre, non è un “episodio isolato”, né lo Spirito Santo agisce sugli apostoli esclusivamente nel 50° giorno dopo la Resurrezione. È legittimo parlare, quindi, di una “piccola Pentecoste”, che segna il culmine di una “fase difficile della Chiesa nascente”.
Gli Atti degli Apostoli, infatti, narrano (cfr. At 4,1) dell’arresto di Pietro e Giovanni per aver annunciato la Resurrezione di Gesù. Rimessi in libertà, “tutti unanimi innalzarono la loro voce a Dio” (At 4,24). Si tratta, ha affermato il Papa, della “più ampia preghiera della Chiesa che troviamo nel Nuovo Testamento, al termine della quale furono colmati dello Spirito Santo” (At 4,31).
Allo stesso modo, ha osservato il Pontefice, la comunità cristiana, di fronte alle difficoltà e ai pericoli, più che “reagire”, “difendersi” o “trovare strategie”, deve mettersi in preghiera, prendendo “contatto con Dio”.
Tratto distintivo di questo tipo di preghiera è la sua natura “unanime e concorde”, perché riguarda tutta la Chiesa. Di fronte ad ostilità o destini avversi, la comunità “non si spaventa e non si divide” ma è “unita nella preghiera”.
Nei momenti di persecuzione, come quelli descritti negli Atti degli Apostoli, i cristiani non chiedono “l’incolumità della vita” ma solo che il Signore conceda loro di proclamare la Parola di Dio “con tutta franchezza” (At 4,29). Anche le avversità vanno lette “alla luce della fede” e “attraverso la Parola di Dio, che ci fa decifrare la realtà del mondo”.
La preghiera, tuttavia, è anche il riconoscimento della “grandezza e immensità di Dio” e la consapevolezza che “tutto viene da Lui, tutto è nelle sue mani”.
La persecuzione anticristiana non è una semplice analogia con il destino di Cristo, ma l’essenza stessa di una comunità che vive in Lui. “Nella preghiera – ha aggiunto Benedetto XVI – la meditazione sulla Sacra Scrittura alla luce del mistero di Cristo aiuta a leggere la realtà presente all’interno della storia di salvezza che Dio attua nel mondo, sempre nel suo modo”.
La prima comunità cristiana, quindi, non prega di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza o dalla morte, né di “avere successo” ma di poter proclamare con “parresia”, ovvero “con franchezza, con libertà, con coraggio, la Parola di Dio”. Si prega perché Dio “trasformi la realtà”, cambiando il cuore e la mente degli uomini e “porti la novità radicale del Vangelo”.
Ciò è possibile proprio grazie all’effusione dello Spirito Santo, “dono del Risorto che sostiene e guida l’annuncio libero e coraggioso della Parola di Dio, che spinge i discepoli del Signore ad uscire senza paura per portare la buona novella fino ai confini del mondo”.
Così, noi cristiani di oggi, non diversamente dai cristiani delle origini, meditando la Sacra Scrittura, “possiamo imparare a vedere che Dio è presente nella nostra vita, presente anche e proprio nei momenti difficili, e che tutto – anche le cose incomprensibili – fa parte di un superiore disegno di amore nel quale la vittoria finale sul male, sul peccato e sulla morte è veramente quella del bene, della grazia, della vita, di Dio”, ha proseguito il Papa.
Invocare lo Spirito Santo, quindi, ci permetterà sempre di “riconoscere come il Signore realizzi le nostre invocazioni secondo la sua volontà di amore e non secondo le nostre idee”, ha aggiunto.
A conclusione dell’Udienza Generale, durante i saluti in lingua italiana, il Santo Padre ha espresso “cordiale gratitudine” per gli auguri ricevuti per il suo VII anniversario della sua elezione e per il suo 85° compleanno.
“Vi chiedo di sostenermi sempre con le vostre preghiere, affinché, con l’aiuto dello Spirito Santo, possa perseverare nel mio servizio a Cristo e alla Chiesa”, ha poi concluso.