Il Beato Clemente: "Venite ragazzi ad aiutarmi!"

Domenica scorsa si è celebrata il “Vismara Day” a Cornate d’Adda

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di padre Piero Gheddo

ROMA, venerdì, 30 marzo 2012 (ZENIT.org).- Parlando con un giovane “animatore vocazionale” milanese mi dice che oggi tutti lamentano la mancanza di preti e di suore, ma pochi si rivolgono direttamente ai giovani proponendo di consacrare la loro vita a Dio. Alla domenica V° di Quaresima nella parrocchia e oratorio di Cornate d’Adda (provincia di Monza-Brianza, diocesi di Milano, ma rito romano) si celebrava il “Vismara Day”,  con varie attività “missionarie” in oratorio al pomeriggio. Al mattino ho celebrato la Messa dei ragazzi leggendo il Vangelo di Giovanni (12, 20-33) dove Gesù dice: “Se il chicco di frumento caduto in terra  non muore, rimane solo: se muore produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserva per la vita eterna. Chi mi serve mi segua…”.

Ho raccontato in breve la vita del Beato Clemente Vismara: ha seguito Gesù di cui era innamorato, è diventato sacerdote del Pime e mandato in Birmania (Myanmar) fra le tribù Akhà, Lahu e Shan. In 65 anni di missione si è innamorato anche di questo popolo, che viveva ancora in epoca preistorica; ha seguito Gesù sulla via del Calvario: ha patito la fame e la sete, si è adattato a cibi ripugnanti, per i primi otto anni di missione dormiva in un capannone di fango e paglia e quando pioveva apriva l’ombrello perché non gli piovesse addosso. A poco a poco, fidando nella Provvidenza (pregava molto!) e donandosi totalmente al suo popolo, nella diocesi di Kengtung ha fondato cinque parrocchie (o missioni): Monglin, Mong Phyak, Kenglap, Mong Ping, Tongtà, ai confini con Cina, Laos e Thailandia.

In ciascuna di queste parrocchie ha lasciato qualche migliaio di cristiani e le strutture murarie necessarie, all’inizio portando dai villaggi in missione i bambini orfani e quelli denutriti, ammalati, handicappati, gemelli rifiutati dalla gente. Li educava umanamente e cristianamente con l’aiuto delle suore di Maria Bambina, che hanno fatto scuole, dispensari medici, ospedali, la promozione delle donne in tribù dove la donna non contava nulla.

Ho parlato di suor Battistina Sironi di Trezzo d’Adda (vicino a Cornate), che ha vissuto 33 anni vicino a padre Clemente e dopo la sua morte mi diceva che la missione manteneva più di 300 persone,tra bambini, poveri e vedove cacciate dai villaggi. Il vescovo e i confratelli dicevano a Clemente di non prendere più poveri e bambini perché in certi mesi di carestia non si trovava il riso. Lui rispondeva: “I bambini e i poveri non sono miei, ma di Dio. Ci pensa lui a mantenerli”. Scriveva molte lettere e articoli per cercare aiuti, ma non contava mai i soldi che aveva e non faceva preventivi né bilanci consuntivi. Diceva: “Se contiamo i soldi vuol dire che ci siamo attaccati e non ci fidiamo della Provvidenza”.

La vita di Clemente è un’avventura affascinante, in un territorio della Birmania tormentato dalla dittatura militare e dalle guerriglie tribali, dal brigantaggio e dal commercio dell’oppio, da carestie, pestilenze e mancanza di assistenza sanitaria. E poi, l’isolamento dal resto del mondo (riceveva e spediva la posta una volta al mese) e in certi periodi, la persecuzione.

La Chiesa ha beatificato padre Vismara il 26 giugno 2011 in Piazza Duomo a Milano, per proporlo come missionario modello, che ha dato la vita a Gesù e al suo popolo. Il Beato Clemente era sempre contento e sorridente, non si lamentava mai. Diceva che Dio dà a ciascuno la sua croce e bisogna portarla con pazienza e con gioia. Aveva però un cruccio, un dispiacere che spesso manifestava nelle sue lettere. E’ morto nel 1988 a 91 anni e diventando vecchio leggeva che in Italia diminuivano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata e si chiedeva: “Quando morirò,  chi verrà a prendere il mio posto?”.

In una lettera ai giovani e alle ragazze scriveva: “Ragazzi, venite ad aiutarmi. Io vi attendo a braccia aperte: venite, andremo per il mondo a rendere felici gli infelici. Raccoglieremo tutti senza chiedere il nome, senza chiedere la fede, non chiederemo nulla: a noi basta lenire il dolore, fugare la miseria, donare la speranza e la vita”.

Cari ragazzi che mi ascoltate, questa è la domanda che Clemente oggi fa a voi tutti e alle vostre famiglie. Cornate ha già dato diversi preti e suore alla Chiesa e alla missione. In questa Messa abbiamo letto la parola di Gesù: “Chi mi ama mi segue”. Voi che avete ancora la vita da spendere, quando pregate mettetevi davanti a Gesù e ditegli: “Signore, cosa vuoi che io faccia da grande? Io sono pronto, se mi chiami a seguirti nella vita sacerdotale, religiosa e missionaria, io sono pronto a dare la mia vita per te”.

E voi, cari genitori cristiani, cari nonni e nonne, se Dio chiama un vostro figlio o una vostra figlia, un nipote o nipotina, non pensate che vi chiede un sacrificio, perché vi fa una grande grazia. Il prete, il fratello e la suora sono la benedizione di una famiglia. Educate i vostri figli e figlie ad una vita di fede e parlategli anche di questa ipotesi, che il Signore Gesù li chiami con sé, per testimoniare e annunziare ai popoli l’amore di Dio per tutti. Ricordatevi: Dio non si lascia mai vincere in generosità.

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ZENIT Staff

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