di Nieves San Martin
MADRID, martedì, 27 Marzo 2012 (ZENIT.org) – Il nostro abituale collaboratore Rafael Navarro-Valls, professore ed accademico, ha spiegato, in questa intervista a ZENIT, il significato del viaggio apostolico di Benedetto XVI in America Latina: ovvero il fatto che questa visita in Messico e a Cuba vuole portare un messaggio di speranza ad un continente che, insieme alla Cina, segnerà il futuro dell’umanità.
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Professore, qual è il significato di questo secondo viaggio del Santo Padre in America Latina?
Navarro-Valls: Prima ancora di ogni giustificazione ufficiale di maggiore o minore entità (il bicentenario dell’indipendenza del Messico e il 400° anniversario de la Virgen del Cobre, patrona di Cuba) è chiaro che l’obiettivo principale di questo viaggio, come è stato detto, è quello di “pagare il debito “con l’America latina.
In questa America, nella quale vive quasi la metà di tutti i cattolici nel mondo, e soprattutto negli Stati Uniti, si sta concentrando una grande colonia ispanica di enorme valore per il cattolicesimo statunitense.
Se si pensa, poi, che il cattolicesimo a sfondo ispanico in America, subisce il doppio attacco del sincretismo religioso e della crescente influenza del relativismo che viene dall’Europa, particolarmente dalla Spagna, si capisce che Benedetto XVI vuole, con la sua presenza, rinvigorire le radici del cattolicesimo latinoamericano.
La sua priorità è, quindi, far rivivere la tradizione cattolica dei popoli latinoamericani, lanciando dal Messico (91,89% dei battezzati nella Chiesa cattolica) e da Cuba (60,19%), un messaggio di speranza per il continente che, insieme alla Cina, segnerà il futuro dell’umanità. Questo obiettivo è evidente dal momento in cui il Papa ha messo piede in Messico o dalle sue prime parole a Cuba.
Naturalmente, non mancano alcuni “oscuri motivi politici” nel viaggio, ma è, comunque, ironico pensare che Benedetto XVI stia, da un lato, dando una mano ai ‘fratelli comunisti’ di Castro (come dice un settore di cubani dissidenti) e, dall’altro, stia appoggiando il PAN conservatore di Felipe Calderon (come sostenuto dalla sinistra messicana)…
Quali sono le principali sfide che il Messico in questo momento?
Navarro-Valls: In Messico ci sono numerose famiglie disgregate o migrazioni forzate, oltre alla piaga della povertà che affligge gran parte della società, la corruzione politica ed economica, la violenza estrema del traffico di droga, la crisi dei valori che porta alla violenza domestica e alla criminalità.
È stato il Papa stesso ad elencare lucidamente queste sfide nel suo discorso di ieri, dopo l’affollatissima celebrazione eucaristica al Parco del Bicentenario di Leòn. A queste sfide si aggiunge la necessità, per la Chiesa cattolica, di una maggiore libertà religiosa, che connetta la Costituzione messicana con le principali Dichiarazioni dei diritti umani.
In questo momento, nel Senato messicano è pronto un disegno di legge verso questa direzione, supportato da tutte le confessioni religiose presenti in Messico.
Inoltre, vi è una sfida spirituale comune, in molti paesi, che è quella di superare “la tentazione di una fede superficiale e di routine, spesso frammentaria e incoerente”. Cioè, vincere la “stanchezza” della fede e ritrovare la gioia di essere cristiani. Se analizziamo i discorsi del papa in Messico in questi giorni, ognuna di queste sfide è presente.
E le principali sfide di Cuba, invece?
Navarro-Valls: Cuba è condannata – che piaccia o no – ad una “Primavera Cubana”, con una situazione simile a quella dei paesi dell’Europa orientale nella fine degli anni ’80 e alla “primavera araba” di questi anni. Non bisonga dimenticare che il regime cubano sta morendo. Pertanto, e penso che la diplomazia vaticana lo comprenda, non conviene accelerare l’agonia con azioni più o meno destabilizzanti. Si parla di un “Osplitik in scala caraibica”, che consentirà una vera libertà religiosa. Se questa, la prima delle libertà, viene accettata, il resto verrà da sè.
La visita di Benedetto XVI realizzerà, quindi, quello che divenne un po’ la sintesi della predicazione di Giovanni Paolo II nella splendida isola caraibica: “Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba”?
Navarro-Valls: Dal mio punto di vista entrambe le cose sono inevitabili. L’anomalia politica di Cuba ha bisogno – come ha fatto l’altra grande anomalia politica che è la Cina – di affacciarsi al mondo occidentale che ruota intorno all’ultimo muro che, in Occidente, separa un popolo dalla libertà. Il che significa che una volta per tutte si aprano le catene ideologiche che imprigionano ancora il popolo cubano.
Quali frutti si aspettano da questa visita?
Navarro-Valls: I frutti di una visita papale hanno degli effetti diretti e altri di tipo collaterale. Il primo è silenzioso: ovvero ciò che avviene al fondo delle anime che ricevono il messaggio cristiano.
Chi può misurare la crescita della fede, la speranza e la carità nella fondo delle persone? Talvolta gli esperti si chiedono: “È mai successo qualcosa dopo ogni uno di questi viaggi?”. Questa stessa domanda io l’ho fatta una volta ad uno stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, il quale mi rispose con un aneddoto.
In Kisangani, sul fiume Congo, in una notte soffocante e dopo una giornata estenuante, una persona chiese a un giovane missionario, che la malaria e le difficoltà materiali avevano reso un anziano prematuro: “È valsa la pena che il Papa sia venuto qua per poche ore?”. “Non posso fare un bilancio – ha risposto l’interlocutore – di ciò che Dio vuole fare qui. Ma anche solo per il bene che stare con il Papa in questo angolo remoto del mondo ha fatto alla mia anima, questo suo viaggio sarebbe giustificato”.
Gli effetti collaterali si muovono sul piano dei passi avanti compiuti nell’ambito dei diritti umani; dell’aumento della solidarietà che attenua l’egoismo umano; dell’accelerazione storica della libertà (in particolare la libertà religiosa) e, in ultimo, di una maggiore consapevolezza delle esigenze del vero essere umano. E questi sono obiettivi che non vengono raggiunti in un istante: ci vuole tempo … e pazienza.
[Traduzione a cura di Salvatore Cernuzio]