L'amore è la nostra essenza (prima parte)

Intervista con il professor Rob Faesen, esperto in letteratura mistica dei Paesi Bassi e delle Fiandre

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di Paola de Groot-Testoni

ROMA, lunedì, 5 marzo 2012 (ZENIT.org) – Proponiamo di seguito un’intervista con il professor Rob Faesen, docente presso la Facoltà di Teologia e Scienze Religiose dell’Università Cattolica di Lovanio (KULeuven, Belgio) e l’Università di Anversa (UA), esperto dei grandi mistici e mistiche del Trecento e del Quattrocento nei Paesi Bassi.

Il prof. Faesen ha collaborato all’edizione critica dell’Opera Omnia di Jan van Ruusbroec nel Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis ed è coautore del volume Late Medieval Mysticism of the Low Countries nella collana Classics of Western Spirituality.

Professor Faesen, lei è specializzato in letteratura mistica dei Paesi Bassi e delle Fiandre. Da dove viene questo interesse o passione?

Faesen: Inizialmente, questo interesse nacque dall’incontro con diverse persone che mi hanno fatto conoscere con grande entusiasmo questa letteratura mistica. In particolare, desidero ricordare Padre Albert Deblaere, che è stato professore alla Gregoriana di Roma. Era quasi cieco, ma aveva uno sguardo spirituale e intellettuale molto profondo sulla letteratura mistica. E man mano che venivo a contatto con i testi degli autori mistici dei Paesi Bassi, come Ruusbroec, ne restavo sempre più affascinato. Qui ho scoperto scrittori per i quali Dio è veramente Dio, e l’uomo pienamente uomo, che osavano prendere molto sul serio l’incontro reale tra Dio e l’uomo. Inoltre, questi sono autori che nel loro scrivere, pensare e vivere hanno esplorato la profondità abissale dell’amore. L’amore non come una “sensazione”, ma come vera e propria base senza limite dell’esistenza.

Qual è la specificità della mistica dei Paesi Bassi?

Faesen: Si dice che il cistercense del XII secolo Guglielmo di Saint-Thierry, sia stato il primo autore mistico dei Paesi Bassi. Anche se scriveva in latino, ha effettivamente aperto la strada alla letteratura mistica in lingua olandese. La sua mistica è fondamentalmente trinitaria. Dio è amore, l’amore stesso che si dona. Non solo l’amore verso la creazione, ma anche in se stesso: il Padre ama totalmente il Figlio, il Figlio ama totalmente il Padre e in questo modo diventano uno solo nello Spirito Santo. Proprio questa abissale ed eterna relazione d’amore è la natura divina. Se Dio è essenzialmente una relazione d’amore, non può essere altro che l’uomo (creato da Dio) e perciò ne reca le tracce, sia anche essenzialmente orientato all’amore. Inoltre per l’uomo l’amore non è  “qualcosa che eventualmente può esserci”. No, è la nostra essenza, il nucleo della nostra esistenza. Jan van Ruusbroec lo esprime dicendo che noi esseri umani, siamo essenzialmente rivolti all’“altro-da-noi” e quindi a fortiori all’Altro, con la maiuscola. Nell’incontro con l’altro come altro, troviamo finalmente la nostra felicità. L’egocentrismo, il riposare in noi stessi: alla fine non dà all’uomo la felicità, e ciò, ovviamente, non è una coincidenza. La mistica tipica appare quando l’uomo, che fa radicalmente l’esperienza dell’amore, va a sperimentare un po’ dell’abissale, vertiginosa “base” divina di  quell’amore.

Come i grandi Padri della Chiesa, Jan van Ruusbroec ha anche combattuto contro le eresie del suo tempo. Che tipo di eresie c’erano nei Paesi Bassi nel XIV secolo?

Faesen: Non direi che Ruusbroec fosse un “cacciatore di eretici”. Ma ha combattuto con passione contro alcune idee sbagliate, principalmente quelle che venivano sperimentate nei gruppi chiamati dello “Spirito Libero”. Storicamente non sappiamo molto su come questo movimento fosse in realtà. Pare che fosse un movimento sciolto, che aveva originariamente un’autentica anima mistica, vale a dire una forte coscienza di essere profondamente uniti all’amore divino. Questo venne in seguito male interpretato. L’unione con l’amore di Dio (l’amore sconfinato del Padre e del Figlio nello Spirito), fece pensare a queste persone di essere al di sopra dei sacramenti, della cura del prossimo, dei comandamenti, e altro ancora. Ritenevano che ciò fosse solo per i principianti della vita spirituale. Loro credevano di aver passato quella fase della vita spirituale, e che quindi erano diventati “liberi” da queste cose. Il servizio e ciò che ne consegue (il “servizio-a-Dio”, la religione quindi, e l’etica), era qualcosa per i principianti, poi c’era l’esperienza spirituale, interiore e infine l’unione “basica”, senza immagini con Dio, che rende l’uomo completamente libero. Jan van Ruusbroec ha fondamentalmente confutato questa tesi. Non riducendo i suoi avversari al silenzio, ma mostrando che la loro visione era viziata. E il nucleo delle sue argomentazioni giunge a dimostrare che nello sviluppo spirituale dell’uomo, il criterio è l’amore.
La più profonda unione con Dio è quella dell’amore, e come si potrebbe essere uniti con Lui nell’amore, se non ubbidendo, ad esempio ai suoi comandamenti? In altre parole: non si tratta di tre fasi successive, ma in realtà di divenire sempre più profondamente coscienti dell’amore. La vita mistica crea l’etica, la cura per il prossimo, l’impegno concreto non è superfluo, al contrario: è la scoperta della sua profondità.

Ci sono anche donne tra i mistici?

Faesen: Certamente. In realtà la letteratura mistica in lingua olandese comincia con due autrici, vale a dire Hadewijch e Beatrijs. L’opera di Hadewijch è veramente grande: oltre alle sue lettere conosciamo anche le sue visioni e le sue belle poesie, che originariamente venivano cantate. Appartengono al vertice della letteratura europea. Jan van Ruusbroec ha conosciuto i testi di Hadewijch. Lui la cita di tanto in tanto, ma senza menzionare il suo nome. Curiosamente Hadewijch è storicamente del tutto sconosciuta. Non sappiamo chi fosse. Di solito si dice che fosse una “beghina”, ma avrebbe potuto essere anche una monaca cistercense, come l’altra mistica a lei coeva e corregionale Beatrijs di Nazareth, di cui abbiamo un breve e bel trattato di mistica (Sette maniere di amare). Hadewijch e Beatrijs appartengono a quell’affascinante movimento di donne mistiche del XIII secolo (mulieres religiosae) del vescovo-principe di Liegi. Albert Deblaere ha notato che queste donne mistiche sono entrate con grande audacia nella profondità dell’amore mistico in un periodo in cui gli uomini erano intrappolati intellettualmente in una teologia che sottolineava il distacco e l’inconoscibilità di Dio. Di un Dio inconoscibile, non ci si innamora. Il ruolo specifico di queste donne, credo, non sia in primo luogo una questione di genere. Dopo tutto, ciò che queste donne perseguivano in maniera creativa, era una teologia spirituale che in un periodo precedente era stata seguita anche dagli uomini. Basta pensare ai belli ed ardenti cantici-commenti di Bernardo di Chiaravalle e Guglielmo di Saint-Thierry nel XII secolo.

(La seconda parte dell’intervista verrà pubblicata domani, martedì 6 marzo)

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ZENIT Staff

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