Da Aparecida a Cuba

Il teologo Carlos Galli spiega la continuità della missione di Benedetto XVI in America Latina

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ROMA, lunedì, 5 marzo 2012 (ZENIT.org) – Le linee pastorali per l’America Latina emesse nel santuario brasiliano di Aparecida si trovano in forte armonia con il ministero di Benedetto XVI. Non una pastorale di attacco ma propositiva, no alla sindrome da “arca di Noé”, sì alla barca di Pietro che evangelizza e che nel prossimo viaggio del Papa a Messico e Cuba potrà – come il cambiamento nella situazione mondiale avvenuto con Giovanni Paolo II – aiutare a migliorare diverse situazioni del popolo e della Chiesa nel continente Latinoamericano.

Lo ha spiegato la scorsa settimana il teologo argentino padre Carlos Galli, redattore attivo del documento di Aparecida, in una conferenza all’Università Gregoriana, rivolta a docenti, autorità, diplomatici ed un pubblico di esperti sull’argomento.

In intervista a Zenit sulla relazione tra il viaggio del Papa e la nuova evangelizzazione, il teologo ha ricordato che “il primo viaggio di Giovanni Paolo II è stato a Santo Domingo e in Messico il 25 gennaio 1979, a Puebla de los Angeles. Qui nasce lo slogan Juan Pablo II te quiere todo el mundo. Qui il Papa rimane colpito dalla religiosità popolare mariana verso la Vergine di Guadalupe e la devozione di tanti fratelli latinoamericani poveri, come racconta il suo segretario Mons. Stanislao Dziwisz nel suo libro Una vita con Karol.

Il sacerdote argentino ritiene che Giovanni Paolo II da qui “inizia a maturare quanto detto nel 1984: “L’opzione per i poveri è quella di Gesù’ e quindi anche la mia”. E ha ricordato che “è stato il primo Papa che visitò Cuba e che fece fare un grande passo in avanti nelle relazioni tra Stato e Chiesa, sia la Chiesa universale che l’episcopato locale che aveva sofferto così tanto negli ultimi 50 anni”.

“Credo che la attuale visita di papa Benedetto – ha proseguito – che è già stato in America Latina, in Brasile, al santuario di Aparecida e in San Paolo, per inaugurare la V Conferenza generale di vescovi latinoamericani, si esprime bene nella frase “il Papa ritorna”. Vuol dire: ritorna a trovarsi con il popolo latinoamericano in Messico, dove c’è la madre e padrona di tutta L’America Latina, la Vergine di Guadalupe e, allo stesso tempo, a Cuba, in una possibile nuova fase nelle relazioni tra cattolicesimo e il Governo del Paese”.

“Vedo con grande speranza – ha proseguito Galli – la visita in Messico e Cuba e non ci sarebbe da stupirsi se, così come Giovanni Paolo II con il suo ministero pastorale, la sua figura culturale, la sua responsabilità storica, contribuì a cambiare la situazione mondiali, come si verificò nel 1989, il pontificato di Benedetto XVI possa contribuire a migliorare molto la situazione del popolo e della Chiesa a Cuba”.

Sul ministero di papa Benedetto, il teologo latinoamericano ha ricordato che “è una pastorale del sì, dell’amore a Dio nella bellezza, nella gioia e nella forza della fede in Gesù, come il Santo Padre ha detto nel suo recente discorso alla Curia Romana, parlando di un nuovo modo di essere cristiani. E proprio perché dico sì alla vita in Cristo secondo il Vangelo, dico no a quello che si oppone alla dignità umana e alla volontà di Dio al progetto di vita secondo il Vangelo. Ma soltanto se vi è un sì, allora ci può essere un no”.

Ciò perché, ha aggiunto il professor Galli, “una pastorale difensiva od offensiva che si difende solo dall’attacco o che attacca difendendosi, è una pastorale che porta a strade che si perdono nel bosco. Dobbiamo offrire una proposta gioiosa, convinta e positiva, propositiva e non di reazione. Che sia felice, entusiasta, compromessa, solida e raggiante, che trasmetta l’amore traboccante in Cristo, che vogliamo trasmettere nella nostra vita personale e sociale.

Poco prima, nella sua relazione, padre Galli ha precisato che il messaggio di Aparecida è quello di “una missione permanente e continentale” che è iniziata cinque secoli fa, si rinnova, ricomincia e deve durare a lungo”. E se “la prima evangelizzazione fu fatta dai missionari, la nuova evangelizzazione dobbiamo farla tutti noi”.

“La Chiesa – ha precisato – deve trovarsi in uno stato di missione permanente che non è proselitismo né marketing, ma attrazione”.

Ma attenzione, ha aggiunto: “Aparecida non legittima nessuna crociata per la riconquista cattolica dell’America Latina, non è una controffensiva pastorale contro altri. E’ un progetto della religione cattolica, un atteggiamento ecumenico e interreligioso per irradiare la gioia di Cristo”.

E’ una “proposta positiva del sì dinanzi al fuoco incrociato del fondamentalismo e del secolarismo: tra una religione senza ragione e una ragione senza religione. Riconoscendo la armonia tra fede e ragione. Ad Aparecida la devozione popolare è entrata citando la Evangelii Nuntiandi. Sì, perché l’umanesimo cattolico latinoamericano si esprime nella pietà popolare”.

Ha ricordato che le direttive emesse ad Aparecida hanno avuto un grande consenso dai vescovi, in un continente dove vive il 65% dei cattolici del mondo.

Verso la conclusione il teologo ha sottolineato “la speranza della evangelizzazione” nella quale “la barca di Pietro non è l’Arca di Noe: due logiche diverse, una del rifugio e l’altra della missione”, ha poi concluso.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione