di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 1° marzo 2012 (ZENIT.org) - Gen 22,1-2.9a.10-13.15-18: “In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: “Abramo!”. Rispose: “Eccomi!”. Riprese: “Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su un monte che io ti indicherò”.

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: “Abramo, Abramo!”. Rispose: “Eccomi!”. L’angelo disse: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito… perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare””.

Mc 9,2-11: “In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.(…).

Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.”.

Il racconto del sacrificio di Isacco e quello della Trasfigurazione del Signore, pur essendo notissimi, offrono spunti sempre nuovi per la riflessione.

La lettura dal libro della Genesi descrive il cuore di Abramo, padre fedele ed obbediente a Dio fino alla morte per propria mano dell’amatissimo figlio unigenito; nel Vangelo vediamo la persona del Signore nel fulgore della sua Realtà invisibile e contempliamo la Sostanza divina della sua umanità, quell’ Amore che Dio è, più forte della morte perché era prima della morte: “In principio era il Verbo” (Gv 1,1). In principio era l’Amore, in principio era il Cuore.

Cerchiamo allora di immedesimarci nel cuore di Abramo. Esso rivela anzitutto che il cuore di Dio batte alla maniera umana.

Essendo amore e fedeltà assoluta, Dio sottopone Abramo ad una prova di fede corrispondente: di più non poteva chiedere al suo cuore di padre, come sarà per Gesù: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!” (Mt 26,39).

Il cuore di Abramo vive tutto e solo nel suo unico figlio: “…il tuo unigenito che ami, Isacco..” (Gen 22,2). Se far morire Isacco vuol dire trapassare al vivo il cuore di Abramo (Lc 2,35); farlo morire per mano stessa di lui vuol dire sgretolare in polvere il suo cuore: Abramo è radicalmente umiliato dal comando di Dio.

La parola “umiliazione”, deriva da “humus” (terra), e, applicata alla situazione di Abramo, indica letteralmente l’incenerimento del suo cuore, ridotto a polvere morta che batte.

Isacco e l’amicizia con Dio sono la vita di Abramo, ma adesso il figlio gli è tolto e Dio si fa nemico del suo cuore.

Abramo deve imparare che la relazione con Dio comporta una fede fondata sopra una roccia più solida del sentimento dell’amicizia divina: la roccia della Sua Parola.

La Parola di Dio, infatti, va certamente ascoltata per essere compresa, ma ancheper non essere compresa, vale a dire in previsione che ciò che comanda superi l’intelligenza del cuore e contraddica il sentire umano, la logica naturale delle cose e la stessa certezza affettiva della bontà di Dio.

Il cuore di Abramo è sottoposto all’umiliazione più radicale che si possa pensare. Deve accettare con la ragione, ed eseguire con la volontà, un comando divino assurdo e disumano sotto ogni punto di vista. Ad Abramo Dio chiede di mettere un piede avanti all’altro, per tre giorni, come discendendo in un baratro sempre più buio e senza ritorno.

Passo dopo passo, Abramo cammina sulle macerie del sentimento passato della fiducia e della riconoscenza in Dio, annientato come padre e come persona.

Ma sul monte Moria il cuore di Abramo, a coltello già alzato, viene improvvisamente trasfigurato: “Non stendere la mano contro il ragazzo..io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare” (Gen 22,17).

La polvere di cenere è mutata in polvere di stelle, poiché l’umiliazione dell’obbedienza al sacrificio di Isacco ha operato come “sacramento” di incontro profondo, rivelando più che mai ad Abramo il cuore di Dio.

Così siamo condotti al Vangelo della Trasfigurazione del Signore sul Tabor. Essa attualizza l’obbedienza di Abramo in termini di fede cristiana. Ascoltiamo al riguardo queste parole:

L’umiliazione può condurre anche a quello che io chiamo il “sacramento dell’incontro”. Il “sacramento dell’incontro” esige essenzialmente una cosa: che io sia in Gesù e Gesù in me. Richiede una trasparenza e una purificazione delle nostre vite. Il “sacramento dell’incontro” rende presente Gesù, “mite ed umile di cuore”. L’incontro accade solo tra persone. E questo implica che ci si scopra uguali, fiduciosi l’uno nell’altro. L’incontro rivela all’altro il suo valore e comporta un ascolto con tutto il proprio essere. Il Concilio dice: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale deve invece obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro” (Jean Vanier, Segni, 2012).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.