ROMA, giovedì, 1 marzo 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito una sintesi dell’intervento di padre Marko Ivan Rupnik(*) S.I., alla prima tavola rotonda del ciclo dei Dialoghi nella Cattedrale 2012, tenutasi oggi nella Basilica di San Giovanni in Laterano sul tema L’amore coniugale sorgente educativa per le nuove generazioni.
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La vita segue la sapienza e non la teoria. Educare significa percorrere il sentiero della sapienza e la sapienza si raccoglie dalla fine. Si cammina ricordando la fine, il compimento.
Il problema è la piena assenza dell’escathon, la reazione a un escathon idealista e dunque un radicale orientamento nell’aldiqua dove si seguono le teorie, ci si entusiasma sugli ideali, si giunge al moralismo e alla fine la morte azzera tutto e svuota il senso di tutto (Qo 2; Sap 2).
Si difende la vita legata al nostro sangue e ai nostri propositi: la vita dell’uomo vecchio. I propositi fondati sulla vita naturale, legata al nostro sangue e non a quello di Cristo sono condannati a una permanente frustrazione.
Quasi tutti gli ambiti della vita familiare sono gestiti dal mondo. A noi rimangono alcune idee, qualche presunto valore, qualche modesta partecipazione a qualche attività ma lo stile di vita e dunque il contenuto della vita è del mondo.
C’è un’incapacità di creare la bellezza e di essere attraenti con la vita che si vive, con la cultura che si crea, e non si può fingere. La bellezza è l’amore realizzato ma l’amore è la verità cioè la vita che rimane che è la comunione trinitaria.
Il grande bivio: o il matrimonio è il sacramento che si fonda sulla vita divina ricevuta nel battesimo (come risulta dal rito sacramentale stesso) e dunque capace di assumere e trasformare tutto ciò che è della vita naturale nell’uomo oppure si pensa che il matrimonio sia un amore naturale che assume il sacramento, diventa il sacramento, cresce nel sacramento.
Se l’unione tra uomo e donna parte semplicemente dalla vita naturale, quella ereditata dai genitori per intenderci, prima o poi si troverà su uno scoglio drammatico, perché la reale comunione di due persone avviene in modo trinitario, divino, solo Dio unisce le persone e la forma dell’amore di Dio nella storia è la pasqua. A un certo momento l’amore solo naturale non è sufficiente argomento per sostenere e giustificare il sacrificio di sé. Inoltre Cristo stesso esplicita che non si passa dall’umano al divino perché non è l’uomo che si è fatto Dio ma Dio che si è fatto uomo.
Il matrimonio è un sacramento, cioè è una reale partecipazione all’amore di Dio che si realizza nella pasqua delle persone le quali vivono la loro parte della pasqua di Cristo, partecipano per mezzo dello Spirito Santo alla vita di Cristo cioè la figliolanza. La vita spirituale non è un accessorio.
In questa transizione dove tutto è liquido, instabile, fuggente e ingannevole l’uomo cerca i punti di sicurezza, di riferimento e di appoggio, anche i punti della sua stessa identità. Qualsiasi cosa l’uomo trova come suo riferimento e punto stabile, sia nel mondo materiale, economico, sociale culturale giuridico o ideale sarà sempre qualcosa di esterno che mai in definitiva farà parte interiore della sua identità che lo potrà salvare dall’oblio e dalla morte.
Solo la comunione nell’amore libero è il punto stabile come abbiamo visto prima, solo la comunione dell’amore pasquale è più forte della morte. Perciò è il matrimonio il sacramento, perché è il sacramento dell’amore ed è l’unico punto veramente educativo, tutto il resto se non è innestato in questo fondamento è moralismo, è una violenza culturale o psicologica e prima o poi susciterà una reazione di rivolta.
Abbiamo caricato la famiglia con troppo peso giuridico morale e culturale ma va ricordato che è l’amore coniugale il sacramento.
Solo la partecipazione dei figli all’amore pasquale dei genitori cioè l’amore libero, sul modulo del battesimo e della pasqua crea nei figli un fondamento incrollabile, aperto alla sapienza e alla vita. Tutto il resto va costruito su questo ma questa dimensione non si può costruire su nessun altro fondamento perché questo è il fondamento.
Abbiamo caricato la famiglia della perfezione formale e lo stesso l’educazione dei figli. Ma un’educazione basata sulle forme da proporre si rivela una trappola, un boomerang deformativo. Si tratta di trasmettere ai figli l’essenziale della vita e poi accompagnarli nelle prove. È la probazione la via dell’educazione perché lì viene fuori l’unicità irripetibile della persona la sua creativa forza vitale e la sua capacità di sacrificio, la sua continua capacità di motivazione.
Il triduo pasquale smonta ogni perfezione formale, una famiglia ideale quale è? Solo quella che è eucaristica, che è pasquale (il matrimonio fu celebrato all’inizio come comunione eucaristica). Una famiglia naturalmente compatibile può essere una bella famigliola, una bella coppia, ma riesce a passare oltre la tomba? Non vive la morte come una tragica separazione? Mentre per i cristiani dalla vita spirituale autentica il matrimonio si esaurisce, giunge al suo compimento nell’escathon, cioè esattamente la morte è il confine che anche se in lacrime i coniugi cristiani sanno che ora saranno uniti in pienezza e definitivamente.
(*) Sacerdote gesuita, artista e teologo, padre Marko Ivan Rupnik è direttore del Centro Aletti (parte del Pontificio Istituto Orientale), al cui interno guida l’Atelier dell’arte spirituale. È docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto Liturgico Sant’Anselmo. Tra le sue opere, i mosaici della cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, che proprio in questi giorni ospita gli Esercizi spirituali per la Curia Romana con Benedetto XVI.