Sento dunque sono

I bambini in gestazione sentono tutto

Share this Entry

di Barbara S. Kisilevsky R.N., PhD,
Professor Queen’s University School of Nursing

ROMA, domenica, 27 novembre 2011 (ZENIT.org).- Le testimonianze  sulle manifestazioni uditive dei feti umani  risalgono come minimo ai tempi biblici. In Luca 1:39-44, si legge: In questi giorni Maria  si pose in viaggio e andò in fretta in una regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata in casa di Zaccaria salutò Elisabetta. Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel seno ed Elisabetta […] ad alta voce esclamò: «… appena il suono del tuo saluto mi è giunto agli orecchi, il bambino m’è balzato per giubilo nel seno».

In base ad attestazioni analoghe, assai numerose, molti hanno creduto che il feto fosse in grado di udire, anche se fu soltanto a partire dalla fine del XIX secolo e dall’inizio del XX che gli scienziati cominciarono a studiare sistematicamente il feto umano per stabilirne le potenzialità sensoriali. Sull’udito fetale inizialmente non mancò il disaccordo. Alla fine dell’Ottocento, uno scienziato1 concluse che il feto non era in grado di udire perché le cavità auricolari erano piene di muco. Un altro scienziato2 invece portò avanti un protocollo sperimentale e concluse che nel feto il senso dell’udito era già funzionante. Aveva sottoposto a osservazione donne in avanzato stato di gravidanza che si trovavano a distanza ravvicinata da un’automobile e aveva riscontrato che l’improvviso suono del clacson provocava pronunciati movimenti del feto. L’esistenza di movimenti fetali conseguenti al suono fu dimostrata in ricerche successive. Un gruppo di ricercatori3 fu in grado di osservare che l’addome materno si muoveva e la madre sentiva il feto «saltare», una frazione di secondo dopo che gli sperimentatori colpivano dal basso la superficie dell’acqua del bagno in cui si trovava la donna. Un altro gruppo di ricercatori4 poté osservare movimenti fetali quando si percuoteva una tavoletta di legno posta a fior di pelle sull’addome della madre.

Queste prime conferme di movimenti fetali in reazione al suono furono seguite da osservazioni che riscontravano un aumento del ritmo cardiaco del feto. Servendosi di un cronometro e di uno stetoscopio5, si notava che, in seguito a uno stimolo vibratorio, il ritmo cardiaco aumentava di 8, 13, e 14 battiti al minuto rispettivamente al settimo, ottavo e nono mese di gravidanza. Nei feti più giovani, al quinto e al sesto mese di gravidanza, non si riscontrava invece alcuna accelerazione della frequenza cardiaca. Gli scienziati notarono anche che, in seguito a quello stimolo, non solo il ritmo cardiaco aumentava, ma il feto si muoveva. In una ricerca follow-up6,  gli studiosi sottoposero ai feti un suono simile a una campana (toni puri). Confrontando il ritmo cardiaco prima e dopo l’esposizione al suono, osservarono un aumento del ritmo cardiaco e dedussero che i feti erano in grado di udire i suoni.

Secondo i criteri attuali, queste prime ricerche erano ancora rozze e approssimate. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo di raffinate attrezzature elettroniche di monitoraggio, che utilizzavano gli ultrasuoni associandoli ai progressi della tecnologia computerizzata per immagini, diedero ai ricercatori gli strumenti necessari per misurare con maggiore precisione i movimenti fetali e il ritmo cardiaco. Ormai era possibile visualizzare il feto. Tuttavia fu soltanto nella seconda metà degli anni Ottanta che le prove sperimentali furono tali da poter concludere che il feto  era in grado di udire7.All’inizio degli anni Ottanta, quando io personalmente cominciai a studiare il feto, era ancora in corso un accanito dibattito. In quanto componente di un’équipe sanitaria, mi interessava stabilire il comportamento normale, perché permetteva di individuare i comportamenti atipici che potevano essere indicatori di malattie o di ritardi evolutivi. In quanto scienziata, vorrei precisare che la mia ricerca non è mai stata condizionata  dai dibattiti politici o religiosi sulla vita.

Poiché non sapevamo se il feto era in grado di udire, né a quali suoni avrebbe reagito, né l’intensità che essi dovevano avere per raggiungerlo attraverso l’addome e i tessuti della madre, iniziammo le nostre ricerche con un suono  che, in base alla nostra esperienza, già suscitava reazioni nel neonato. All’epoca, uno dei metodi con cui esaminavamo i neonati per stabilire se erano in grado di udire consisteva nel produrre un forte suono dietro la loro testa per innescare e provocare una reazione. Il suono che abbiamo utilizzato per il feto era simile ai rumori statici della radio. Conteneva molte frequenze diverse e, se si innescava un modello accendi-spegni-accendi e spegni-accendi-spegni, per appena 2-3 secondi in tutto, provocava un aumento della frequenza cardiaca e dei movimenti nel neonato. Cercammo diversi livelli di intensità dei suoni e fummo ricompensati dal fatto che i nostri primi studi8 e quelli degli altri9-10 con feti a termine dimostravano che un’esposizione di breve durata a suoni relativamente forti provocavano un aumento della frequenza cardiaca e dei movimenti nel feto simili a quelli osservati nel neonato, che indicavano chiaramente che il feto era in grado di udire.

Successivamente cercammo di sapere quando iniziava a mettersi in atto per la prima volta nei feti la facoltà uditiva. Per scoprirlo, ripetemmo il protocollo sperimentale con feti più giovani. Trovammo che, se avevano un’età gestazionale di circa 29 settimane, cioè circa all’inizio del settimo mese di gravidanza, i feti reagivano significativamente ai nostri suoni con un aumento del battito cardiaco e con movimenti corporei; queste manifestazioni non si verificavano se i feti erano più giovani. Questa osservazione ha permesso di collocare l’inizio della facoltà dell’udito a circa 29 settimane11, risultato simile a quello riscontrato nel 1936 dagli scienziati  che avevano utilizzato un cronometro e uno stetoscopio5. Questa collocazione temporale permette di situare lo sviluppo dell’apparato uditivo a un’età gestazionale compresa tra la ventiseiesima e la ventottesima settimana, sviluppo che ha come risultato una rapida trasmissione dei segnali uditivi dall’orecchio al tronco cerebrale appunto verso la ventinovesima settimana12.  Coincide anche con l’inizio dell’udito nei lattanti prematuri, che si stabilisce  utilizzando test specialistici che verificano la funzione dell’apparato uditivo (emissioni otoacustiche 13-14 e risposte uditive a livello del tronco cerebrale15). Con l’esordio della facoltà sensoriale dell’udito,  il feto ha a disposizione un’esperienza con i suoni ambientali,  che permette di adattare e affinare i tratti neurali nel cervello (circuiti corticali). Inoltre, i suoni sono accessibili al feto sia dall’interno (per esempio, il battito cardiaco della madre, la voce) che dall’esterno (per esempio, i discorsi e la musica) dell’utero16-20.

Per saperne di più consigliamo la lettura del libro: “Sento dunque sono. Sensi e sensazioni del feto“. AAVV, a cura di C. Bellieni – Edizioni Cantagalli.

Bibliografia

1.    Preyer, W. (1909). The mind of the child: Part 1. The senses and the will (H.W. Brown, trad.). NY: Appleton & Co. (L’opera originale è stata pubblicata nel 1888)

2.    Peiper, A. (1925). Sinnesempfindungen des kindes vor seiner geburt. Monatsschrift Fur Kinderheilkunde, 29, 236-241.

3.    Forbes, H.S. & Forbes, H.B. (1927). Fetal sense reaction: Hearing. Journal of Comparative Psychology, 7, 352-355.

4.    Sontag, L.W. & Wallace, R.F. (1935). The movement response of the human fetus to sound stimuli. Child Development, 6, 253-258.

5.    Sontag, L.W. & Wallace, R.F. (1936). Changes in the rate of the human fetal heart in response to vibratory stimuli. American Journal of Diseases of Children, 51, 583-
589

6.        Bernard, J. & Sontag, L.W. (1947). Fetal reactivity to tonal stimulation: A preliminaryreport. Journal of Genetic Psychology, 70, 205-210.

7.        Kisilevsky, B.S. & Low, J.A. (1998). Human fetal behaviour: 100 years of study. Developmental Review, 18, 1-29.

8.    Kisilevsky, B.S., Muir, D.W., & Low, J.A. (1989). Human fetal responses to sound as afunction of stimulus intensity. Obstetrics & Gynaecology, 73, 971-976.

9.    Lecanuet, J.-P., Granier-Deferre, C., & Busnel, M.-C. (1988). Fetal cardiac and motor responses to octave-band noises as a function of central frequency, intensity and heart rate variability. Early Human Development, 18, 81-93.

10.  Lecanuet, J.-P., Granier-Deferre, C., Cohen, H., Le Houezec, R., & Busnel, M.-C. (1986). Fetal responses to acoustic stimulation depend on heart rate variability pattern, stimulus intensity, and repetition. Early Human Development, 13, 269-283.

11.  Kisilevsky, B.S., Pang, L., & Hains, S.M.J.(2000). Maturation of human fetal responsesto airborne sound in low- and high-risk fetuses. Early Human Development, 58, 179-195.
12.  Moore, J.K. (2002). Maturation of human auditory cortex: Implications for speech perception. The Annals of Otology, Rhinology, & Laryngology – Supplement, 189, 7-10.

13.  Morlet, T., Collet, L., Duclaus, R., Lapillone, A., Salle, B., Putet, G., & Morgon, A. (1995). Spontaneous and evoked otoacoustic emissions in pre-term and full-term neonates. Is there a clinical application? International Journal of Pediatric OtoRhinoLaryngology, 33, 207-211.

14.  Morlet, T., Collet, L., Salle, & Morgon, A. (1993). Functional maturation of cochlear active mechanisms and of the medial olivocochlear system in humans. Acta Otolaryngology (Stockholm), 113, 271-277.

15.  Ponton, C.W., Moore, J.K., & Eggermont, J.J. (1996). Auditory brain stem response generation by parallel pathways: Differential maturation of axonal conduction time & synaptic transmission. Ear and Hearing, 17, 402-410.

16.  Querleu, D. & Renard, X. (1981). Les perceptions auditives du foetus humain, Médicine et Hygiène, 39, 2101-2110.

17.  Querleu, D., Renard, X., Boutteville, C., & Crepin, G. (1989). Hearing by the human fetus? Seminars in Perinatology, 13, 409-420.

18.  Querleu, D., Renard, X., & Crepin, G. (1981). Perception auditive et réactivé foetale aux stimulations sonores. Journal de Gynécologie, Obstétrique et Biologie de la Reproduction, 1610, 307-314.

19.  Querleu, D., Renard, X., Versyp, F., Paris-Delrue, L., & Crepin, G. (1988). Fetal hearing. European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology, 29, 191-212.

20. Querleu, D., Renard, X., Versyp, F., Paris-Delrue, L., Vervoort, P., & Crepin, G. (1986). Commentary. Can the fetus listen and learn. British Journal of Obstetrics and Gynaecology, 93, 411-412.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione