ROMA, sabato, 26 novembre 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo l’Indirizzo di saluto del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, svolto il 22 novembre a Roma, nella Sala San Pio X, in occasione dell’incontro del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
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Sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi all’inizio di questa mattinata. Lo porto soprattutto a nome di Sua Santità, il quale ha ben apprezzato l’iniziativa odierna, come un passo ulteriore nel cammino della nuova evangelizzazione dell’Europa. Saluto e ringrazio in particolare il Cardinale Erdö e Monsignor Fisichella, augurando ogni bene per il prezioso servizio che offrono insieme con i loro validi collaboratori.
Quest’anno il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) compie 40 anni. Ringraziamo il Signore per tutto ciò che con la sua Provvidenza ha compiuto in Europa in questo periodo, e specialmente per quanto ha potuto realizzare mediante l’impegno del CCEE, nella comunione, nella collegialità e nella collaborazione tra le diverse Conferenze Episcopali e tra singoli Vescovi, nei vari campi del lavoro pastorale, in particolare in quello del dialogo ecumenico e interreligioso. Una priorità per il CCEE è stata fin dall’inizio la nuova evangelizzazione, e giustamente la ricorrenza del 40° ha invitato a riprenderla e rinnovarla. Essa sta particolarmente a cuore al Santo Padre Benedetto XVI.
La specificità della nuova evangelizzazione la differenzia dall’attività ordinaria della Chiesa e dalla missione ad gentes. Ai battezzati la cui fede si è spenta e che non sono più praticanti, il Vangelo dev’essere annunciato con nuovo ardore, nuovi metodi e nuove espressioni.
L’aggettivo “nuova” non deve però far pensare che sia inutile la riflessione sul passato, e soprattutto l’inestimabile patrimonio di esperienza della Chiesa. Dice il Vangelo: “Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Anche nella nuova evangelizzazione c’è bisogno delle cose antiche e nuove del tesoro. Un proverbio latino dice: “Tempora mutantur et nos mutamur in illis”; perciò dobbiamo estrarre dal tesoro sempre anche cose nuove.
La nuova evangelizzazione avviene in un mondo che cambia. Nei nostri giorni dobbiamo parlare di Dio in un contesto spesso indifferente e talvolta ostile. Lo ha ricordato il Santo Padre nel suo discorso del 15 ottobre scorso in Aula Paolo VI. Ma Egli non ha posto l’accento su questo aspetto negativo, bensì sulla fiducia nella Parola di Dio che – ha detto – “nonostante questa condizione dell’uomo contemporaneo … continua a crescere e a diffondersi” (L’Oss. Rom. 17-18 ottobre 2011, p. 7). E ha portato tre motivazioni: la prima è che “la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, … ma da Dio”; la seconda è che anche oggi non manca il “terreno buono” che permette al seme della Parola di portare frutto; e la terza è che “l’annuncio del Vangelo è veramente giunto fino ai confini del mondo e, anche in mezzo a indifferenza, incomprensione e persecuzione, molti continuano anche oggi, con coraggio, ad aprire il cuore e la mente per accogliere l’invito di Cristo” (ibid.).
Fiducia in Dio, dunque, e nella sua Parola, insieme con sano realismo, che chiede di riconoscere gli ostacoli, di cercare di smontare i pregiudizi, di preparare quanto meglio possibile il terreno prima di gettare il seme del Vangelo.
Nell’Europa di oggi è sempre più difficile distinguere tra verità, errori e menzogne. Un certo pluralismo non vuole permettere che si distingua tra il bene e il male. Accanto ad una sana laicità è presente un laicismo intollerante. Il principio della non discriminazione spesso viene abusato come arma nel conflitto dei diritti per costruire una dittatura del relativismo che tende ad escludere Dio, la dimensione comunitaria e pubblica della fede o la presenza di simboli religiosi, e che si pone in aperto conflitto con i valori cristiani tradizionali: contro il matrimonio tra un uomo e una donna, contro la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale.
Anche i mezzi di comunicazione sono in rapido mutamento, non soltanto quantitativo, ma anche qualitativo: nuove forme, nuove possibilità non esenti da nuovi pericoli, e nuove sfide in questo campo, una nuova cultura, in cui chiede di essere posto il lievito del Vangelo. Occorre imparare nuovi metodi, fare un’analisi attenta e approfondita per poter mantenere ciò che è buono e rigettare ciò che è cattivo: questo richiede uno sforzo comune.
Dagli anni Sessanta del secolo scorso abbiamo assistito in tutta Europa ad una “evoluzione critica”, e a volte anche drammatica, dell’esperienza religiosa. Da un lato vi è stata quella che potremmo definire una forma pragmatica di “erosione” culturale e sociale dei valori tradizionali. D’altro canto, però, siamo stati anche testimoni di una inedita ricerca personale, a tratti disorientata, della presenza di Dio, specialmente tra i giovani.
Oggi, in particolare, la crisi economica pone in evidenza l’insostenibilità di un mercato totalmente autoreferenziale e, mentre solleva nuove questioni circa la responsabilità e l’etica dei processi finanziari, ripresenta con stringente attualità una domanda fondamentale di senso circa il destino, la dignità e la vocazione spirituale della persona umana.
La Chiesa intende cogliere positivamente questa sfida, offrendo alla società intera nuove vie di incontro e di dialogo a partire dal Vangelo. Pertanto, la nuova evangelizzazione non è solo un “correre ai ripari”, ma una “nuova primavera”; un mezzo per valorizzare i nuovi germogli che spuntano in un bosco antico.
Nel Libro dell’Apocalisse, la lettera indirizzata all’Angelo della Chiesa di Efeso dice: “Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore” (Ap 2,3-4). Il cuore dell’evangelizzazione, in ogni epoca, è questo “primo amore”, che prende vita in ogni nuova generazione, riflesso dell’amore immenso che Dio Padre ha dimostrato per noi donandoci il suo Figlio. I primi cristiani, i martiri e gli altri santi di tutti i tempi – anche del nostro tempo – ne sono testimoni autentici.
Lo splendore dell’arte cristiana e la bellezza della riflessione filosofica illuminata dalla fede ne parlano con eloquenza. L’ineffabile evidenza dell’esperienza mistica annuncia questo amore, questa pace e gioia che superano ogni intelligenza e ogni nostra aspettativa.
Quel “primo amore” è, ai nostri giorni, la forza che muove il cuore e i passi di tanti nuovi evangelizzatori: persone, famiglie, comunità, movimenti ecclesiali, come abbiamo constatato anche nell’incontro del 15 ottobre scorso in Vaticano.
Esso è il tesoro antico e sempre nuovo del Vangelo. Perché l’amore di Dio verso di noi non cambia, non muta la sua Fedeltà e non finisce la sua Misericordia. Quella Fedeltà che, quando Dio domanda: “Chi manderò e chi andrà per noi?”, dà la forza di rispondere: “Eccomi, manda me” (Is 6,8). L’amore di Dio chiama ad una comunione di vita che nasce nel seno della comunità e che si realizza al suo servizio. La nuova evangelizzazione è un tentativo continuo di vivere e annunciare questa vita, è un’intelligenza della fede che sa capire e far capire il legame vitale tra le cose antiche e nuove di quel tesoro che è il Vangelo di Cristo.
Cari Fratelli, in occasione del 40° anniversario del CCEE chiediamo per i Vescovi e per tutta la Chiesa in Europa questa saggezza e creativa fedeltà del “padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52).
Grazie e buon lavoro!